Il partito di Milei vince in Argentina e la rivoluzione continua
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In Argentina vince la Libertà Avanza, partito di Milei. Scandali e crisi valutaria passano in secondo piano, prevale l'ottimismo per le riforme che fanno uscire il paese dalla miseria. Anche una rivoluzione culturale, per il diritto alla vita, contro il wokeismo.
Il partito di Milei, la Libertà Avanza, ha ottenuto una vittoria netta alle elezioni di metà mandato in Argentina.
Finora, le riforme radicali del presidente erano state promosse nonostante la formazione liberale avesse appena una rappresentanza parlamentare di 37 deputati e 6 senatori, pari al 15% e 10% di Camera e Senato rispettivamente. Le riforme erano passate soprattutto grazie al voto degli alleati di destra, il partito dell’ex presidente Mauricio Macrì, ma erano necessari mille compromessi. Adesso, la Libertà Avanza, ha ottenuto quasi il 41% dei voti, aggiudicandosi 13 dei 24 seggi del Senato e 64 dei 127 seggi della Camera bassa in lizza. I peronisti, del partito Forza Patria, padroni del paese sudamericano per ottant’anni, hanno ottenuto risultati peggiori del previsto, con un 31,7% di consensi su scala nazionale.
Con più di un terzo del legislativo direttamente sotto il suo controllo, Milei ha la possibilità di porre il veto a legislazioni ostili e promuovere le sue riforme con un sostegno parlamentare più solido.
Nell’elettorato argentino sono passati in secondo piano tutti i problemi che avrebbero potuto comportare una sconfitta di Milei: la crisi del peso (la valuta nazionale), la fuga di capitali (motivata, paradossalmente, proprio dalla prospettiva che potesse vincere l’opposizione peronista), ma anche gli scandali personali, come la presunta tangente a Karina Milei, sorella e consigliere del presidente, o la promozione di una criptovaluta da parte dello stesso Javier Milei, che poi si è rivelata un flop. Erano tanti i motivi che spingevano osservatori e analisti di ritenere che una sconfitta fosse prossima. Quasi tutti i quotidiani italiani, anche basandosi su sondaggi imprecisi e quantomai lontani dalla realtà, avevano previsto un “flop” e un “miracolo Milei ormai al capolinea” come hanno titolato con gran ripetitività le nostre maggiori testate.
Tutti questi osservatori hanno sottovalutato, o addirittura interpretato al contrario, l’intervento dell’amministrazione Trump: con un prestito che arriva a toccare i 40 miliardi di dollari (20 pubblici e 20 privati) ha promesso di sostenere il valore del peso e il debito. L’aiuto è condizionato a una diversa politica commerciale dell’Argentina nei confronti della Cina: i legami sono troppi e anche in settori strategici. Ebbene questo intervento (interessato) di Donald Trump non è stato evidentemente letto come un’ingerenza neocoloniale, come l’opposizione l’ha definita. Anzi, può aver contribuito alla vittoria della Libertà Avanza: se avessero vinto i peronisti, gli argentini avrebbero dovuto rinunciare ai finanziamenti statunitensi.
Ha prevalso l’ottimismo delle riforme e soprattutto la constatazione che stiano lentamente traghettando l’Argentina fuori dalla povertà e dalle sue continue crisi economiche. Nonostante si leggano analisi molto negative, specie nella stampa italiana, i dati oggettivi mostrano che l’inflazione è stata abbattuta, che il debito è stato ridotto, che la povertà è diminuita, sia in termini assoluti che relativi. Oggi l’Argentina è ancora un paese povero, ma gli argentini stanno obiettivamente meglio oggi rispetto a due anni fa, quando Javier Milei, sorprendendo tutti, era stato eletto presidente. Ed ora, di conseguenza, votano ancora per il suo partito, con la promessa di continuare il suo programma riformatore.
Il punto vero è che Milei non è solo un economista e un riformatore del mercato argentino, pronto a usare la “motosega” (simbolo della sua campagna elettorale) per tagliare spesa pubblica e interi ministeri. La sua è soprattutto una battaglia per creare un’alternativa culturale. Sui quotidiani progressisti leggiamo commenti molto preoccupati sulla maggior difficoltà delle donne ad “accedere ai servizi per la salute riproduttiva” eufemismo per definire l’aborto. Milei non ha mai avuto i numeri per cancellare la legge che nel 2020 ha reso l’aborto legale in Argentina, ma ha tagliato tutti i fondi pubblici che finanziavano le operazioni di interruzione di gravidanza. E, culturalmente parlando, è esplicitamente contrario all’aborto, lo definisce un “omicidio aggravato”, a Davos ha parlato di “tragedia” dell’aborto e alle Nazioni Unite di “suicidio” per un’umanità che rischia l’inverno demografico.
Nella filosofia del presidente, libero mercato e diritto alla vita sono strettamente legati. Il mercato implica anche un’umanità in continua e libera espansione. Con un mercato libero, diceva Milei ai ricchissimi progressisti del World Economic Forum: «Abbiamo fatto sì che ogni lavoratore moltiplicasse la sua produttività per dieci o cento volte, o perché non addirittura per mille, superando così la trappola malthusiana». Femminismo e ambientalismo sono le peggiori filosofie che promuovono la morte. Il femminismo perché «… è una distorsione del concetto di uguaglianza. Anche nella sua forma più benevola, è ridondante – poiché l'uguaglianza davanti alla legge esiste già in Occidente. Tutto il resto è una ricerca di privilegi, che è ciò che il femminismo radicale persegue veramente, contrapponendo metà della popolazione all'altra metà, quando entrambe dovrebbero essere dalla stessa parte». Mentre per quanto riguarda l’ambientalismo, «Dalla preservazione dell'ambiente per il godimento umano, siamo passati a un ambientalismo fanatico, in cui noi umani siamo visti come un cancro da sradicare e lo sviluppo economico è considerato alla stregua di un crimine contro la natura».
Entrambe le ideologie, assieme al gender, assieme all’immigrazionismo, sono incluse da Milei nella unica corrente del wokeismo, la nuova rivoluzione della sinistra. E il suo obiettivo, attraverso queste lotte, è sempre lo stesso della vecchia sinistra: «E che tipo di società può creare il wokeismo? – si chiede il presidente argentino - Una società che sostituisca il libero scambio di beni e servizi con la distribuzione arbitraria della ricchezza sotto la minaccia delle armi. Una società che sostituisca le comunità libere con la collettivizzazione forzata. Una società che sostituisca il caos creativo del mercato con l'ordine sterile e sclerotico del socialismo. Una società piena di risentimento in cui ci sono solo due tipi di persone: coloro che sono contribuenti netti, da un lato, e coloro che sono beneficiari dello Stato, dall'altro».
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