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BIOETICA

Eterologa, tutti fermi tranne la Lorenzin

Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, risponde a un'interrogazione parlamentare di Eugenia Roccella (Ncd) sul vuoto normativo che riguarda la fecondazione eterologa. E ne approfitta per prendere le distanze da un governo che vuole lasciare quel vuoto normativo. Contro l'anarchia dell'eterologa, la Lorenzin sollecita il Parlamento ad agire in fretta.

Editoriali 30_10_2014
Eterologa

Accade alla Camera, nel pomeriggio di ieri. L’on. Roccella, con altri suoi colleghi di Ncd, presenta una interrogazione a risposta urgente sullo stato dell’arte dopo la sentenza n. 162/2014 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la legge sulla Pma-procreazione medicalmente assistita, nella parte in cui non ammette il ricorso alla tecnica eterologa; nell’atto si segnalano episodi anomali, come il presunto acquisto di gameti dall’estero a opera di un ospedale di Firenze per eseguire un intervento di questo tipo, o la decisione della regione Toscana di superare il limite di 43 anni di età concordato fra le regioni per l’accesso alla tecnica.

La risposta è affidata al ministro della Salute Beatrice Lorenzin; la quale esordisce ricordando che gli uffici del suo dicastero «hanno predisposto uno schema di decreto-legge volto a disciplinare organicamente la materia della procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, al fine di garantire (…) in modo uniforme su tutto il territorio nazionale la sicurezza e la qualità delle relative procedure, a garanzia delle salute di tutti i soggetti coinvolti. Come è noto, tuttavia, - sono sempre parole del ministro – il Governo ha ritenuto di non intervenire con un provvedimento d'urgenza, rimettendo, invece, la questione all'iniziativa parlamentare, attesa la delicatezza della materia anche sotto il profilo etico; iniziativa parlamentare che ho già caldeggiato con la nota inviata ai capigruppo parlamentari nel mese di agosto e la cui urgenza colgo l'occasione in questa sede di ribadire». L’on. Lorenzin aggiunge che «nella proposta di decreto-legge era, in particolare, prevista l'istituzione di un registro nazionale dei donatori, indispensabile per garantire la tracciabilità donatore-nato a livello nazionale, nonché per conteggiare e monitorare il numero di nati da un medesimo donatore, al fine di non superare il numero massimo, da stabilirsi sempre a livello nazionale. (…) la successiva iniziativa assunta dalle regioni non ha eliminato la necessità di una regolamentazione statale per via legislativa, proprio al fine di garantire quella uniformità di trattamento, anche economico, delle coppie, la cui mancanza è stata stigmatizzata dalla Consulta».

Da questa risposta emergono due dati, fra loro connessi: uno di merito, l’altro politico. Nel merito, non una persona qualsiasi ma l’autorità istituzionale cui spetta garantire la salute sul territorio italiano ribadisce l’esistenza di un vuoto normativo, il danno derivante da questa lacuna, la necessità di colmarla, e indica le singole voci che meritano un seguito. Sul piano politico, il ministro della Salute certifica su un punto così rilevante il contrasto fra se stessa e il governo di cui fa parte, se il governo medesimo ha rifiutato l’adozione di un decreto legge il cui testo pure era stato portato sul tavolo del Consiglio dei ministri. Il premier Renzi ha scelto di far fare alle regioni, e il risultato è costituito, al momento, da decisioni contraddittorie e differenti per aree territoriali: proprio ciò che l’intervento legislativo d’urgenza mirava a impedire. Che il ministro Lorenzin certifichi tale contrasto nel modo più formale possibile, cioè rispondendo a una question time nell’aula della Camera, ne sottolinea la gravità.

Che succede adesso? Se non cambia nulla, ogni regione continuerà a fare per sé e il governo continuerà a disinteressarsi della questione, per usare un eufemismo. Vie d’uscita da un così singolare impasse istituzionale e da una situazione di fatto così preoccupante? Se la bozza del decreto legge abortito è stata trasmessa dal ministro della salute ai capigruppo delle forze politiche presenti in Parlamento, qualcuna delle forze politiche potrebbe mostrarsi responsabile e insistere per giungere alla approvazione delle norme necessarie. Magari in primis il partito al quale appartiene il ministro Lorenzin; che, è vero, qualche settimana fa ha presentato una proposta di legge – prima firmataria l’on. De Girolamo – che nella sostanza riprende il contenuto della bozza. Perché quella proposta sia approvata, tuttavia, non è sufficiente averla depositata: è necessario che, durante la conferenza dei capigruppo, il partito che la ha avanzata ne chieda l’inserimento prioritario nell’ordine del giorno, nella quota di iniziative legislative che gli è riconosciuta, e poi spinga perché la discussione proceda con la speditezza richiesta dall’urgenza della situazione.

La anomala, ma coraggiosa, risposta del ministro della Salute alla question time di ieri non solo segnala una inerzia del governo che l’on. Lorenzin dichiara di non condividere. Sollecita anche le forze politiche e i parlamentari che mantengono un residuo di sensibilità a darsi una mossa.