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VERSO IL SINODO

Il Papa e i giovani, parte "la sfida" dell'ascolto

Con 300 ragazzi giunti a Roma dai cinque continenti, Papa Francesco ieri ha aperto il pre sinodo dei giovani, in vista dell’appuntamento del prossimo ottobre dove i vescovi del mondo si incontreranno proprio per affrontare il rapporto tra la Chiesa e i giovani. Tra i temi toccati anche la prostituzione. 

Ecclesia 20_03_2018

Con 300 ragazzi giunti a Roma dai cinque continenti, Papa Francesco ieri ha aperto il pre sinodo dei giovani, in vista dell’appuntamento del prossimo ottobre dove i vescovi del mondo si incontreranno proprio per affrontare il rapporto tra la Chiesa e i giovani.

All’inizio una inusuale formula di preghiera, in cui il Papa ha invitato «ognuno nella propria fede, nel proprio dubbio, in quello che ha nell’anima, pensi a Dio, pensi al bisogno di Dio, pensi al dubbio che ha (se Dio c’è…), pensi alla propria coscienza e chieda la benedizione e la bontà su tutti noi. Amen».

Quindi il discorso preparato, dove Francesco ha ripetuto che occorre rivolgersi ai giovani con la sincera voglia di ascoltarli, senza preconfezionamenti. «Parlare della gioventù è facile», ha detto. Ma così, «si fanno delle astrazioni, percentuali… No. La tua faccia, il tuo cuore, cosa dice? Interloquire, sentire i giovani.». Uno a uno, perché, ha detto Papa Bergoglio, «qualcuno pensa che sarebbe più facile tenervi “a distanza di sicurezza”, così da non farsi provocare da voi. Ma non basta scambiarsi qualche messaggino o condividere foto simpatiche. I giovani vanno presi sul serio!». Perciò il significato della riunione pre sinodale riguarda «la volontà della Chiesa di mettersi in ascolto di tutti i giovani, nessuno escluso. E questo non per fare politica. Non per un’artificiale “giovanofilia”, no, ma perché abbiamo bisogno di capire meglio quello che Dio e la storia ci stanno chiedendo».

Andare con le prostitute è un atto “criminale”
Questo ascolto ha preso la concretezza delle domande che cinque ragazzi hanno rivolto al Papa nella seconda parte della mattinata di ieri. Innanzitutto quella di Blessing Okoeidion, una giovane nigeriana vittima della tratta in Italia, costretta a prostituirsi. Dopo aver raccontato con passione la sua triste storia ha fatto una domanda «senza anestesia», come poi ha commentato Francesco. «Mi chiedo e ti chiedo», ha chiesto Blessing al Papa, «ma la Chiesa, ancora troppo maschilista, è in grado di interrogarsi con verità su questa alta domanda dei clienti?». Secondo una stima di Francesco, almeno in Italia, «il 90% dei clienti sono battezzati…Io penso allo schifo che devono sentire queste ragazze quando questi uomini gli fanno fare qualche cosa.» Quindi ha ricordato il metodo messo in campo dalla Associazione Giovanni XXIII di don Oreste Benzi, da sempre impegnato su questo fronte. «Le ragazze sono sorvegliate, si avvicina uno di loro (un volontario della Giovanni XXIII, ndr) inizia a parlare, uno pensa per mettersi d’accordo sul prezzo, ma invece di dirle “quanto costi?”, le domanda “quanto soffri?”. Allora la ragazza parla, lui le dà un biglietto e dice: noi ti porteremo via, nessuno ti troverà, ecco il numero telefono, qual è il giorno più sicuro per te, in quale angolo di Roma ci possiamo trovare?». Tutto questo fenomeno, conclude Francesco, nasce da una «mentalità malata», quella per cui «la donna va sfruttata». E non c’è stato, continua, «femminismo che sia riuscito a togliere questo dalla coscienza più profonda e dall’immaginario collettivo». Contro questa malattia Francesco invita i giovani a «lottare», per la dignità della donna innanzitutto. E «se un giovane ha questa abitudine la taglia! E’ un criminale! E’ torturare una donna!».

Evitare il rischio di essere preti “spiritualisti” o “rigidi” o “mondani”
Yulian, seminarista dell’Ucraina, chiede come prepararsi al sacerdozio e come essere testimone «aperto alla gioventù e cultura odierna». E fa l’esempio dei tatuaggi che per qualcuno oggi possono essere espressione di bellezza. Innanzitutto, risponde Francesco occorre vivere la testimonianza come «comunità». «La comunità deve essere testimone di Cristo» e «il rapporto tra prete e comunità deve essere testimoniale». Oggi occorre uscire dalla mentalità del «clericalismo», una della malattie più «brutte della chiesa», dove quando un figlio cerca un padre trova, invece, un «professore o un principe». Bisogna evitare, dice l’eccesso di «spiritualismo», di quei preti che pensano di essere sempre «in cielo», e anche quello dei preti «rigidi». Ma peggio ancora, dice, sono i preti «mondani» che «fanno tanto male alle comunità». Per quanto riguarda le comunità Francesco ripete poi un concetto più volte reiterato nella sua predicazione, cioè evitare il grave rischio del «chiacchiericcio». 

Attenzione a una formazione alla vita religiosa «castrata»
Infine Suor Teresina Chaoying Cheng dalla Cina che studia Teologia al Collegio Missionario "Mater Ecclesiae" di Castel Gandolfo della Urbaniana. «Di fronte a culture che non lasciano spazio a Dio, e alla società che adora la supremazia della materia, noi giovani religiose», ha chiesto al Papa, «come possiamo equilibrare la nostra formazione culturale e la nostra vita spirituale?». La risposta di Francesco indica che devono esserci quattro pilastri per una «vera formazione religiosa: spirituale, intellettuale, comunitaria e apostolica». Occorre non «castrare» i giovani, ma armonizzare bene la loro crescita vocazionale per evitare di avere dei religiosi «zitelli». «Preferisco un giovane che perde la vocazione», ha detto, «piuttosto che sia un religioso malata che faccia del male. E bisogna parlare chiaro: nei casi di abusi, quanti di questi sono stati annullati nello sviluppo, nella libertà, nella educazione affettiva, e sono finiti così. Certo ognuno ha la propria storia, ma noi possiamo pensare di gente che finisce così perché non è stata educata nell’affettività».