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SINODO

Il sogno di Martini, e Paolo VI

«I had a dream». Così esordì il cardinale Carlo Maria Martini al Sinodo per l'Europa del 1999, per indicare il suo desiderio di un Concilio Vaticano III che realizzasse quel «confronto collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni temi nodali». A lui aveva già risposto Paolo VI....

Ecclesia 11_10_2014
Cardinale Martini

«I had a dream». Così esordì il cardinale Carlo Maria Martini al Sinodo per l'Europa del 1999, per indicare il suo desiderio di un Concilio Vaticano III che realizzasse quel «confronto collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni temi nodali».

L'intervento del cardinale, contrariamente al solito, non fu consegnato in sala stampa vaticana: la sua forza era dirompente, in tutti i sensi. Secondo Martini i temi da mettere in agenda, i nodi da sciogliere, erano la carenza di ministri ordinati, il ruolo della donna nella Chiesa, la sessualità, la disciplina del matrimonio e la prassi penitenziale. 

Per capire in che senso l'allora cardinale di Milano volesse sciogliere questi nodi è sufficiente rammentare un commento del noto vaticanista Sandro Magister: «L'agenda della futura Chiesa conciliare evocata dall'arcivescovo di Milano è antitetica agli indirizzi di papa Karol Wojtyla», e cioè, i nodi che l'uno voleva sciogliere, erano esattamente quelli che l'altro, San Giovanni Paolo II, aveva voluto legare (sacerdozio agli sposati, seconde nozze, sessualità,...).

Leggendo quanto sta accadendo al Sinodo 2014 sembra che il sogno di Martini abbia trovato estimatori. Secondo alcuni padri sinodali bisogna smetterla con certe espressioni come “intrinsecamente disordinato” riferite all'omosessualità (vedi CCC n° 2357), oppure “mentalità contraccettiva” (vedi Enciclica Evangelium Vitae). Perché «non aiutano a portare le persone a Cristo». Monsignor Nicolas, attuale generale dei gesuiti, ha espresso chiaramente che «la discussione, libera e franca, si sta indirizzando verso il cambiamento, l’adeguamento pastorale alla mutata realtà dei tempi odierni. È un segno epocale perché invece in questi anni ci sono state forze che hanno tentato di riportare indietro la Chiesa rispetto alla grande stagione conciliare». Il sogno di Martini pare davvero realizzarsi.

In effetti l'aggiornamento, parola chiave del Vaticano II, caratterizza molti interventi al Sinodo 2014, in aperta analogia con il metodo dell'ultimo concilio ecumenico. Non si cambia la dottrina, ma il modo di proporla, per renderla meglio fruibile agli uomini del nostro tempo. La lunga relazione di apertura del cardinale ungherese Erdo è andata tutta in questo senso. 

Si può davvero apprezzare questa volontà della Chiesa di andare incontro all'uomo ferito, ma conosciamo anche i rischi di possibili documenti “pastorali” la cui applicazione verrebbe poi lasciata al singolo vescovo. 

L'ormai prossimo Beato papa Paolo VI nell'enciclica Humanae Vitae, quella che qualcuno al Sinodo 2014 vorrebbe buttare nel dimenticatoio, mostra chiaramente che l'atteggiamento pastorale è una modalità per aiutare gli uomini a vivere la legge di Dio, non a obliterarla, né a sfumarla. In un discorso del 20 novembre 1965, in occasione  dei lavori per la revisione del Codice di diritto canonico, Paolo VI esprimeva anche la falsità di una contrapposizione tra diritto e pastorale, affermando che lo stesso diritto canonico ha una finalità pastorale. 

Paolo VI vede la “ferita del peccato” che grava sull'uomo, vede la difficoltà per vivere e realizzare la legge divina sull'amore umano, ma non abbassa la proposta. Anche dal punto di vista pastorale. E richiama l'aiuto di Dio, che non manca mai a chi lo cerca con cuore sincero. La dottrina, si legge in Humanae Vitae «non sarebbe attuabile senza l’aiuto di Dio, che sorregge e corrobora la buona volontà degli uomini. Ma a chi ben riflette non potrà non apparire che tali sforzi sono nobilitanti per l’uomo e benefici per la comunità umana».Anche questo è un sogno, realizzabile. Con l'aiuto di Dio.