Il nuovo pasticcio di Fernández sull’uso di “Corredentrice”
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Rispondendo alla giornalista Diane Montagna, il prefetto del DDF ha spiegato che il titolo di Corredentrice non si dovrà più usare nei testi liturgici e nei documenti del Vaticano, ma lo si potrà usare tra amici, dopo aver letto e compreso la Mater populi fidelis. Un papocchio incredibile, che crea una frattura in seno alla Chiesa. Il caso dei mariologi “ammutinati”.
Niente da fare. Il cambio del papa non è stato di giovamento al cardinale prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede; segno che evidentemente il problema è proprio strutturale. Lo avevamo lasciato con le benedizioni alle coppie omosessuali, che però forse erano alle singole persone che si presentano in coppia, e che in ogni caso durano solo qualche secondo. Poi l’avventura delle nuove norme sulle apparizioni, un altro capolavoro di complicazione delle cause semplici, con sei opzioni di cui nemmeno gli esperti hanno capito il contenuto. Adesso Victor Manuel Fernández ci spiega che il titolo di Corredentrice è sempre inappropriato, almeno nei documenti ufficiali, mentre si può usare in un gruppo di amici, ma solo dopo aver letto la Nota dottrinale.
È grazie a Diane Montagna e a uno scambio da lei avuto con Fernández che abbiamo queste nuove delucidazioni del signor prefetto: «Se tu, insieme al tuo gruppo di amici, ritieni di comprendere bene il vero significato di questa espressione, hai letto il documento e constati che anche lì ne vengono affermati gli aspetti positivi, e desideri esprimere proprio questo all'interno del tuo gruppo di preghiera o tra amici, puoi usare il titolo, ma non sarà usato ufficialmente, cioè né nei testi liturgici né nei documenti ufficiali». Dunque via libera alla Corredentrice tra amici, ma non è ben chiaro cosa succeda se questi amici non hanno letto la Nota o non l’hanno interpretata come dice Tucho. E nemmeno è chiaro cosa accadrà a chi il titolo di Corredentrice ce l’ha nel proprio nome ufficiale, come la Congregazione delle Figlie di Maria SS. Corredentrice, fondate da don Dante Forno e da suor Maria Salemi nel 1956. Forse il Dicastero scriverà una chiarificazione a parte.
Sia come sia, prendiamo atto che quella Nota, che è stata scritta a tutela dei fedeli più semplici assaliti dai dubbi che la Madonna faccia concorrenza al Signore Gesù spodestandolo dall’essere unico Redentore, in realtà permette che siano proprio loro a poter continuare ad utilizzare il termine Corredentrice. Invece nei documenti ufficiali il termine non può più comparire; lì, a quanto pare, si deve preferire il titolo di Mater populi fidelis, un’espressione che il “popolo fedele” non ha mai utilizzato in vita sua. Un papocchio incredibile, che avrà l’unico esito di creare una frattura tra la fede del popolo e i documenti e la liturgia della Chiesa. Ma che anche, malgrado le intenzioni di chi ha inaugurato questa divisione, dimostra ancora una volta che, a custodire la retta fede nei tempi di crisi, sarà il popolo cristiano, non certi pastori.
Il cardinale Fernández rassicura comunque sul fatto che è solo il termine ad essere interdetto, mentre si potrà continuare a sostenere «la cooperazione singolare di Maria all’opera della Redenzione». Già, perché questa espressione la si ritrova «credo almeno 200 volte nel documento». Diciamo che si tratta di una stima generosa per eccesso, dal momento che in realtà, secondo una verifica fatta da Diane Montagna, l’espressione ricorre una sola volta, nel § 3, e semplicemente all’interno di una domanda; gli aggettivi “singolare” e “unica” complessivamente una trentina di volte. Però se Tucho dice che son 200, saranno 200, in virtù dell’ossequio della volontà e dell’intelletto…
Numeri a parte, forse Fernández non ha compreso che il tema in questione sta proprio nel fatto che in nessuna parte del documento viene espressa la natura di questa cooperazione. Certamente il Magistero ha sempre sottolineato la singolarità e l’unicità della cooperazione di Maria alla Redenzione, ma ne ha anche specificato la natura, come quando, per esempio, Pio XII, nell’enciclica Mystici Corporis, indicava che Maria «sempre strettissimamente unita col Figlio suo, lo offerse all’Eterno Padre sul Golgota, facendo olocausto di ogni diritto materno e del suo materno amore, come novella Eva, per tutti i figli di Adamo contaminati dalla sua miseranda prevaricazione». Un testo che rivela inequivocabilmente che la cooperazione di Maria fu attiva, immediata e universale. O come quel passaggio dell’omelia pronunciata da Giovanni Paolo II a Guayaquil, il 31 gennaio 1985, in cui affermava che Maria era «spiritualmente crocifissa con il Figlio crocifisso» sul Calvario, allorché «si unì al sacrificio del Figlio che tendeva alla fondazione della Chiesa», svolgendo così un «ruolo corredentore». Ancora più curioso è il fatto che Giovanni Paolo II, anche dopo la fatidica Feria IV del 21 febbraio 1996, continuava a specificare la natura della cooperazione di Maria alla Redenzione, precisando che il concorso di Maria «si è attuato durante l'evento stesso [del Calvario] e a titolo di madre; si estende quindi alla totalità dell'opera salvifica di Cristo. Solamente Lei è stata associata in questo modo all'offerta redentrice che ha meritato la salvezza di tutti gli uomini. In unione con Cristo e sottomessa a Lui, Ella ha collaborato per ottenere la grazia della salvezza all'intera umanità». Di nuovo, si tratta di caratteristiche che indicano non solo una cooperazione “singolare”, ma attiva, immediata e universale. Una cooperazione ripetutamente presente nel Magistero ordinario, eppure non recepita dalla Nota.
A proposito della Feria IV e di Ratzinger. La versione che ci è stata data nella Nota dottrinale è che Ratzinger aveva dato una risposta, nel suo votum particolare (sarebbe interessante conoscere anche gli altri pareri), «alla domanda se fosse accettabile la richiesta del movimento Vox Populi Mariae Mediatrici, in vista di una definizione del dogma di Maria come Corredentrice o Mediatrice di tutte le grazie». Dunque, la domanda riguardava l’opportunità di una definizione dogmatica, non l’utilizzo dei due termini; e la risposta a quella questione fu negative, ma non in senso assoluto; tant’è vero che Ratzinger spiegava che «il significato preciso dei titoli non è chiaro e la dottrina ivi contenuta non è matura» e che «ancora non si vede in modo chiaro come la dottrina espressa nei titoli sia presente nella Scrittura e nella tradizione apostolica». Espressioni che lasciano la porta aperta ad una possibilità di maturazione e chiarimento e non possono essere usate a supporto di una soluzione tranchant come quella presente nella Nota. È dunque del tutto scorretto utilizzare quel votum – che rimane pur sempre un semplice, seppur autorevole, votum – per dire che il termine Corredentrice non può più essere usato a livello ufficiale.
Ma c’è qualcosa di ancora più curioso che emerge dall’intervista a Tucho. Alla domanda conclusiva di Montagna se il Dicastero abbia consultato dei mariologi per la stesura della Nota, cosa che dovrebbe essere ovvia, Fernández ha risposto: «Sì, molti, molti, così come i teologi specializzati in cristologia». Eppure le cose non sembrano così pacifiche. Perché padre Maurizio Gronchi, consultore al Dicastero per la Dottrina della Fede, scelto per affiancare il prefetto e il segretario alla presentazione della Nota dottrinale, in un’intervista a CNA, ha rivelato che «non è stato possibile trovare alcun mariologo disposto a collaborare». Un’evoluzione pirandelliana al contrario: dai centomila di Tucho al nessuno di Gronchi.
Dunque, non solo il Dicastero non ha consultato alcun mariologo, con buona pace di Fernández, ma pare che gli stessi esperti in mariologia non siano stati «disposti a collaborare». Tant’è che lo stesso Gronchi ha fatto notare che alla presentazione del documento non era presente alcun docente della Pontificia Facoltà Teologica Marianum, né alcun membro della Pontificia Academia Mariana Internationalis, che è un’istituzione della stessa Santa Sede; un’assenza che lo stesso Gronchi ammette possa «essere interpretata come un dissenso». Un ammutinamento che ha dell’incredibile, e che manifesta che il pur variegato mondo dei mariologi non deve aver gradito l’impostazione di Tucho. L’assenza di esperti in mariologia è stata confermata anche dall’intervista rilasciata da P. Salvatore Maria Perrella (che non è proprio l’ultimo arrivato), il quale ha fatto presente come «il documento dovesse essere ripensato meglio e affinato, ma, soprattutto, scaturire da uno studio fatto da persone competenti». Un modo signorile per accennare all’imperizia di chi quella Nota l’ha partorita.
La via maestra non è cassare i titoli mariani ma spiegarli
Il rischio che si esageri il ruolo di Maria è quello che la Chiesa ha sempre accettato di correre pur di ribadire la verità sulla Madre (Madre di Dio!) per confermare pienamente la verità sul Figlio. «L’elevazione di Maria all’ordine ipostatico» non è un'invenzione, ma una luce sul Mistero della Redenzione. La cortese risposta di mons. Staglianò non fa che testimoniare l'era glaciale della mariologia.
Per far sparire la Corredentrice non basta dire "magistero"
La Mater populi fidelis ha valore magisteriale, sentenzia il cardinal prefetto, e quindi... la questione non è chiusa. Nulla dice infatti sul grado di certezza, ma solo sulla modalità dell'insegnamento: la stessa dei Papi che hanno parlato a favore della Corredenzione.
- Il teologo Perrella stronca la nota di Fernández, di Ermes Dovico
- Dossier su Maria Corredentrice
Corredentrice, il teologo Perrella stronca la nota di Fernández
Il documento del DDF che boccia il titolo di Corredentrice è lacunoso, risente dell’influsso «bergogliano» e manca di «memoria storica». In un’intervista alla RSI, il mariologo Perrella, pur contrario a quel titolo, demolisce la nota di Fernández e anche le nuove Norme sui fenomeni soprannaturali.
Non si sono sbagliati: santi e magistero sulla Corredenzione
Dalla Chiesa primitiva ai recenti pontefici, nel corso dei secoli si leva un coro a definire Maria Corredentrice e Mediatrice. Ecco perché, spiega mons. Schneider, questi titoli non sviano i fedeli dalla retta fede né da una sana e ben fondata pietà verso Cristo e sua Madre.
- Dossier su Maria Corredentrice
Corredentrice, i fedeli spingono per il dogma
Non solo il titolo mariano oggi osteggiato dal DDF è stato insegnato da papi e santi, ma la Santa Sede ha anche ricevuto innumerevoli suppliche per la sua definizione dogmatica. Lo strano caso del titolo Mediatrix gratiarum: pure Leone XIV lo usa, Fernández lo contesta. La Bussola intervista il mariologo Mark Miravalle.
No a Maria Corredentrice, il Vaticano fa confusione
Inappropriato parlare di Corredenzione, sentenzia il Dicastero per la Dottrina della Fede. Quel titolo, usato più volte da san Giovanni Paolo II, per Fernández rischia di «oscurare l’unica mediazione salvifica di Cristo». Ma di oscuro c'è solo l'ennesimo documento che confonde invece di chiarire, a partire da una ricostruzione scorretta che minimizza il contributo di santi e teologi.
- L'interventismo di Fernández per "blindare" la Madonna, di Stefano Chiappalone
- DOSSIER "CORREDENZIONE"

