Egitto, accordo raggiunto per il cessate il fuoco a Gaza
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I colloqui di pace in Egitto, per porre fine alla carneficina di Gaza, sono andati a buon fine. Accordo raggiunto fra Hamas e Israele. Gli ostaggi tornano a casa, alle 11 di oggi cessano le ostilità.

Egitto, a Sharm el-Sheikh, oggi alle 11, Israele e Hamas firmeranno la prima fase di un accordo storico, dopo due anni di sanguinoso conflitto. L'accordo giunge nella notte al termine di due giorni di intense trattative mediate da Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia.
Il presidente Donald Trump ha lanciato la notizia con tono trionfale su Truth Social: «Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno firmato la prima fase del nostro piano di pace. Tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto e Israele ritirerà le sue truppe fino a una linea concordata». Ha poi ringraziato con forza i paesi mediatori, Qatar, Egitto e Turchia, definendo l’evento «un grande giorno per il mondo arabo e musulmano, Israele, tutte le nazioni circostanti e gli Stati Uniti d’America». Ha sottolineato che «tutte le parti saranno trattate equamente».
Che qualcosa di positivo stesse per accadere trapelava dai vari movimenti che si stavano registrando a Gaza, nonostante l’esercito israeliano non abbia mai smesso di bombardare non solo a Gaza City, ma anche in altri centri, provocando la morte di altre decine di persone innocenti. Infatti, le varie fazioni di Hamas, che trattengono gli ostaggi, si stanno preparando al loro rilascio. Ma le milizie islamiste temono che una volta liberi i prigionieri, Benjamin Netanyahu possa fare marcia indietro, boicottando il piano, riprendendo le ostilità, pur di accontentare i partiti dell’estrema destra che sostengono il suo governo. Che ci sia diffidenza è un dato di fatto. Va ricordato che dopo la prima fase negoziale dello scorso mese di febbraio, la seconda non è mai iniziata, e Israele ha ripreso le operazioni belliche. «Lo scambio di prigionieri previsto dal piano di pace del presidente americano Trump può avvenire nei prossimi giorni, togliendo ad Israele qualsiasi pretesto per ulteriori aggressioni», ha dichiarato Ziad al-Nakhala, segretario generale del gruppo palestinese Jihad islamica.
Anche i rappresentanti del Qatar, Egitto e Turchia temono le reazioni del primo ministro israeliano ed hanno chiesto garanzie agli Stati Uniti. Ziad al-Nakhala ha annunciato pure che la Jihad e una delegazione del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp) si uniranno ai negoziatori per il raggiungimento dell’accordo. L’unica assente, perché non invitata, è l’Autorità Palestinese.
Nel frattempo, Taher Nunu, esponente di Hamas, ha dichiarato che sono state scambiate «le liste sia degli ostaggi che dei prigionieri palestinesi per i quali viene richiesta la restituzione, predisposte su metodi e numeri concordati». Nunu, che attualmente si trova a Sharm el-Sheikh, ha aggiunto che la discussione si sta concentrando sui meccanismi per porre fine alla guerra e sul ritiro delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza, sottolineando che i mediatori stanno compiendo notevoli sforzi per rimuovere tutti gli ostacoli all'attuazione di un cessate il fuoco. Hamas chiede che i corpi dei suoi leader assassinati, i fratelli Yahya e Muhammad Sinwar, richiesta che il governo israeliano ha già respinto in passato, siano tra quelli che Israele dovrà restituire, insieme a quelli dei terroristi deceduti e dei detenuti ancora in vita. Per quanto riguarda il futuro della Striscia, Hamas ha messo un veto sulla presenza dell'ex primo ministro britannico, Tony Blair, come governatore di Gaza, aggiungendo: «Accettiamo il disarmo, ma rimarremo un attore politico».
A Gaza, però, si continua a morire. Fanno riflettere le dichiarazioni della direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell: «Da oltre settecento giorni, i bambini di Gaza vengono uccisi, mutilati e sfollati in una guerra devastante che è un affronto all’umanità. Negli ultimi due anni – ha dichiarato Russell - un numero sconcertante di 64mila bambini sono stati uccisi o mutilati in tutta la Striscia di Gaza, tra cui almeno mille appena nati. Non sappiamo quanti altri siano morti a causa di malattie o siano sepolti sotto le macerie. Il mondo non può e non deve permettere che questo continui».
In Cisgiordania proseguono le provocazioni contro i palestinesi. Ieri, il ministro israeliano di estrema destra, Bezalel Smotrich, ha partecipato alla marcia alla quale hanno preso parte migliaia di ebrei ultraortodossi, per i cinquant’anni dell'insediamento di Kedumim a Sebastia, località in territorio palestinese. Ma sono le parole pronunciate dall’esponente politico a preoccupare i palestinesi: «Dopo aver costruito gli insediamenti e aver preso possesso del territorio – ha detto -, continuiamo a camminare sulla terra d'Israele con molti pionieri, molti eroi e centinaia di migliaia di coloni che vivono in questa parte del paese. Dobbiamo normalizzarla e renderla eterna». Sempre nella giornata di ieri, mercoledì, durante la festività ebraica di Sukkot, il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, è salito sul Monte del Tempio, ora Spianata delle Moschee dichiarando di essere lì per pregare per la vittoria di Israele nella guerra, la distruzione di Hamas e il ritorno degli ostaggi, rivendicando, allo stesso tempo, la proprietà di quel luogo.