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Decreto Rilancio: i soldi ci sono, manca una strategia

Il testo prevede 55 miliardi a debito, ma manca un vero progetto. Anche l’idea di un provvedimento unico, fatto di 256 articoli, lascia a desiderare: si potevano fare più provvedimenti, uno per settore, così da facilitare la messa a fuoco dei singoli problemi. Arriva dunque un po’ d’ossigeno, senza tuttavia il necessario taglio della burocrazia e l’innovazione.

Economia 15_05_2020

Questa volta le risorse ci sono, 55 miliardi a debito, e Conte si è impegnato a dare a tutti qualcosa, salvo che alle scuole paritarie (su questo la CEI dovrebbe alzare la voce dopo aver accettato tutto sulla Messa).

Però manca drammaticamente una visione, un progetto, una strategia di sviluppo degna di tal nome. Altro che rilancio, altro che futuro! È stata fatta una distribuzione a pioggia di denari inseguendo le richieste delle singole categorie, e questo era forse inevitabile, dando a ciascuno un po’ meno di ciò che chiedevano e che sarebbe necessario. Anche questo era inevitabile. Così facendo però non si è forgiato un vestito nuovo per affrontare il futuro, ma si sono messe delle toppe, molte toppe, e non è detto che tutte tengano.

Anche la forma scelta lascia fortemente a desiderare, un provvedimento unico di 256 articoli per 495 pagine (e chissà quante diverranno dopo l’esame parlamentare), il doppio di una finanziaria, vergato nel solito linguaggio incomprensibile, iperburocratico, frutto dell’assemblamento di pezzi scritti dai singoli ministeri messi insieme alla bell’e meglio. Si poteva e si doveva scegliere un metodo più semplice e chiaro, ad esempio diversi provvedimenti, uno per ogni settore, così da facilitare la messa a fuoco dei singoli problemi e poi la comprensione e l’approfondimento delle soluzioni proposte. In questo modo, soprattutto, si poteva indicare l’obiettivo nuovo che si vuol raggiungere, partendo proprio dall’esigenza di progetto, di innovazione di cui l’Italia intera ha assoluto bisogno. Così invece, per benissimo che vada, si tornerà alla situazione ante-crisi diminuita di quel grande X dovuto al peso delle drastiche misure di distanziamento e sanificazione cui ciascun operatore dovrà provvedere.

Ma non ci sarà un volano, un ‘idea nuova che ‘rilanci’ in avanti; i singoli settori avranno, aggravati, gli stessi problemi di prima, l’Italia continuerà ad arrancare, un po’ più appesantita di prima. Siamo sicuri che sia la strada giusta? Mi domando a cosa siano servite le task force, i consigli dei numerosi esperti dai nomi illustrissimi se poi la legge di Rilancio non ne accoglie uno solo, di questi consigli innovativi. Per fare una legge così bastava un ragioniere - con tutto il rispetto - che contabilizzasse le esigenze di ogni settore e dividesse il totale cercando di dare a ciascuno il suo.

Il governo avrebbe dovuto scegliere la strada dell’innovazione, cogliendo l’occasione della crisi per moltiplicare gli investimenti, per rifare la dinamica delle procedure, per tagliare con l’accetta i vincoli, per abbattere burocrazia e supercontrolli, per attrarre investimenti privati, in modo da dare finalmente dopo anni un impulso vero all’economia e una botta di modernizzazione a tutto il sistema.
Ripeto, il decreto di ieri non merita una bocciatura senza appello, un po’ di ossigeno è stato dato, c’è finalmente l’abbattimento dell’IRAP per tutte le aziende con fatturato fino a 250 milioni (anche se bisognerà andare a risarcire le regioni che di quelle entrate erano le destinatarie). Così come è positiva la cancellazione dei prossimi pagamenti di Imu e Tosap e lo slittamento a settembre dei versamenti IVA e delle ritenute fiscali contributive.

Ma non ci siamo dal punto di vista delle prospettive, e riemergono inascoltate le lamentele di artigiani e imprenditori sulla vessatorietà e le infinite magagne della burocrazia. Ora, di questo punto il governo ha promesso di occuparsi in un prossimo decreto “Semplificazione”. Potrebbe essere una buona idea, ma attenzione! Cascano le braccia a pensare alla nostra burocrazia che riforma sé stessa, o peggio ancora a questo governo iperstatalista e nemico dell’impresa che vara un progetto per semplificare il lavoro di chi lavora.

Si faccia il decreto “Semplificazione”, certo, ma, presidente Mattarella, non si può farlo con un governo Draghi? E se proprio non è possibile non si può farlo almeno scrivere a Colao, il decreto ‘Semplificazione’, senza possibilità di emendamenti di ministri e ministeri? Un decreto Draghi o almeno un decreto Colao ammazza-burocrazia, ammazza-codice degli appalti, ammazza-ipercertificazioni preventive eccetera, eccetera: questo sì potrebbe essere il vero decreto del rilancio.