Dilexi te, Leone XIV pubblica l'ultimo documento di Francesco
Presentata l'Esortazione apostolica sull'amore per i poveri lasciata in eredità dal suo predecessore. Fedele al suo stile papa Prevost mantiene l'impianto voluto da Bergoglio, aggiungendo soltanto alcune riflessioni personali. Il discusso contributo di monsignor Paglia.
Dilexi te è stata presentata il 9 ottobre in conferenza stampa dai cardinali Konrad Krajewski e Michael Czerny. Due nomi non a caso perché, come avevamo anticipato esattamente tre mesi fa, il primo documento del pontificato di Leone XIV è dedicato all'amore verso i poveri. Inizialmente doveva essere un'enciclica, poi alla fine dell'estate la decisione di farne un'esortazione apostolica.
Il Papa americano l'ha firmata pubblicamente lo scorso 4 ottobre in occasione della solennità di San Francesco e così facendo ha ripristinato una tradizione interrotta dal suo predecessore che era solito firmare i documenti in uscita privatamente.
Come avevamo spiegato a luglio, Prevost non ha voluto che la bozza di un lavoro commissionato da Francesco rimanesse nel cassetto e ha scelto di darle la luce. Nasce così Dilexi te che solo formalmente è il primo documento del nuovo pontificato, ma sostanzialmente è invece l'ultimo del pontificato precedente. Nell'esortazione apostolica si ritrovano tanti dei cavalli di battaglia del pensiero bergogliano. Anche da questo emerge l'approccio rispettoso e prudente di Leone XIV che avrebbe potuto non pubblicare questo documento o almeno revisionarlo integralmente, invece ha scelto di lasciare ciò che il suo predecessore aveva approvato e si è limitato ad aggiungere alcune riflessioni personali.
Il testo, non a caso, è contrassegnato da numerose citazioni di Francesco, così come non casuale è la scelta di firmarlo il 4 ottobre, per l'inevitabile omaggio al Poverello d'Assisi che non poteva mancare (come non manca Sant'Agostino). Dicevamo dei cavalli di battaglia di Bergoglio: sì, c'è spazio anche per il richiamo all'accoglienza dei migranti e per quei movimenti popolari tanto cari al Papa latinoamericano ma che non scaldano certamente allo stesso modo il cuore dell'attuale Pontefice. Eppure non li ha sbianchettati, mostrando quella comprensibile riverenza verso un altro Papa che invece Francesco – purtroppo – non mostrò nei confronti di Benedetto XVI quando scelse di abrogare il Summorum Pontificum nonostante l'anziano predecessore fosse ancora in vita.
Forse, dopo dodici anni di un pontificato divisivo per ammissione del diretto interessato, chi legge Dilexi te potrebbe rimanere deluso per i contenuti già ampiamente affrontati. E invece sbaglierebbe perché c'è da apprezzare lo stile e la "normalità" di questo Papa. Uno stile ed una "normalità" di cui anche Francesco fu capace nel giugno del 2013 promulgando l'enciclica Lumen fidei scritta di fatto da Benedetto XVI. Poi qualcosa ben presto cambiò, ma questa è ormai materia per gli storici.
Nella nuova esortazione apostolica troviamo un punto di vista sull'attualità, in particolare sulle nuove forme di povertà che non risparmiano l'Europa un tempo opulenta. Nella critica al materialismo si nota l'impostazione bergogliana che ritroviamo anche nei rimbrotti ai cristiani che «in tante occasioni, si lasciano contagiare da atteggiamenti segnati da ideologie mondane o da orientamenti politici ed economici che portano a ingiuste generalizzazioni e a conclusioni fuorvianti».
In questo ultimo documento di Francesco però non poteva non trovare spazio il manifesto programmatico del nuovo Pontefice: quella dottrina sociale della Chiesa che ha condizionato la scelta del nome. Il magistero di Leone si è caratterizzato per il suo cristocentrismo che condiziona anche le sue riflessioni inserite nell'esortazione apostolica. Il tema dell'amore verso i poveri, d'altra parte, non può che richiamare all'immedesimazione con Cristo e dunque al suo amore per l'umanità.
I più attenti noteranno che Dilexi te ha un "antenato" in Storia della povertà, un libro di monsignor Vincenzo Paglia. Questo porterà inevitabilmente dei mugugni, ma il progetto ormai era troppo in là e lasciarlo impolverare nel cassetto avrebbe significato uno sgarbo nei confronti di Francesco che lo aveva chiesto. Prevost non è il tipo ed ora già pensa alla sua prima enciclica.

