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Il Papa ai lasalliani: il vostro altare è la cattedra

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La dimensione missionaria dell’insegnamento nel discorso di Leone XIV ai Fratelli delle Scuole Cristiane. Dalle parole del Pontefice una riflessione sullo scopo autentico dell’educazione, per realizzare la natura (e quindi la salvezza) di ogni uomo.

Ecclesia 17_05_2025
Foto Vatican Media/LaPresse

«Il vostro altare è la cattedra»: una provocazione fortissima. Basterebbero queste poche parole per mettere in discussione e riaprire finalmente un dibattito serio su tutto l’impianto educativo e formativo della scuola, di qualunque scuola e opera educativa, in qualsiasi Paese in cui vi sia una presenza cristiana. Sono parole pronunciate dal nuovo Papa, Leone XIV durante l’incontro con i Fratelli delle Scuole Cristiane, svolto nei giorni scorsi, nella splendida cornice della Sala Clementina, in occasione del terzo centenario della Bolla In apostolicae dignitatis solio, con cui Papa Benedetto XIII approvò l’Istituto, e  nel 75° anniversario della proclamazione di San Giovanni Battista de La Salle come Patrono degli educatori.

In un tempo in cui non si parla più di educazione, dando quasi per scontato che tutti sappiano di cosa si tratta (anche all’interno della stessa Chiesa), il Pontefice ha voluto porre l’accento su due dimensioni che, pur facendo parte del carisma lasalliano, possono essere di sprone anche per ogni altro cristiano impegnato nell’ambito scolastico: l’attenzione all’attualità e la dimensione ministeriale e missionaria dell’insegnamento, per rispondere alle necessità concrete del tempo con creatività, spirito di sacrificio e visione cristiana.
«I giovani del nostro tempo, come quelli di ogni epoca, sono un vulcano di vita, di energie, di sentimenti, di idee», ha affermato, ricordando però che «hanno bisogno di aiuto, per far crescere in armonia tanta ricchezza e per superare ciò che […] ne può ancora impedire il sano sviluppo». «Anche oggi – ha detto Leone XIV – possiamo, come San Giovanni Battista de La Salle, fare delle sfide dei nostri tempi trampolini di lancio per esplorare vie nuove».

Sin dalle prime parole pronunciate dopo la sua elezione, per esempio, il Papa ha parlato degli interrogativi aperti dalla diffusione dell’Intelligenza Artificiale, che prelude ad una vera e propria trasformazione epocale della nostra società e dei nostri modelli di vita, rischiando però di favorire la sfiducia nella ragione, nella capacità che ogni uomo ha di distinguere ciò che è giusto da ciò che è ingiusto, ciò che è bello da ciò che è brutto, affidando ogni giudizio e ogni scelta a dispositivi tecnologici sostitutivi della nostra responsabilità.
Non a caso, il Pontefice ha segnalato il rischio dell’isolamento generato da modelli relazionali improntati a superficialità, individualismo, instabilità affettiva, ma anche «la diffusione di schemi di pensiero indeboliti dal relativismo» e lo smarrimento provocato da stili di vita che lasciano poco spazio all’ascolto, al dialogo, alla riflessione.

È necessario infatti ricordare che la vera educazione è un’educazione alla critica, e pertanto occorre stimolare i bambini e i giovani a utilizzare quello che la nostra tradizione religiosa definisce “cuore”, cioè i criteri di bene, verità e bellezza di cui per natura si è dotati. Come ha sottolineato Fernando De Haro in un suo intervento sul Sussidiario (Senza rischio non c’è educazione, 1° aprile 2025) «per educare non esiste altro punto d’appoggio che non sia la capacità che i giovani hanno in quanto uomini. Invitarli a mettersi alla prova è l’unica cosa che può impedire loro di diventare persone affettivamente “incapaci”, insicure e timorose… Se non li invitiamo a giudicare da soli, non saranno né intelligenti, né liberi». È solo questa la strada perché anche le nuove tecnologie diventino opportunità e non strumenti di alienazione.

«Educare il cuore dell'uomo come Dio l'ha fatto» (don L. Giussani, Il Rischio Educativo, 1995): è un dato che gli educatori cristiani devono tenere in grande considerazione, particolarmente oggi in cui si parla di una molteplicità di educazioni, frantumando la persona in mille sfaccettature funzionali alle parole d’ordine del mainstream e al progetto del potere di turno, trasformando l’educazione in addestramento, quando non addirittura in manipolazione. In definitiva, alterando o addirittura distruggendo la natura umana.

La domanda sulla vera natura della persona, sulla sua originale dignità e unicità, e dunque sullo scopo autentico dell’educazione, può e deve tornare al centro dell’attenzione di ogni insegnante che si reputi cristiano; è per questo che con forza particolare, il Papa ha poi esaltato la dimensione vocazionale e ministeriale dell’insegnamento vissuto secondo il carisma lasalliano, citando il motto «evangelizzare educando ed educare evangelizzando» e ricordando che la cattedra è l’altare del Fratello insegnante.  È questa la centralità del compito educativo, vista non solo come opera di carità o servizio alla società, ma come missione per la realizzazione autentica della natura (e dunque per la salvezza) di ogni uomo. «Il carisma della scuola […] appare ancora oggi come una delle esplicitazioni più belle ed eloquenti di quel munus sacerdotale, profetico e regale che tutti abbiamo ricevuto nel Battesimo», ha affermato. È una affermazione che, pur rivolta in prima battuta ai Fratelli Lasalliani, costituisce un’indicazione profonda per tutti gli insegnanti cristiani: la scuola come luogo di missione, la docenza come esercizio della vocazione battesimale. È il compito che attende ogni scuola cattolica e ogni docente di scuola statale, nei limiti e nelle possibilità che gli sono offerte dalle condizioni concrete in cui si trova ad operare.



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