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L'ANALISI

Fine vita, le contraddizioni del Centrodestra per una legge di morte

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La maggioranza sta delineando il disegno di legge sul fine vita, ma non riesce a risolvere le enormi contraddizioni che emergono in una compagine politica che continua a dire di voler difendere la dignità della vita. E Parolin va al traino della Meloni. 

Vita e bioetica 19_06_2025

Quadri di un’esposizione, non di Musorgskij, ma di fine vita. Il primo quadro riguarda una donna fiorentina di 55 anni che, a causa della sclerosi multipla, è paralizzata dal collo in giù. Con l’aiuto degli onnipresenti Radicali, ha chiesto l’accesso al suicidio assistito. Solo che la donna è talmente inferma che non potrebbe da sé assumere il preparato letale e quindi non potrebbe rientrare nella fattispecie dell’aiuto al suicidio legittimato dalla Corte costituzionale. Ha dunque bisogno di un terzo che la uccida.

Ecco allora che i Radicali hanno chiesto al Tribunale di Firenze che sia il medico a somministrarle il preparato letale. Ma eccetto nei casi indicati dalla legge 219/17 (ad esempio stacco del respiratore o della Peg), uccidere qualcuno con il suo consenso rimane reato nel nostro ordinamento secondo l’art. 579 cp. (poco importò, poi, ai giudici che Pier Giorgio Welby trovò così la morte). Il Tribunale ha dunque fermato il procedimento e ha rimandato la questione alla Corte costituzionale. L’art. 579 cp sarebbe incostituzionale nella parte in cui non prevede la depenalizzazione della condotta di un terzo che uccide un altro con il suo consenso e nel rispetto dei criteri indicati dalla Consulta per il suicidio assistito con la sentenza n. 242/2019 (qui un approfondimento).

Vedremo cosa diranno i giudici romani, ma pensiamo di vederci giusto se si pronunceranno grossomodo così: abbiamo depenalizzato/legittimato il suicidio assistito nel rispetto di alcune condizioni. Non si vede il motivo per cui non possiamo depenalizzare/legittimare anche l’omicidio del consenziente sempre nel rispetto delle medesime condizioni. Posto il principio che c’è il diritto a morire poi le modalità di attuazione, suicidio o omicidio, sono irrilevanti.

Secondo quadro di questa esposizione eutanasica. Il presidente della Commissione Giustizia del Senato Giulia Bongiorno, in quota Lega, ha confermato che il 17 luglio un testo sul suicidio assistito approderà in Senato. Una probabile bozza era già stata da noi commentata circa un mesa fa. In buona sostanza si potrà accedere al suicidio assistito nel rispetto dei quattro criteri indicati dalla Consulta: soggetto capace di intendere e volere che ha espresso un consenso libero ed informato, affetto da una patologia irreversibile e fonte di sofferenze intollerabile e mantenuto in vita da trattamenti salvavita. A questi criteri gli estensori del Disegno di legge avevano aggiunto che il richiedente doveva aver già intrapreso un percorso di cure palliative.

Il quadro si delinea ancor di più perché il presidente della Commissione Affari Sociali del Senato Francesco Zaffini ha reso noto che vi sarà un Comitato etico nazionale che dovrà verificare la sussistenza di questi requisiti e che l’accesso al suicidio assistito non dovrà entrare nei Livelli Essenziali di Assistenza. Quindi la prestazione non sarà erogata a carico del Servizio Sanitario Nazionale. La motivazione? «Il denaro pubblico – spiega Zaffini – non può essere speso per una prestazione che si traduce nel diritto a morire, perché la Corte costituzionale non stabilisce il diritto a morire. Stabilisce il diritto a non essere punito per colui che aiuta e assiste al suicidio». Qualche riflessione. La prima: se Zaffini non vuole dare denaro pubblico ad un inesistente, secondo lui, diritto a morire, perché non darlo per un esistente, sempre secondo lui, diritto a non essere punito nel caso in cui si aiutasse qualcuno a morire?

Seconda riflessione. Come avevamo avuto già modo di commentare (clicca qui e qui), l’aiuto al suicidio non è stato solamente depenalizzato, ma elevato a rango di diritto soggettivo da parte della Corte costituzionale. In primo luogo perché, stante le condizioni previste dalla Consulta, il cittadino può esigere dagli enti pubblici indicati dalla Consulta di morire. Se esiste questo obbligo nei confronti di qualcuno vuol dire che, corrispettivamente e a monte, esiste in capo al paziente il diritto affinchè questa sua esigenza venga soddisfatta (se c’è un dovere di restituire dei soldi, vuol dire che da qualche parte qualcuno ha diritto che quei soldi vengano a lui restituiti). In secondo luogo la Consulta, trattando del suicidio assistito, ha fatto esplicito riferimento alla legge 219/17, ha inserito l’aiuto al suicidio nel quadro normativo di questa legge che qualifica l’eutanasia come diritto.

Le parole di Zaffini trovano un’eco in quelle della Bongiorno che afferma: «Non è una norma che parte dal diritto a morire, ma da un comitato che aiuti a capire quando e come si può procedere». Non esisterebbe dunque un diritto a morire perché c’è un comitato che decide se nel caso specifico ci sono i criteri per poter morire. Ma la procedura semplicemente indica come attuare il diritto a morire e quindi la procedura attesta che c’è un diritto a morire, non lo cancella, anzi lo rende esercitabile. La procedura è prova che esiste il diritto a morire.

Terzo quadro. I commenti al disegno di legge sul suicidio assistito. Vi risparmiamo quelli di area levantina: per i sinistrorsi il testo è troppo moderato, discriminatorio, da Stato etico e confessionale. Critiche tutte prevedibili. Riportiamo invece quelli di area cattolica e quelli degli esponenti di destra. Il Segretario di Stato Pietro Parolin si compiace di una legge sul suicidio assistito: «Noi speriamo che qualunque soluzione, qualunque decisione venga presa, sia a salvaguardia della dignità umana». Allora, gentile cardinale, l’unica soluzione che sia a salvaguardia della dignità umana è quella di vietare e punire il suicidio assistito, perché suicidio assistito e dignità personale sono due espressioni antitetiche, l’una esclude l’altra. E dunque l’unica legge a salvaguardia della dignità personale è quella che vieta e punisce il suicidio assistito. E questa norma già esiste: è l’art. 580 cp. Solo che la Consulta ha mandato al macero questo articolo e ha affermato che si può aiutare qualcuno a morire nel rispetto di alcuni criteri e procedure.

Poi abbiamo l’intervento del premier Giorgia Meloni, la quale, in un messaggio inviato ai partecipanti al Festival dell’umano tutt’intero, esorta a «difendere e a custodire la vita che è sacra». Ma, anche in questo caso, se il premier volesse essere coerente con questa esortazione dovrebbe bloccare una legge che non difende né custodisce la sacralità della vita, bensì provoca morti. Altro che il Festival dell’umano tutt’intero, qui Parolin e la Meloni hanno messo in piedi il Festival degli ossimori tutt’interi.