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LA RISOLUZIONE

Il trucchetto dell’Ue per imporre le “nozze” gay

La risoluzione del Parlamento europeo pro “matrimoni” e “filiazioni” omosessuali mira a inserire una crepa nella legislazione degli Stati che non riconoscono certe pretese Lgbt. Un’indebita ingerenza nella sovranità nazionale, che conferma come l’Ue non sia più una libera unione, ma un club che persegue obiettivi di matrice rivoluzionaria.

Vita e bioetica 16_09_2021

Ci risiamo. L’Unione europea fa mobbing a danno degli Stati perché si colorino tutti di arcobaleno. Un comunicato stampa del Parlamento europeo ci informa che, martedì scorso, il medesimo Parlamento, in una risoluzione che ha ricevuto  387 voti favorevoli, 161 contrari e 123 astensioni, ha deciso “che i matrimoni o le unioni registrate formalizzate in uno Stato membro dovrebbero essere riconosciute in tutti i Paesi UE in maniera uniforme e che i coniugi e i partner dello stesso sesso dovrebbero essere trattati allo stesso modo delle loro controparti di sesso opposto”.

Inoltre “si esortano tutti i Paesi UE a riconoscere come genitori legali gli adulti menzionati nel certificato di nascita di un bambino. Più in generale, le famiglie arcobaleno dovrebbero disporre dello stesso diritto al ricongiungimento familiare delle coppie di sesso opposto e delle loro famiglie. E, per garantire che i bambini non diventino apolidi quando le loro famiglie si spostano tra Stati membri, le famiglie dovrebbero essere trattate allo stesso modo in tutta l'UE”.

Il trucchetto è semplice. Uno Stato non riconosce né le “nozze” gay né qualsiasi forma di “omogenitorialità”. Il Parlamento, su un primo fronte, vorrebbe che tale Stato almeno riconoscesse un’eccezione a questi divieti: quando una coppia gay “sposata” oppure unita civilmente entra in quel Paese, la disciplina matrimoniale da applicarsi a quella coppia è quella prevista dal Paese di origine. Parimenti per l’omogenitorialità: se uno Stato non ha legittimato alcun tipo di filiazione omosessuale, almeno riconosca l’omogenitorialità presente sul certificato di nascita formatosi all’estero. Così facendo si inserisce una crepa nella legislazione dello Stato che non riconosce né le “nozze” omosex né l’omogenitorialità. Un appiglio prezioso per le frange più progressiste a cui aggrapparsi per avere poi una legge su “matrimoni” e filiazioni omosex.

Su un secondo fronte il Parlamento europeo si spinge ancor più in là quando chiede “che i coniugi e i partner dello stesso sesso dovrebbero essere trattati allo stesso modo delle loro controparti di sesso opposto”, ossia quando chiede che le coppie gay “sposate” siano trattate al pari delle coppie etero sposate. Insomma, chiedi 100 e qualcosa ti porterai a casa.

Formalmente si tratta solo di un invito rivolto agli Stati membri, ma sostanzialmente è una pressione psicologica assai forte. Poco importa poi che tale moral suasion configuri un’indebita ingerenza nella sfera di sovranità nazionale. L’Europa è da tempo abituata a simili invasioni barbariche.

Tanto abituata che ormai chi non si allinea diventa un Paese criminale. Infatti il comunicato stampa così si conclude: “I deputati sottolineano la discriminazione affrontata dalle comunità LGBTIQ in Polonia e Ungheria e, a tal riguardo, chiedono ulteriori azioni UE (procedure di infrazione, misure giudiziarie e strumenti di bilancio) nei confronti [di] questi paesi”.

L’Unione europea da un pezzo ha cessato di essere una libera unione di Stati per diventare un club di Stati volto a perseguire ad ogni costo alcuni obiettivi di matrice rivoluzionaria, coartando la libertà dei Paesi dissenzienti.