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TENSIONI

Finlandia-Ungheria, scontro tra due idee di Europa

Le relazioni diplomatiche tra ungheresi e finlandesi sono gelide. Con la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, la Finlandia vorrebbe legare il trasferimento dei fondi all’interpretazione dello “Stato di diritto”. Il problema è che si scontrano due opposte visioni: quella elitaria del “nuovo umanesimo” e quella intesa a rimettere al centro la famiglia e recuperare l’identità cristiana.

Esteri 13_09_2019

Il premier finlandese, Anti Rinne, che dallo scorso 1 luglio detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, è atteso a Budapest alla fine di settembre per incontrare il primo ministro ungherese Viktor Orban. Negli ultimi mesi le relazioni diplomatiche tra i due Stati membri dell’Ue sono state piuttosto gelide. La tensione diplomatica è cresciuta poiché il governo ungherese si è risentito del fatto che la presidenza finlandese dell’Ue voglia concentrarsi sulle questioni riguardanti lo “Stato di diritto”. In particolare i dossier di Ungheria e Polonia, da sempre bersagli preferiti dei ‘visionari europei’, che vorrebbero penalizzare i due Paesi con tagli di fondi comunitari.

La Finlandia intende spingere contro l'Ungheria la procedura di cui all’articolo 7 e sta lavorando per legare il trasferimento dei fondi dell’Ue all’interpretazione dello Stato di diritto che l’illuminato Timmermans interpreta al meglio, vale a dire l’umanesimo gaio, ateo, meticcio ed esoterico. Al cuore vero dello scontro, incarnato dalla Finlandia in rappresentanza di moltissimi Paesi europei, non c’è lo Stato di diritto, bensì il futuro dell’identità europea. Infatti la linea finlandese sull’immigrazione di massa e sostituzione etnico-culturale, già adottata senza successo da decenni da Francia, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito, è diametralmente opposta a quella di cui l’Ungheria di Orban è divenuta simbolo: aiutare la natalità delle famiglie nazionali.

L’Ungheria, la Polonia e sempre più Paesi dell’Est europeo vogliono promuovere con ogni mezzo la natalità nazionale e la coesione sociale attraverso aiuti e sostegni al matrimonio e alle famiglie. Due diverse idee di Europa e di futuro europeo, dunque: l’una ricalca il progetto di “nuovo umanesimo” e rinascimento esoterico di Macron e quello della “società aperta” e senza identità di Soros; l’altra ripercorre appieno il messaggio di riscoperta dell’identità giudaico-cristiana e  dell’umanesimo promosso da Giovanni Paolo II e a suo modo risponde a quelle domande drammatiche che Papa Francesco ha più volte posto al continente rispetto al proprio futuro senza figli.

Proprio in questi ultimi giorni, Mika Lintilä, ministro delle Finanze finlandese, ha rilasciato una lunga intervista a sostegno dell’azione del governo, ribadendo che “abbiamo bisogno di migranti e li favoriremo”. La coalizione formatasi dopo le elezioni dello scorso aprile, capeggiata dai socialisti e che include molti partiti del parlamento con l’unico collante dell’esclusione dei populisti identitari del Partito dei Finlandesi, sta mostrando il suo vero volto.

Il ministro Lintilä ha ricordato che il persistere dell’invecchiamento della popolazione e un basso tasso di natalità rappresentano le maggiori sfide per la crescita economica e, di conseguenza, il futuro dello Stato sociale che è  minacciato dalla riduzione di  manodopera e dall’aumento di spesa pubblica. “Quasi un terzo dei dipendenti comunali e quasi la metà dei dipendenti dell’amministrazione centrale andranno in pensione nei prossimi 10 anni”, ha dichiarato nel suo discorso al Seminario annuale sul libero scambio, a Helsinki. “La tendenza è simile nel settore privato. E il cambiamento ovviamente ridurrà anche il numero di imprenditori”. “Alla luce di queste cifre, la necessità o meno di immigrazione basata sul lavoro non dovrebbe più essere una questione di opinione. È assolutamente necessario”, ha sottolineato Lintilä.

L’analisi dei ‘sinistri’ è chiara: mancano figli e urgono braccia di migranti. Ma mancano di analizzare le cause della crisi in cui ci troviamo a partire dalla rivoluzione sessuale e dal relativismo che hanno provocato la repulsione della natalità e l’abuso del sesso come solo piacere take away. Non vogliono rilanciare la cultura delle virtù e della bellezza del matrimonio, della paternità e maternità: si predilige invece una nuova forma di schiavismo (“immigrazione basata sul lavoro”), senza tutele per l’identità culturale o religiosa della nazione, aperti a tutti purché lavorino e ci consentano di vivacchiare adagiati nei nostri vizi e distrazioni.

Sondaggi? L’unico partito d’opposizione, il Partito dei Finlandesi, è stabile al 20%; i partiti della coalizione al governo, inclusi i socialisti, sono indietro e in discesa di popolarità.

In Ungheria, come accennato, l’approccio è completamente diverso. Lo hanno ribadito il primo ministro Orban, il presidente del Parlamento, László  Kover, e il ministro delle Finanze, Mihály Varga, proprio in questi giorni, in cui si è svolto il Terzo Forum Mondiale sulla Demografia. “Senza famiglie e bambini, una comunità nazionale potrebbe finire per scomparire”, ha dichiarato. “E se una nazione scompare, qualcosa di insostituibile scompare dal mondo,  il compito del governo è di perseguire una vigorosa politica demografica”.

Il primo ministro ungherese ha affermato che la “soluzione dell'immigrazione” e la “argomentazione verde”, secondo cui ogni figlio danneggerebbe il pianeta, è insensata e profondamente ingiusta. La politica familiare ungherese si basa sul principio che ogni bambino ha il diritto di avere un padre e una madre e che una famiglia e dei figli sono prerequisiti della “riproduzione biologica di una comunità nazionale”, come ha detto Orban.

Kover, eroe dell’opposizione al regime comunista, ha dichiarato nel suo discorso che “avere figli è un affare pubblico del tipo più personale”. Quello demografico dovrebbe essere “il più importante problema pubblico in termini sociali, economici, culturali e politici” in ogni Paese europeo: perciò si dovrebbe investire per superare questa crisi demografica tutta Europa.

Il ministro Varga ha affermato, dal canto suo, che le famiglie desidererebbero avere più figli se le condizioni fossero più giuste nel Paese. Il governo ha già dimostrato di basare le sue politiche sugli interessi del popolo ungherese, sul rafforzamento delle famiglie e sullo sviluppo dell'economia. Per il governo, il bambino viene per primo e il processo decisionale è orientato ad aiutare i giovani a crescere tutti i bambini che vogliono, alleggerendo l'onere della crescita dei bambini.

Sondaggi? La coalizione guidata da Orban mantiene da anni un’ampia maggioranza, tra il 45 e 52% dei consensi, le opposizioni (sostenute da Bruxelles) sono divise e in ribasso. L’incontro/scontro tra Finlandia e Ungheria non riguarda perciò lo “Stato di diritto” , nuova arma che Bruxelles usa per piegare ogni Stato e leader politico che si opponga al nuovo rinascimento “aperto” ed evanescente.

La sfida in atto, di cui la prossima Commissione sarà protagonista, è tra “servire il popolo” dei populisti, identitari, patriottici (molti voti e poco potere) e il “servirsi del popolo”, di cui le vecchie famiglie politiche sono sempre più interpreti (senza voti ma con molto potere), socialisti in primis. Detto ciò, non c’è da stupirsi né dei risultati di due giorni fa dell’ultima ricerca sociologica mondiale dell’Ipsos, né del silenzio che l’ha avvolta: il “populismo” cresce ovunque. I nuovi padroni del mondo non li sopporta più nessuno.