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IL LIBRO

Filippo IV: il re che divenne grande grazie a una suora

Aurelio Musi, in Filippo IV. La malinconia dell’impero, racconta del re orfano di madre e di padre che dovette affidarsi a De Olivares, il quale lo spingeva al vizio per governare al suo posto. Ma quando il sovrano seppe di María de Ágreda, la suora che si bilocava, volle incontrarla e da quel momento cambiò fino ad essere definito «il Grande» e a ritardare l’inizio del declino spagnolo.

Cultura 08_04_2021

Filippo IV di Spagna era detto il «Re Pianeta» perché, dopo avere incorporato - anche se non durò - l’impero portoghese, quello spagnolo era letteralmente globale. I suoi predecessori, però, gli avevano lasciato in eredità qualche problema: suo nonno Filippo II aveva vissuto la catastrofe dell’«Invencible Armada», suo padre Filippo III aveva ereditato un governo con le casse esauste. Questo Filippo era stato, sì, pur capace di trionfare sui turchi a Lepanto, ma aveva perso i Paesi Bassi che si erano costituiti nelle Sette Province Unite. Il Siglo de Oro ispanico si avviava a cedere il primato europeo alla Francia di Luigi XIV, e l’inizio del declino era subodorato, come sempre accade, dagli artisti più grandi per primi: Miguel Cervantes col Don Chisciotte e Calderón de la Barca con La vida es sueño.

Filippo IV, l’imperatore malinconico, salì al trono sedicenne nel 1621 e morì nel 1665. Subito si trovò a dovere affrontare la spaventosa Guerra dei Trent’Anni che doveva cambiare per sempre il volto dell’Europa. Orfano di madre a soli tre anni, morto anche il padre dovette affidarsi al potente conte-duca De Olivares come primo ministro. Il quale incoraggiava il più grave difetto del giovanissimo sovrano: le donne. Dame nobili, ma anche attrici, cantanti, prostitute da taverna, la furia sessuale di Filippo sembrava incontenibile. E il conte-duca era ben contento di saperlo così indaffarato, giacché in tal modo il governo restava totalmente nelle sue mani. Ma aveva fatto i conti senza la profonda religiosità che Filippo aveva ereditato dai suoi avi, cosa che lo dilaniava tra peccato e morale cattolica.

Aurelio Musi, nel suo libro Filippo IV. La malinconia dell’impero (Salerno, pp. 307, €. 23), narra tutta la sua storia e l’incontro che doveva trasformare Filippo IV in un grande sovrano. Seppe di María de Ágreda, la suora che si bilocava e che stava proprio a Madrid. Volle incontrarla e da quel momento fu lei a prendere le redini della sua direzione spirituale. Ne fanno fede le centinaia di lettere scambiate in vent’anni. Cacciato l’Olivares, con la guida di lei Filippo vinse la sua mala inclinazione e scoprì quel che prima, all’ombra del potente ministro, non aveva potuto sviluppare: la sua notevole attitudine al governo che lo portò ad essere definito «il Grande». Fu lui, infatti, a ritardare di almeno mezzo secolo l’inizio del declino politico spagnolo.

Quando la incontrò, la badessa suor María de Jesús aveva già visitato centinaia di volte l’America in bilocazione. La «Dama Azul» (azzurra), come era chiamata per via dell’abito da Concezionista, evangelizzò molte tribù indiane del Texas, dell’Arizona, del Nuovo Messico, della California. Quando da quelle parti arrivarono i primi missionari quegli indiani dissero di sapere già tutto sul cristianesimo e che mancava loro solo il battesimo. Sapevano anche che sarebbero arrivati i missionari e quando. La cosa fece, ovviamente, scalpore. Fu proprio l’arcivescovo di Città del Messico a ricordarsi di aver letto alcune lettere di una suora spagnola che descrivevano per filo e per segno quelle terre e i pellirosse. Quantunque non si fosse mai mossa dalla sua clausura. Nel 1631 il superiore dei francescani nel Messico andò a trovarla e lei, prima che lui aprisse bocca, mostrò di conoscere i nomi di tutti i missionari e particolari sulle tribù evangelizzate che non avrebbe potuto sapere.

La suora, che oggi è Venerabile, fu esaminata anche dall’Inquisizione (quella spagnola, la più tosta), che rimase favorevolmente meravigliata dalla sue risposte. Suor María de Ágreda aveva sempre avuto il desiderio di andare in missione, cosa, ovviamente, impossibile in clausura. Ma niente è impossibile a Dio. Che l’aveva accontentata.