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CHIESA

È l'ora dei laici. Siano le pecore a orientare i pastori

È l’ora dei laici. È il momento dei fedeli del Corpo Mistico di Cristo, ossia la Chiesa. È il tempo in cui spetta alle pecore orientare i pastori. È la stagione in cui sembra di rivivere un tradimento dei chierici. Occorre essere realisti e non scandalizzarsi. È successo altre volte che la Chiesa si inginocchiasse al mondo, ma si è sempre salvata dall'eresia.

Editoriali 10_10_2021
John Henry Newman

È l’ora dei laici. È il momento dei fedeli del Corpo Mistico di Cristo, ossia la Chiesa. È il tempo in cui spetta alle pecore orientare i pastori. È la stagione in cui sembra di rivivere una nuova “trahison de clercs” (tradimento dei chierici). Occorre, per questo, essere realisti e non scandalizzarsi. È successo altre volte nella storia del cristianesimo e succede ogni volta che la Chiesa si inginocchia di fronte al mondo, o lo scimmiotta diventandone la fotocopia sbiadita.

Pensiamo a quello che è accaduto con l’eresia di Ario nel IV Secolo dopo Cristo. In quel tempo, infatti, come ricorda San Girolamo, «ingemuit totus orbis et arianum se esse miratus est», tutto il mondo gemette e si meravigliò di ritrovarsi ariano. L’imperatore Costanzo, la quasi totalità della Chiesa (pare persino il Papa Liberio) non erano più cattolici, avendo ceduto all’eresia. Fu un’infima minoranza a mantenere intatta la fede e a non cedere all’eresia di Ario. E fu un uomo coraggioso, il Vescovo Atanasio di Alessandria, a combattere solo contro tutti, riuscendo, grazie ad una vittoria miracolosa, a riportare la Chiesa alla vera fede cattolica. Davvero la logica di Dio non è la logica del mondo.

San John Henry Newman ha scritto che proprio durante la grande crisi ariana è stata la fede dei laici, più che quella dei vescovi, a salvare la Chiesa. Mi è capitato recentemente di rileggere negli Ariani del IV secolo, opera scritta a ventinove anni dallo stesso Newman, questa interessante citazione di San Gregorio Nazianzeno: «I pastori hanno certamente fatto cose folli; poiché, a parte pochi, i quali o per la loro insignificanza furono ignorati, o per la loro virtù resistettero e furono lasciati come un seme e una radice per la rifioritura e rinascita di Israele sotto l’influenza dello Spirito Santo, tutti cedettero al compromesso, con la sola differenza che alcuni cedettero subito e altri dopo; alcuni furono campioni e guide nell’empietà e altri si aggregarono a battaglia già iniziata, succubi della paura, dell’interesse, delle lusinghe o – ciò che è più scusabile – dell’ignoranza» (Orationes, XXI 24).

In realtà la denuncia più dura di San Gregorio Nazianzeno fu rivolta ai vescovi del suo tempo, accusati di aver piegato le ginocchia di fronte al mondo. Una denuncia che suona oggi drammaticamente attuale: «Noi serviamo i tempi e le esigenze delle masse. Lasciamo le nostre navi al vento che soffia di volta in volta e come camaleonti sappiamo dare alla nostra parola vari colori» (De vita sua. Carmina, 2,1,11). Anche San Ilario di Poitiers – a ragione considerato l’Atanasio d’Occidente – evidenziò la fedeltà dei laici in contrasto con il tradimento della fede perpetrato dalla maggioranza dei vescovi durante la crisi ariana, arrivando a scrivere nella sua opera Contra Arianos che «le orecchie dei fedeli sono più sante delle labbra dei vescovi» (Contra Arianos, vel Auxentium, 6).

Accade sempre così quando la Chiesa tradisce il mandato conferitole dal suo Fondatore, e non rispetta l’ammonimento ad essere nel mondo ma non del mondo. La Chiesa oggi sembra aver perso la sua “vis atractiva”, limitandosi a ripetere ciò che dice il mondo, e rischia di non avere più nulla di alternativo e affascinante da proporre. Del resto, perché i cristiani dovrebbero frequentare una chiesa per ascoltare le stesse cose che vengono propagandate dai media del mondo?

Troppi. Decisamente troppi i prelati mondani. Per costoro sembrano valere le terribili parole che Santa Brigida sentì da Gesù e riportò nel suo Libro delle Rivelazioni: «Direbbero centinaia di parole per amore del mondo piuttosto che una sola in Mio onore. Lavorerebbero centinaia di volte per il proprio vantaggio che una sola per il Mio» (Libro delle Rivelazioni, libro I, cap. 48).

Ho sempre nutrito una certa ammirazione nei confronti dell’arcivescovo americano Fulton John Sheen, uno di primi e più celebri telepredicatori cattolici, inizialmente via radio e successivamente per televisione. Un vero Pastore, innamorato di Cristo e capace di attirare alla Verità con un fascino magnetico.

Durante un discorso rivolto ai Cavalieri di Colombo nel giugno del 1972, l’arcivescovo Sheen diede questa precisa indicazione: «Chi salverà la nostra Chiesa? Non i nostri vescovi, né i nostri preti e religiosi. Siete voi, il popolo. Voi avete menti, occhi e orecchie per salvare la Chiesa. La vostra missione è badare che i vostri preti si comportino da preti, i vostri vescovi da vescovi e i vostri religiosi da religiosi». Nel 2002 si aprì ufficialmente la causa per la sua beatificazione. Dieci anni dopo, nel giugno del 2012, Benedetto XVI autorizzò la promulgazione del decreto con cui monsignor Fulton John Sheen veniva dichiarato Venerabile. Nel luglio 2019 fu approvato un miracolo avvenuto per intercessione dello stesso Sheen, fatto che aprì la strada alla beatificazione, originariamente programmata per il 21 dicembre 2019 nella cattedrale di Peoria e poi inspiegabilmente rinviata a data da destinarsi, senza un’ufficiale motivazione. Ad oggi, tre anni dopo, la strada per la beatificazione pare ancora sbarrata. E si teme lo sarà ancora per diverso tempo. Fulton John Sheen è evidentemente una voce troppo scomoda per una Chiesa che ammicca al mondo e che piace al mondo.