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Il progetto di risoluzione

Fondi UE per l’aborto, la richiesta delle lobby della morte

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La Commissione per i diritti delle donne approva un progetto di risoluzione con cui si chiede di finanziare l’aborto transfrontaliero e «contrastare i movimenti anti-gender». Poi, l’assurdo parallelo: come l’UE ha dato soldi per lo screening dei tumori, così deve darli per l’aborto.

Vita e bioetica 11_11_2025

L’aborto come «diritto fondamentale» da garantire anche a quelle donne che vivono in Stati dove è vietato, permettendo loro di viaggiare – a spese di tutti i contribuenti – in un altro Stato dell’Unione Europea. In estrema sintesi, è questo il contenuto della bozza di risoluzione approvata lo scorso 5 novembre dalla Commissione per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere (FEMM) con 26 voti a favore – tra cui Giusi Princi di Forza Italia – e 12 contrari. Il documento nasce dall’iniziativa My Voice My Choice: For Safe and Accessible Abortion (La mia voce, la mia scelta: per un aborto sicuro e accessibile), sostenuta da 1,2 milioni di firme e dietro cui ci sono più di 300 organizzazioni pro-aborto di tutta l’Europa. Un’ampia azione di lobbying, dunque, che mira a estendere ulteriormente l’aborto nell’UE e, al contempo, a limitare la libertà di chi difende la vita dei bambini nel grembo materno. Ma vediamo i punti principali della proposta, che ha avuto per relatrice Abir Al-Sahlani, esponente di Renew Europe.

Il documento invita la Commissione Europea «a istituire un meccanismo di adesione facoltativo aperto agli Stati membri su base volontaria, con il sostegno finanziario dell’UE per garantire la solidarietà, senza interferire con le leggi e i regolamenti nazionali»; e, ancora, «invita la Commissione a presentare una proposta di sostegno finanziario agli Stati membri che consenta loro di garantire l’interruzione sicura della gravidanza, in conformità con la loro legislazione nazionale, a chiunque nell’UE non abbia ancora accesso all'aborto sicuro e legale». In parole povere, come accennato, si tratta di usare soldi pubblici per pagare gli aborti transfrontalieri. Un esempio su tutti ci è offerto da Nika Kovač, rappresentante di My Voice My Choice, che ha dichiarato: «Le donne polacche dispongono di una buona rete di organizzazioni non governative che sostengono i loro viaggi e le procedure mediche [per l’aborto]. Ma queste procedure mediche sono costose, quindi quello che vogliamo fare è trovare un modo affinché le Ong o le donne stesse non debbano pagarle». Non pagheranno loro, pagheremo tutti, se la proposta passerà.

Il tutto viene giustificato come una chiamata a «creare una UE più sicura e più uguale», in nome dei «nostri valori europei», quali la «non-discriminazione» e il rispetto dell’«integrità mentale e fisica»: è singolare che tutti questi “valori” appena richiamati non valgano per i bambini nel grembo materno e contrastino quindi con il diritto alla vita, che è il fondamento di tutti gli altri diritti.

In più, la fantomatica uguaglianza e non-discriminazione che hanno in mente gli abortisti dietro My Voice My Choice non vale neanche per chi la pensa diversamente da loro. Il progetto di risoluzione, infatti, chiede «un’azione europea più incisiva per contrastare i movimenti anti-gender, salvaguardare l’autonomia fisica e garantire l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva», cioè a contraccezione e aborto. Dunque, le oltre 300 lobby di cui sopra non si accontentano di avere più soldi pubblici per l’aborto, ma mirano anche a intimidire e far scomparire dalla circolazione i gruppi pro vita e pro famiglia.

Il documento reitera la richiesta di «includere il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea» e chiede anche una revisione dei Trattati. Insomma, il rispetto delle legislazioni nazionali – affermato al punto 2 – è solo di facciata. Tanto più che al punto 9 il progetto di risoluzione fa altre pressioni sui Paesi con norme più restrittive e «invita gli Stati membri a riformare le leggi e le politiche in materia di aborto per allinearle agli standard internazionali in materia di diritti umani e alle linee guida in materia di salute pubblica».

Il testo, nell’articolata introduzione, lamenta che «due Stati membri [il riferimento, seppur implicito, è a Polonia e Malta] continuano a non consentire l’aborto su richiesta; otto Stati membri mantengono un periodo di attesa obbligatorio, diversi Stati membri non rimborsano né sovvenzionano le cure abortive od offrono una copertura limitata, 11 Paesi in Europa non forniscono l’aborto farmacologico (non chirurgico), e solo cinque Paesi consentono l’assistenza all’aborto tramite telemedicina». Dunque, è evidente che il finanziamento dell’aborto transfrontaliero è solo un passo – per quanto grave – di questa iniziativa, che mira a legalizzare, ampliare e normalizzare ulteriormente l’aborto.

A proposito di questa normalizzazione, basti dire che gli abortisti arrivano a sostenere che il finanziamento dell’aborto con fondi europei deve essere considerato come parte delle competenze dell’UE per «ridurre le disuguaglianze in materia di salute», in quanto – attenzione all’equivalenza da brividi – è già successo che «le risorse dell'UE sono state utilizzate in altri casi, ad esempio per lo screening dei tumori». Come dire, per i promotori di My Voice My Choice, l’uccisione dei bambini nel grembo materno e la cura della salute pari sono… Del resto, questa è da sempre la propaganda abortista.

Infine, il gruppo di lobby chiede che la proposta venga inclusa già nell’attuale Quadro finanziario pluriennale, cioè nel bilancio a lungo termine dell’UE.

È previsto che il progetto di risoluzione venga inserito nell’ordine del giorno di una prossima sessione plenaria per essere discusso e votato. Come voteranno gli europarlamentari italiani? Il sito ufficiale del Parlamento Europeo, inoltre, informa che il prossimo 2 dicembre si terrà un’audizione pubblica su questa iniziativa. Un’ultima nota: nel 2014, un’iniziativa di cittadini di segno opposto, ossia One of us (Uno di noi), a tutela degli embrioni umani, aveva raccolto ben 1,8 milioni di firme, quindi 600 mila in più delle sottoscrizioni oggi vantate dalle organizzazioni pro-aborto. Ma quel progetto fu rapidamente archiviato dalle istituzioni dell’UE. Questo a conferma delle priorità che si perseguono tra Strasburgo e Bruxelles, nel segno della morte e decadenza di un continente.