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CHIESA PERSEGUITATA

Hong Kong, si apre il processo al cardinal Zen

Oggi si apre il processo al cardinale Joseph Zen, in una Hong Kong sempre più sottoposta alla repressione del Partito Comunista Cinese. «Nessuno ha sollevato la questione gravissima del nostro confratello Zen», dice il cardinal Gerhard Müller. Nessuno: nemmeno dal Papa, come si evince dalle dichiarazioni di ritorno dal Kazakistan. Aggiornamento: il processo è stato rinviato di due giorni, al 21 settembre.

Ecclesia 19_09_2022
Joseph Zen

Aggiornamento: il processo è stato rinviato di due giorni, al 21 settembre, per problemi di salute del giudice.

A Hong Kong in questi giorni si deve resistere ad un sole rovente. E di rovente non c’è solo il clima metereologico, ma anche quello politico e non da oggi. Oramai da tanti anni ci sono tensioni sociali importanti culminate nelle proteste di Occupy Central e più recentemente in manifestazioni imponenti nell’anno 2019. Queste proteste vogliono esprimere insoddisfazione per il modo in cui il governo locale e quello centrale hanno gestito Hong Kong. Con la legge sulla sicurezza nazionale approvata il 30 giugno del 2020 dal Congresso Nazionale del Popolo a Pechino, Hong Kong è stata richiamata all’ordine. Da quel momento una serie di processi e arresti hanno scosso la città. Tra coloro che sono ancora agli arresti e che hanno avuto visibilità internazionale annoveriamo il magnate dell’editoria Jimmy Lai e l’attivista Joshua Wong.

Ma un’ondata di arresti nel maggio scorso deve aver scosso più di qualche anima pia in Vaticano, perché tra gli arrestati c’era il cardinale Joseph Zen, strenuo combattente per la salvaguardia dei diritti religiosi e civili nell’ex colonia.  Il cardinale è stato trattenuto per alcune ore e poi rilasciato su cauzione. Ha subito anche una perquisizione ed il sequestro di computer e telefonino.

Durante il recente concistoro il cardinale Gerhard Müller ha sollevato il problema dicendo: «Il mese prossimo ci sarà un processo ingiusto. Nessuno ha sollevato la questione gravissima del nostro confratello Zen. Non stato fatto dal Decano, il cardinale Re, né dal Segretario di Stato, Parolin e nemmeno dal Papa. Non c'è stato nessun documento di solidarietà, nessuna iniziativa di preghiera per lui». Dopo decisioni epocali e cariche di conseguenze per i rapporti tra Cina e Vaticano, il Papa durante il volo di ritorno dal Kazakistan ha fatto capire di non conoscere bene la situazione, cosa che ha sorpreso alcuni che hanno ripensato a quando il Santo Padre aveva assicurato di essere dietro tutte le decisioni riguardanti la Cina.

Il cardinale Zen si mostra sereno e anche molto battagliero, come suo solito. Per nessuno vale come per lui la massima che si piega, ma non si spezza. Gli anni si fanno sentire sul corpo del Cardinale novantenne ma lo spirito è sempre quello del guerriero. Il processo che si apre oggi, 19 settembre, è in fondo per una materia minore, rispetto al carico penale che deve affrontare in seguito. Riguarda il fondo umanitario “612” di cui era amministratore e promotore insieme all’avvocato Margaret Ng, al professor Hui Po-keung e alla nota cantante Denise Ho. Questa parte del processo in settembre dovrebbe riguardare la contestazione riguardo alla registrazione amministrativa del Fondo “612”. Ben più grave sarà la parte del processo nei mesi successivi che riguarda l’accusa di collusione con forze straniere. Questa accusa, se confermata in giudizio, avrebbe conseguenze ben più serie. Il Fondo “612” (il 12 giugno 2019, 6/12 alla maniera anglosassone, è stata una data importante per le proteste in Hong Kong) era un fondo umanitario che intendeva offrire assistenza a coloro che sono stati imprigionati in seguito ai fatti degli anni recenti e alle loro famiglie.