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PROPAGANDA

Green Border: il film antipolacco, spacciato per capolavoro

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Finanziato e prodotto da numerose istituzioni straniere, Green Border rappresenta in modo falsato gli eventi lungo il confine polacco-bielorusso, per denigrare la Polonia conservatrice. Regista è l’anticlericale Agnieszka Holland.

Cinema e tv 13_11_2023

Nell’estate del 2021 il dittatore bielorusso Lukashenko ha innescato una crisi migratoria con lo scopo di revocare le sanzioni europee contro il suo regime. Le autorità bielorusse avevano allora cominciato a concedere i visti per i cittadini di vari Paesi del Medio Oriente che venivano trasportati a Minsk e poi nei pressi della frontiera. Per la Polonia la crisi è iniziata a luglio 2021 con i primi tentativi di attraversare il confine polacco-bielorusso.

Ovviamente le autorità polacche sentivano il dovere di difendere la frontiera del Paese, che è anche la frontiera esterna dell’Unione europea, impedendo ai migranti di attraversarla, anche per non essere complici del traffico di esseri umani organizzato dai bielorussi. Purtroppo, i migranti, ispirati, istigati e aiutati dai servizi bielorussi, hanno attaccato il confine polacco, distruggendo le recinzioni alle frontiere e attaccando fisicamente i soldati polacchi. Gli agenti dei servizi bielorussi sostenevano apertamente i migranti accecando soldati polacchi con i laser, sparando in aria o partecipando alla distruzione delle barriere protettive. Tanti soldati polacchi venivano feriti dal lancio di pietre e altri oggetti. Ma di tutto questo si parlava poco.

Nel 2021 si sono registrati 40.000 tentativi di attraversare illegalmente il confine. Un anno dopo, meno di 16.000. Nel 2023 questo numero è nuovamente aumentato. Per controllare la frontiera con la Bielorussia, le autorità polacche erano costrette a schierare un numero enorme di militari di frontiera. La situazione è migliorata quando lungo la frontiera è stata completata l'installazione di una barriera elettronica. Successivamente, è stata costruita anche una barriera fisica. Ma la situazione al confine polacco-bielorusso resta tesa. È ovvio che i migranti non attraversano la frontiera spontaneamente: tutto è pianificato e organizzato dai servizi bielorussi.

Va detto che la Polonia dall’inizio della crisi è in costante contatto con Frontex, l’agenzia europea per la protezione delle frontiere, che sostiene costantemente le attività dei militari polacchi. Per il quartier generale della Nato, l'uso dei migranti da parte del regime di Lukashenko fa parte di una guerra ibrida. La destabilizzazione della Polonia con un’ondata di migranti sarebbe servita per preparare il terreno per l’intervento russo in Ucraina (la Polonia invasa dai migranti non avrebbe potuto ricevere i profughi ucraini).

Purtroppo, la Polonia che difende la frontiera orientale dell’UE è diventata l’oggetto delle critiche degli ambienti che vogliono il mondo senza frontiere e incoraggiano l’immigrazione, anche clandestina. In Polonia tali critiche hanno preso la forma di attacchi ideologici al governo, al partito governativo PiS e ai militari che proteggono le frontiere. La crisi migratoria sulla frontiera polacco-bielorussa è diventata un pretesto per la lotta politica degli ambienti dell’opposizione liberal di sinistra, anche nella previsione delle importantissime elezioni che si svolgevano in Polonia nel mese di ottobre.

In questo contesto è stato prodotto un film di becera propaganda che tratta in modo strumentale gli eventi sulla frontiera: “Green Border” di Agnieszka Holland, una regista conosciuta anche per le sue simpatie di sinistra, critica del patriottismo e del cattolicesimo polacco e nemica della Chiesa. Il suo film, che vorrebbe sensibilizzare sulla tragedia dei migranti, crea un’immagine completamente falsa e offensiva delle guardie di frontiera polacche. Come ogni propaganda, questo film è privo di sfumature. Abbiamo a che fare con eroi positivi e personaggi assolutamente malvagi. I primi sono i migranti e gli attivisti che li aiutano, i secondi sono i funzionari polacchi: polizia e guardie di frontiera. Questi ultimi appaiono come primitivi volgari, aggressivi, spietati. Non lasciano entrare nel negozio una donna immigrata, gettano una donna incinta migrante dietro il filo spinato in Bielorussia, mentre di giorno sono galanti ed educati nei confronti delle donne polacche. Tuttavia, ci sono anche brave persone tra gli ufficiali in uniforme, ma solo quando agiscono contro gli ordini. Il film finge di essere un documentario, ma in realtà è un film menzognero; la regista non ha potuto fornire le prove di tanti fatti drammatici presentati sullo schermo che accusano pesantemente gli ufficiali polacchi.

Invece nel film si fanno tanti riferimenti all’attuale situazione politica: si parla delle proteste antigovernative e di uno specifico partito di opposizione. Si parla di una “marcia fascista” a Varsavia e di “fascisti nel nostro governo”. Per di più, vengono menzionati i nomi veri degli esponenti del governo: del ministro Kamiński (ministro degli Interni) e del viceministro Wasik e sullo schermo televisivo appare il ministro Blaszczak (ministro della Difesa).

Il ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro, ha scritto su X che «nel Terzo Reich i tedeschi producevano film di propaganda che mostravano i polacchi come banditi e assassini. Oggi per fare questo lavoro hanno Agnieszka Holland…». Il ministro ricorda anche il padre della regista, Henryk Holland, un militante comunista formatosi nell’Unione Sovietica: nel periodo stalinista divenne caporedattore del settimanale polacco chiamato “La lotta dei giovani”, pubblicato dall'Unione giovanile comunista. Come afferma inoltre il ministro «la precedente retorica del padre e l'attuale retorica della figlia sono sorprendentemente simili». «Per Henryk Holland, i soldati dell'Esercito nazionale (AK – partigiani “bianchi”) e delle Forze armate nazionali (l’esercito del governo polacco in esilio dopo la II guerra mondiale) erano dei banditi. Oggi la regista, vedendo sadici e criminali nella guardia di frontiera e paragonandoli ai tedeschi durante l'occupazione della Polonia, ripete il linguaggio di suo padre, tratto direttamente dalle regole di propaganda stalinista. Questo è il legame generazionale...» ha concluso il ministro. Per di più la Holland «chiama le autorità polacche “marmaglia bruna” e insinua che, se vince il PiS (il partito al governo), la Polonia sarà fascista».

Il film antigovernativo della Holland è stato finanziato e prodotto da numerose istituzioni straniere (tra cui la televisione tedesca ZDF/Arte) e dalla municipalità di Varsavia, il cui presidente è Rafał Trzaskowski, vicepresidente della Piattaforma civica, la principale forza d’opposizione.

Nei mesi precedenti la Holland è apparsa in uno spot elettorale dell'attivista di estrema sinistra Agata Diduszko-Zyglewska, lodandola per la sua lotta contro la Chiesa. Non tutti si ricordano che proprio Diduszko-Zyglewska, insieme a Joanna Scheuring-Wielgus, si sono recate in Vaticano con il loro “rapporto sulla pedofilia nella Chiesa” e hanno presentato a papa Francesco un bugiardo, un certo Marek Lisiński, come vittima di un prete pedofilo.

Adesso Holland porterà in Vaticano il suo film palesemente antipolacco, che dovrebbe essere premiato nell’ambito del Tertio Millennio Film Fest, malgrado lo sdegno dell’opinione pubblica in Polonia e la petizione contro la pellicola spedita in Vaticano.

All’estero questo film, spacciato per un capolavoro, contribuisce a perpetuare tra gli spettatori, che non conoscono bene la storia e la realtà odierna della Polonia, molti stereotipi antipolacchi, sfruttati non soltanto dai media bielorussi, ma anche da certi ambienti europei, principalmente tedeschi, ostili al governo conservatore polacco. Chi è tentato di vederlo, dovrebbe saperlo.



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