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LIBERTA'

Iran, la protesta del velo e il prezzo della vita

Il velo che Khomeini fece simbolo della sua rivoluzione, è il marchio di fabbrica che rende la donna musulmana riconoscibile. Oggi quel velo è il prezzo della libertà della vita. 

Esteri 05_02_2018

Una donna di una certa età fa fatica a salire sul perimetro di una fontana. Tutt'intorno è neve e freddo. Dalla fontana non esce acqua, c'è un immobilismo diffuso, come immobile è l'Occidente rimasto seduto. Ma la donna si muove, certo un po' a rilento. Annoda il velo bianco sulla punta di un bastone, quello che serve per restare in piedi, e lo agita. Un breve video testimonia che anche lei supporta quelle donne che mercoledì hanno manifestato con il capo scoperto, simbolo di una campagna che era stata soprannominata mercoledì bianco. E c'è anche chi, pur restando in chador, ha provato comunque a manifestare solidarietà con uno hijab appeso a un ramo, forse. Erano in tante, anche qualche uomo, a farsi fotografare libere da quella prigione portatile che è il velo. Dopo due giorni arriva la notizia dell'arresto di ben ventinove di loro. Il tribunale sta fissando cauzioni sempre più alte, dai 90 ai 120 mila euro, cifre alzate appositamente per impedire che escano di prigione. Il procuratore generale iraniano, Mohammad Jafar Montazeri, mercoledì ci ha tenuto a sminuire le rivendicazioni parlando di gesti "infantili", "insignificanti" e "per nulla preoccupanti", aggiungendo, poi, che le manifestanti "potrebbero aver agito su influenza dall'estero".

Ma le donne iraniane che sfidano l'autorità religiosa e si tolgono il velo, che salgono sulle centraline elettriche o sulle panchine a mostrare quelle parti del corpo che la religione islamica considera proibite - i capelli, le mani, il collo - sono sempre di più. Hanno tutte trovato coraggio dalla "ragazza di via Rivoluzione". La ragazza dai lunghi capelli neri, salita su una centralina telefonica nel centro di Teheran – in via Enghelab, appunto –  sventolando l’hijab, e che era stata arrestata poco dopo. Era il 27 dicembre, è trascorso oltre un mese di contestazioni, la ragazza diventata simbolo di una nuova rivoluzione è stata rilasciata, nel frattempo in manette ne sono finite tante altre. Ma non c'è stata solo la 'mera' limitazione della libertà: il Sunday Times inglese scrive che un numero non specificato di persone arrestate durante le proteste è morto per torture in prigione e fa sei nomi - Sina Ghanbari, Vahid Heydari, Shahab Abtahizadeh, Saro Gharehmani, Kianoush Zandi e Mohsen Adli. 

Un centralina elettrica, un muretto, un bidone della spazzatura, un velo, gli occhi, i capelli al vento, il freddo che sigilla ogni cosa.

Teheran come qualche anno fa. Teheran come prima di Khomeini. Teheran non è cambiato niente, forse cambierà. Un velo bianco diventato il simbolo di giorni cui l'Occidente guarda distratto. Ma non è un semplice straccio bianco quello che le donne dell'Iran sventolano tenendolo su con bastoni improvvisati. Sono hijab, il velo islamico. Il velo di cui ha coperto le sue donne la rivoluzione islamica a cavallo tra gli anni settanta e ottanta. Nella furia della reislamizzazione quel velare doveva rappresentare la chiusura in difesa di una comunità e di una cultura, che perciò nega la libertà, intesa  come fatto di  'occidentalizzazione' e inventa regole giuridiche per tenere sotto controllo la propria gente e l'islam stesso. Ogni cosa in nome di un dio strano che promette il paradiso a chi uccide, e che, no, nessuno può osare anche solo paragonare al Dio dei cattolici. Che ci si creda o meno.

Quel velarsi equivale a creare un confine che separi che, nel tenere le cose nell'opacità, respinga gli sguardi. Perché neanche quelli poi corrano il rischio di mischiarsi con uomini, ma soprattutto con gli occidentali. Il velo che Khomeini fece simbolo della sua rivoluzione, è il marchio di fabbrica che rende la donna musulmana riconoscibile. Oggi quel velo è il prezzo della libertà della vita. 

Ma adesso cosa penseranno gli stilisti che hanno firmato le collezioni di abiti islamicamente corretti d'Occidente, cosa penseranno di queste donne? Sono davvero così libere? Stiamo parlando davvero di una religione di pace e di libertà che nella lunghezza del copricapo giudica il segno della salute morale di un'intera nazione?

I funzionari iraniani intanto continuano ad accusare le donne di aver ricevuto denaro da governi stranieri per finanziare le loro manifestazioni.