Il mosaico di Megiddo, testimonianza sull’altare cristiano
Nel 2005, nell’altura di Megiddo, sono stati rinvenuti quattro mosaici, uno dei quali riporta un’iscrizione di grande importanza, che conferma che già i primi cristiani usavano un altare consacrato, dedicato esclusivamente alla celebrazione dell’Eucaristia.

Testimonianze scritte o archeologiche sul fatto che i cristiani dei primi tre secoli utilizzassero tavoli comuni per celebrare l’Eucaristia in un contesto conviviale semplicemente non esistono. Al contrario, negli articoli precedenti (qui e qui), si è cercato di portare al pubblico l’esito delle attente ricerche di monsignor Stefan Heid, che attestano come i primi cristiani si avvalessero di una mensa sacra, considerata un vero altare a destinazione esclusivamente cultuale, e che diveniva il segno tangibile dell’appartenenza esclusiva dei cristiani al solo vero Dio, uno e trino.
Non parlano però solo gli scritti, ma anche la pietra. E sembra che talvolta il Signore si diverta a far crollare le intangibili costruzioni teoriche dei sapienti con delle creature inanimate, come la pietra del sogno di Nabucodonosor, che si staccò dal monte e travolse l’imponente statua (cf. Dn 2, 34), o come il ciottolo scoccato dalla fionda del giovane Davide per andare a conficcarsi sulla fronte del fiero gigante Golia (cf. 1Sam 17, 49).
Dobbiamo recarci a nord di Israele, in Galilea, nei pressi dell’altura di Megiddo (Tel Megiddo, in ebraico; Tell el-Muteselim, in arabo), antistante all’ampia Valle di Jezreel, divenuta un importante centro di scavi archeologici a motivo dell’antichità di questo sito, che testimonia la presenza di abitazione fin dal 6000 a. C. Nel 2005, mentre si stava procedendo con i lavori per la costruzione di un luogo di detenzione, in un’area anticamente denominata Legio, vennero ritrovate tracce di un mosaico; i successivi scavi archeologici riuscirono a rinvenire un’opera musiva occupante un’area di 10x5 metri, databile tra il 230 e il 250 d. C. Nessun dubbio che si trattasse di uno dei più antichi ritrovamenti di un luogo di culto cristiano.
I mosaici rinvenuti sono quattro, rettangolari, due maggiori e due minori, che “incastonano” due grossi massi squadrati (vedi a questo link tutti e quattro i mosaici). Nei due mosaici maggiori ci sono anche delle iscrizioni, in lingua greca, perfettamente decifrabili. L’iscrizione del mosaico di dimensioni più grandi, caratterizzato da un medaglione centrale che raffigura due pesci, riporta il nome del generoso offerente che ha permesso la realizzazione dell’opera musiva: «Gaiano, detto anche Porfirio, centurione, nostro fratello, ha realizzato a proprie spese il mosaico, come atto di generosità». Gaiano ha dunque sostenuto le spese per la realizzazione del mosaico, eseguito da un artista denominato Bruzio, che ha lasciato la sua “firma” sul pavimento.
Altre due iscrizioni si trovano nell’altro mosaico maggiore. La prima è una richiesta di ricordare, probabilmente nella preghiera, quattro donne: Primilla, Ciriaca, Dorotea e Cresta. Di loro non si sa nulla, ma è evidente che queste donne dovevano aver avuto un ruolo particolare nella comunità cristiana di Megiddo, forse anche per la costruzione di questo oratorio. Di straordinario interesse è l’ultima iscrizione, che si trova al lato opposto della precedente, sempre all’interno dello stesso mosaico. Così il testo: «Akeptous, che ama Dio, ha offerto la tavola a Dio Gesù Cristo, come memoriale». Questa donna, riconosciuta come devota nella comunità cristiana, aveva offerto al Signore Gesù, evidentemente pagando di tasca propria, la mensa sopra cui veniva celebrata l’Eucaristia.
Il contenuto di questa iscrizione è esplosivo sotto più punti di vista. Partiamo dall’aspetto riconosciuto da quasi tutti gli studiosi. «Dio Gesù Cristo» viene riportato nell’iscrizione non per esteso, ma con un’abbreviazione: Θω ΙΥΧω. Sia l’accostamento del nome di Dio a quello di Gesù Cristo, sia il ricorso a questa abbreviazione, caratteristico dei nomina sacra, manifesta che, abbondantemente prima del IV sec., i cristiani professavano la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, sconfessando quella teoria che ha imperversato per decenni in ambito teologico (anche cattolico) e che riteneva la confessione della divinità di Gesù uno sviluppo successivo, maturato all’epoca dei primi concili ecumenici (la divinità di Cristo risulta già nei papiri del Magdalene College, datati anteriormente al 70 d.C., vedi qui).
C’è però un altro aspetto di questa iscrizione, che fa crollare l’edificio secondo cui, prima della “svolta costantiniana” (vedi qui), le comunità cristiane non avrebbero conosciuto un altare consacrato, ma avrebbero utilizzato delle comuni mense. Akeptous, infatti, ha offerto la tavola «a Dio Gesù Cristo, come memoriale». È evidente che ad essere offerta a Dio come memoriale non è una comune mensa su cui consumare dei pasti, ma una mensa sacra, ossia una tavola-altare dedicata esclusivamente alla celebrazione dell’Eucaristia, che con ogni probabilità doveva poggiare sopra le grosse pietre centrali. Il senso dell’offerta a Dio sta proprio nel dedicare a Lui solo un oggetto, ossia consacrarlo a Lui, atto che ha meritato di essere scolpito sul pavimento antistante l’altare. Che senso avrebbe avuto immortalare in un mosaico la donazione di una tavola comune? E per di più di fronte a due grosse pietre centrali, che evidentemente questa tavola la dovevano sorreggere?
E contrario, non si ha alcun elemento che permetta di sostenere l’ipotesi opposta a quella ovvia, ossia che questa tavola offerta da Akeptous sarebbe stata una semplice mensa, utilizzata all’occorrenza anche per l’Eucaristia.
Il ritrovamento di Megiddo mette a nudo l’inconsistenza del preconcetto secondo cui i cristiani non potevano avere degli altari. Ma incrina anche un altro mito della Chiesa primitiva: che non esistessero propriamente dei luoghi di culto, ma solo delle domus Ecclesiæ, ossia delle case private che ospitavano gruppi di cristiani per l’Eucaristia. Ci ritorneremo.
Le manifestazioni del Risorto (II parte) – Il testo del video
«I misteri di Dio vengono rivelati diversamente secondo le disposizioni di chi li riceve», spiega san Tommaso a proposito del perché Cristo risorto apparve ad alcuni sotto altro aspetto. La convenienza delle prove della risurrezione. E i due significati del termine “prova”.
L’altare dei cristiani, gli scritti di Ignazio di Antiochia e Clemente
San Clemente di Roma fa esplicito riferimento all’altare, come unico luogo consono per offrire il sacrificio. Sant’Ignazio di Antiochia, nelle sue lettere, parla dell’altare per sei volte. E la sacralità dell’altare cristiano è data, come spiegava Origene, dal sangue di Gesù.
Mensa del Signore e altare sacro: la specificità cristiana
La Lettera agli Ebrei parla inequivocabilmente di un altare, esclusivo per la comunità cristiana, il che fa traballare le convinzioni sottese alla “svolta costantiniana”. Lo stesso termine θυσιαστήριον indica anche la mensa sacra, legata a un sacrificio. Le ricerche di mons. Heid sulla specificità del cristianesimo.
Chiesa e altare, la convinzione della “svolta costantiniana”
Secondo una tesi oggi purtroppo maggioritaria in ambito accademico, solo grazie a Costantino la liturgia si sarebbe spostata nelle chiese e la mensa si sarebbe trasformata in un altare. Una tesi con pesanti conseguenze sul modo di intendere la liturgia, ma che presenta problemi di attendibilità.
"Gesù è Dio", la prova dei papiri del Magdalen College
Non solo Qumran: anche i frammenti di papiro conservati a Oxford, studiati dal papirologo tedesco Thiede, provano che i vangeli originali sono databili ai primi anni del periodo apostolico. E inoltre contengono già i nomina sacra, che dimostrano come Gesù fosse da subito riconosciuto come il Signore.