Il contesto storico in cui fu introdotta la Comunione sulla mano
Negli anni Sessanta in alcuni Paesi europei iniziò a diffondersi la pratica della Comunione sulla mano, in aperta rottura con l’unica prassi ammessa per i riti latini e nonostante la contrarietà di Paolo VI. Il caso del Nuovo Catechismo Olandese, la concezione errata dell’Eucaristia e i molti abbandoni del sacerdozio.
![Cardinale Bernard Jan Alfrink (1969) [licenza CC0] Cardinale Bernard Jan Alfrink (1969) [licenza CC0]](https://www.brujulacotidiana.com/storage/imgs/kardinaal-alfrink-tijdens-licenza-cc0-large.jpg)
La “tendenza” della modalità di distribuire l’Eucaristia, dai primi secoli ad oggi, è caratterizzata da una direzionalità ben precisa: un progressivo abbandono della Comunione sul palmo in favore della Comunione direttamente nella bocca del fedele, appoggiando la particola direttamente sulla lingua del fedele nei riti latini, ponendo il pane eucaristico e il vino direttamente nella loro bocca, con l’utilizzo del lavìs (λαβίς), nel Rito bizantino. Si è visto che la riapparizione di una nuova forma di Comunione sulla mano avvenne, comprensibilmente, nell’ambito della Riforma protestante, a causa di una dottrina sull’Eucaristia e sul sacerdozio gravemente insufficiente. Ma nel mondo cattolico cos’è accaduto?
Il Concilio Vaticano II stava per volgere alla conclusione, quando Paolo VI avvertì la necessità di rivolgere al mondo cattolico un’enciclica per ravvivare la fede nell’Eucaristia, correggere errori sempre più diffusi sulla dottrina eucaristia e porre rimedio a deviazioni relative al culto. Si tratta dell’enciclica Mysterium fidei (3 settembre 1965), che il Papa scrisse ben sapendo che «tra quelli che parlano e scrivono di questo Sacrosanto Mistero ci sono alcuni che circa le Messe private, il dogma della transustanziazione e il culto eucaristico, divulgano certe opinioni che turbano l'animo dei fedeli ingerendovi non poca confusione intorno alle verità di fede, come se a chiunque fosse lecito porre in oblio la dottrina già definita dalla Chiesa, oppure interpretarla in maniera che il genuino significato delle parole o la riconosciuta forza dei concetti ne restino snervati» (n. 10). L’enciclica fu “rafforzata”, il 25 maggio 1967, dall’istruzione Eucharisticum Mysterium.
In questo contesto di deviazioni, in alcuni Paesi europei – Germania, Belgio, Olanda e Francia – iniziava a diffondersi la pratica delle Comunione sulla mano, in aperta rottura con l’unica prassi ammessa per i riti latini, ossia quella della Comunione sulla lingua e in difformità rispetto all’antica Comunione sul palmo. Si trattava a tutti gli effetti di un abuso. Paolo VI chiese allora alla Segreteria di Stato, presieduta all’epoca dal cardinale Amleto Giovanni Cicognani, di inviare una lettera alle Conferenze episcopali dei suddetti Paesi, rendendo noto che una tale concessione poteva provenire solo dalla Santa Sede. In questa lettera del 3 giugno 1968, la pratica della Comunione sulla mano veniva considerata un uso «non contrario alla dottrina, ma nella pratica molto discutibile e pericoloso»; nonostante questo giudizio critico, fu proprio con questa lettera che la Santa Sede incominciò ad ammettere la possibilità di concedere degli indulti. È da notare come il cattolicesimo dei Paesi sopra menzionati fosse marcatamente caratterizzato da posizioni dottrinali, disciplinari e liturgiche che si discostavano ampiamente e seriamente dall’insegnamento e dalla prassi della Chiesa.
Le prime due Conferenze episcopali ad ottenere queste concessioni (poi momentaneamente revocate) furono quella tedesca e quella belga. Il Consilium, che Paolo VI aveva voluto per implementare la riforma liturgica voluta dal Concilio, reagì, facendo giustamente presente che «il culto e la venerazione, nonché la stessa fede verso il SS.mo Sacramento saranno influenzati non poco» da tale concessione e sottolineando che «la cosa tocca il cuore della liturgia» (in A. Bugnini, La Riforma liturgica, Roma 1997, p. 622). La consapevolezza che modifiche nella prassi della distribuzione della Comunione avrebbero avuto una ripercussione sulla fede nell’Eucaristia era dunque ben presente in una parte qualificata della Chiesa.
La vulgata relativa alla prassi odierna della Comunione sulla mano è spesso benevola. E in buona fede. Come si è già rilevato più volte, la persone pensano erroneamente di essere nell’alveo di un’antica tradizione liturgica, riscoperta grazie ad una maggiore penetrazione del dato storico e di quello teologico. Ad essere quasi del tutto sparito dall’orizzonte della riflessione è il fatto che il presunto “revival” della forma antica è invece avvenuto in Paesi ove la fede cattolica era – ed è – in seria difficoltà, soprattutto riguardo alla Santa Eucaristia.
Per avere un’idea di quel contesto, giova richiamare per sommi capi la vicenda del Nuovo Catechismo Olandese, che ebbe un’influenza immensa non solo nei Paesi Bassi, ma anche nella vicina Germania, e in altre porzioni della Chiesa cattolica. Pubblicato nel 1966 dalla Conferenza Episcopale dei Paesi Bassi, dopo un lavoro di circa cinque anni dell’Istituto Superiore di Catechetica di Nimega, il Nuovo Catechismo provocò la reazione di un gruppo di cattolici olandesi, che decise di scrivere direttamente al Papa per denunciare i gravi difetti dottrinali dell’opera. Paolo VI dapprima chiese a dei cardinali di esaminare la veridicità dei contenuti di questa denuncia; confermato circa la gravità dei problemi presenti nello scritto, si rivolse direttamente al cardinale Bernard Jan Alfrink, presidente della Conferenza Episcopale nazionale, che aveva concesso l’imprimatur al Nuovo Catechismo. Il Papa voleva un confronto tra una commissione di tre teologi da parte della Santa Sede e altrettanti da parte olandese. Ben quattordici erano i punti maggiori che la Santa Sede riteneva necessari di revisione; tra essi, uno riguarda l’Eucaristia “a tutto tondo”: come sacrificio e come presenza, e in particolare la modalità della conversione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo.
In occasione dell’Anno della Fede, Paolo VI – sembra su richiesta del cardinale Charles Journet e dell’amico-filosofo Jacques Maritain – avvertì la necessità di confermare i fratelli nella fede, «coscienti dell’inquietudine, che agita alcuni ambienti moderni in relazione alla fede»; ambienti che «non si sottraggono all’influsso di un mondo in profonda trasformazione, nel quale un così gran numero di certezze sono messe in contestazione o in discussione» e che «si lasciano prendere da una specie di passione per i cambiamenti e le novità». Nel Credo del popolo di Dio, solennemente pronunciato il 30 giugno 1968, dal Successore di Pietro, ben tre paragrafi sono dedicati all’Eucaristia, per riaffermare l’identità tra il sacrificio della Croce e quello della Messa, ribadire la verità della transustanziazione, respingendo spiegazioni relative alla presenza reale che non si accordano con questa verità, esortare alla necessità della venerazione e adorazione del Santissimo Sacramento, anche al di fuori della celebrazione eucaristica.
La reazione dei vescovi olandesi fu stizzita; essi ritenevano questa professione di fede un’ingerenza unilaterale del Papa negli “affari” della Chiesa olandese. Nell’ottobre dello stesso anno, una Declaratio della commissione cardinalizia voluta da Paolo VI esigeva delle correzioni sostanziali; ricevuto il rifiuto di una modifica del testo, si giunse al compromesso di allegare un supplemento al Nuovo Catechismo. Il tentativo di Roma di arginare l’eresia funzionò solo in parte: i buoi erano ormai scappati. La Chiesa olandese dovette pagare il prezzo altissimo di oltre duemila sacerdoti che, in poco più di dieci anni, lasciarono il sacerdozio, e il crollo impressionante delle nuove ordinazioni. Negli altri Paesi europei la realtà non era meno drammatica. Erano questi i frutti di una fede approssimativa e insufficiente nell’Eucaristia e in altri punti essenziali della fede cattolica, frutti amari che ancora oggi raccogliamo.
Fu in questo contesto fallimentare e sostanzialmente eterodosso a “maturare” la volontà della Comunione sulla mano, la quale evidentemente era ritenuta più conforme alla “nuova fede” del Nuovo Catechismo. Non si intende affermare che chi si avvale di questa forma abbia necessariamente una fede eterodossa, ma semplicemente constatare che i novatori dell’epoca (e probabilmente anche di oggi) consideravano l’introduzione di quello che all’epoca era effettivamente un abuso come elemento di grande importanza per diffondere una dottrina diversa e insufficiente sull’Eucaristia, non solo mediante un nuovo insegnamento, ma anche mediante una nuova prassi. E di questo dato non si può non tener conto.
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