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anniversario

Il Papa all'Aventino: il monachesimo, realtà di frontiera

Leone XIV celebra la Messa nella chiesa di Sant'Anselmo, voluta 125 anni fa da Leone XIII. Nell'omelia delinea il ruolo dei monasteri come «luogo di crescita, di pace, di ospitalità e di unità, anche nei periodi più bui della storia».

Borgo Pio 12_11_2025
Foto Vatican Media/LaPresse

125 anni fa Leone XIII volle la chiesa di Sant'Anselmo all'Aventino con l'annesso Collegio Internazionale, così come l'ufficio di abate primate, per «contribuire a un potenziamento della presenza benedettina nella Chiesa e nel mondo». Lo ha ricordato Leone XIV che ieri vi ha celebrato la Messa in occasione dell'anniversario. 

Papa Pecci era mosso dalla convinzione «che il vostro antico Ordine potesse essere di grande aiuto al bene di tutto il Popolo di Dio in un momento ricco di sfide, come fu il passaggio dal XIX al XX secolo», ha detto Prevost rivolgendosi ai benedettini e all'abate primate Jeremias Schröder, che ha concelebrato, insieme al cardinale Lorenzo Baldisseri, titolare della chiesa. Un ruolo, quello dei benedettini, che nei secoli ha caratterizzato «sin dalle origini» il monachesimo come «realtà “di frontiera”, che ha spinto uomini e donne coraggiosi a impiantare focolai di preghiera, lavoro e carità nei luoghi più remoti e impervi, spesso trasformando aree desolate in terreni fertili e ricchi, dal punto di vista agricolo ed economico, ma soprattutto spirituale. Il monastero, così, si è sempre più caratterizzato come luogo di crescita, di pace, di ospitalità e di unità, anche nei periodi più bui della storia».

Ruolo necessario anche nel nostro tempo in cui «non mancano sfide da affrontare» e «problematiche finora inedite», cui possiamo rispondere – alla scuola di Benedetto – «solo mettendo Cristo al centro della nostra esistenza e della nostra missione, partendo da quell’atto di fede che ci fa riconoscere in Lui il Salvatore e traducendolo nella preghiera, nello studio, nell’impegno di una vita santa».

Pensando al «complesso in cui ci troviamo come a una realtà che deve ambire a diventare un cuore pulsante nel grande corpo del mondo benedettino con al centro, secondo gli insegnamenti di San Benedetto, la chiesa», Leone XIV si ricollega quindi all'anniversario della Dedicazione, «il momento solenne della storia di un edificio sacro in cui lo si consacra ad essere luogo di incontro tra spazio e tempo, tra finito e infinito, tra l’uomo e Dio: porta aperta verso l’eterno, in cui trova risposta per l’anima la "tensione tra la congiuntura del momento e la luce del tempo, dell’orizzonte più grande […] che ci apre al futuro come causa finale che attrae" (Francesco, esort. ap. Evangelii gaudium, 222) nell’incontro tra pienezza e limite che accompagna il nostro cammino terreno». 

Il Papa conclude citando il Vaticano II che «in una delle sue pagine più belle (...) definisce la Chiesa come "umana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, fervente nell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina; […] in modo tale, però, che ciò che in essa è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all'invisibile, l’azione alla contemplazione, la realtà presente alla città futura, verso la quale siamo incamminati" (cost. Sacrosanctum Concilium, 2)».