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LETTERATURA

Curato d'Ars fonte di ispirazione dei letterati del Novecento

La storia del sacerdote francese Gian Maria Vianney di scrittori ne ha ispirati tanti. Il santo Curato d'Ars è la base dei personaggi di Bernanos (Diario di un Curato di Campagna) e di Henri Ghéon, di Jean de La Varende e di Michel de Saint Pierre. Non solo biografie, ma storie di un "ultimo curato di Francia nell'ultimo villaggio di Francia". 

Cultura 04_08_2022
Diario di un curato di campagna

Scrivere, segnare sulla pagina, concetti e idee. Sono parole in sequenza che danno vita a frasi, che nel loro incastro poi diventeranno periodare: una pagina bianca, allora, diviene “storia”. E la storia del sacerdote francese Gian Maria Vianney di scrittori ne ha ispirati tanti: e così, per l’arcana arte letteraria, il confessionale diviene un luogo della letteratura, mentre l’altare di una chiesa scenografia per un dialogo tra personaggi. Quali sono questi personaggi? Un sacerdote e Dio.

Fra le prime pagine che hanno raccontato il sacerdote “semplice” francese vi sono quelle scritte da Georges Bernanos che nei suoi due libri Diario di un Curato di Campagna e Sotto il Sole di Satana ci ha lasciato uno dei più bei profili di Vianney. Su di lui, lo scrittore, plasmerà gli indimenticabili abate Donissan di Sotto il Sole di Satana (1926) e il giovane sacerdote senza nome del Diario di un Curato di Campagna (1936).  Bernanos aveva letto la vita di San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars, e ne era rimasto affascinato. Dalla conoscenza della biografia del santo francese, nasce, Sotto il Sole di Satana, opera prima di Bernanos,  pubblicata nel 1926, in cui la forza della Grazia è più potente di ogni possibilità umana: Dio vince sempre. Secondo il teologo Hans Urs von Balthasar – amico ed ammiratore dello scrittore – pur «nonostante tutte le debolezze resta la sua opera più acuta ed anche la chiave per interpretare le altre». Il plot di questo libro? Semplice: un goffo e rude novizio, impacciato e poco portato per lo studio, tenta con ogni mezzo di diventare sacerdote. A causa delle difficoltà incontrate dal ragazzo nell’apprendimento, i superiori cercano di dissuaderlo dai suoi propositi. Ma Dio ha un progetto sopra questo ragazzo: Donissan, questo il nome del protagonista, diventerà l’inquieto Santo di Lumbres. La sua vita, guidata dalla Grazia, è sconvolta dall’azione distruttrice del demonio. Convinto di dover estirpare con ogni mezzo il Male dalla parrocchia, l’abate Donissan si dedica in maniera febbrile alla sua missione.

«La mia parrocchia è una parrocchia come tutte le altre. Si rassomigliano tutte. Le parrocchie d'oggi, naturalmente. Lo dicevo ieri al curato di Norenfontes: «Il bene e il male debbono equilibrarsi; sennonché, il centro di gravità è collocato in basso, molto in basso. O, se lo preferite, si sovrappongono l'uno all'altro senza mescolarsi, come due liquidi di diversa densità». Questo, l’incipit, del romanzo Diario di un Curato di Campagna, edito nel 1936, che assomiglia molto a un lungo esame di coscienza sulle ragioni di una vocazione e sul senso di una scelta, quella della fede, che mostra tutte le sue difficoltà man mano che emergono le debolezze umane del protagonista; analisi interiore che riecheggia delle Confessioni di Sant'Agostino, il Diario di un Curato di Campagna si nutre di dubbi e di paure, di senso di inadeguatezza rispetto ai compiti di un curato chiamato a guidare una sperduta parrocchia di un’altrettanto sperduta località francese, il piccolo paese di Ambricourt, nel nord della Francia. Da questo capolavoro della letteratura del Novecento, emerge il percorso umano e spirituale di un’anima semplice, determinata ad avvicinare alla fede autentica una comunità chiusa e ostile. Sfilano tra luci e ombre personaggi come il conte e la contessa, la loro figlia Chantal e l’istitutrice, il dottore di paese e l’ex compagno di seminario. L’unica arma contro la diffidenza dei compaesani è la parola del Vangelo portata di casa in casa in sella a una sgangherata bicicletta. Insignito del Grand Prix de l’Académie Française nel 1936 e tradotto in tutto il mondo, il Diario è stato adattato per il cinema da Robert Bresson nell’omonimo film del 1951.

San Giovanni Maria Vianney sarà il protagonista del libro Les jeux de l’enfer et du ciel edito da Flammarion nel 1929 di Henri Ghéon, poeta e drammaturgo francese (il suo vero nome era Henri Vangeon) nato a Bray-sur-Seine, il 15 marzo 1875 e morto a Parigi, il 13 giugno 1944. Nel 1897 incontra André Gide, che diventa suo intimo amico e guida letteraria. Nel 1909 entrambi saranno fra i fondatori della Nouvelle Revue Française. L'avvento della Prima guerra mondiale cambia la sua vita ed in parte anche la sua carriera: reclutato come medico sul fronte belga, Ghéon riscopre la fede cattolica, di cui diventerà un difensore fervente, tanto che – finito il conflitto –  diventerà terziario dell'Ordine domenicano. Le parole di Ghéon ci offrono un medaglione letterario del santo francese, in una prosa favolistica:

«C'era una volta in Francia, nella provincia di Lione un piccolo contadino cristiano che, fin dalla più tenera età amava la solitudine e il buon Dio. E poiché quei signori di Parigi, che avevano fatto la Rivoluzione, impedivano alla gente di pregare il bambino e i suoi genitori, andavano ad ascoltar Messa in fondo a un granaio. I preti allora si nascondevano e, quando li si prendeva, si tagliava loro la testa! Forse proprio per questo che quel piccolo contadino, Jean-Marie Vianney, sognava di diventare prete, Ma, se sapeva pregare, mancava però d'istruzione. Guardava le pecore e lavorava i campi. Entrò troppo tardi in Seminario ed inciampò in tutti gli esami. Ma le vocazioni allora erano rare e alla fine, lo presero comunque. Fu nominato curato d'Ars e ci restò fino alla morte. L'ultimo curato di Francia nell'ultimo villaggio di Francia».

Altra epoca, altro scrittore: Jean de La Varende (Chamblac, 24 maggio 1887 – Parigi, 8 giugno 1959) francese anche lui, autore di romanzi, novelle, biografie e monografie, in particolare sulla Normandia. Nel 1938 riceve il Grand Prix du roman de l'Académie française per il suo libro Il centauro di Dio. Uno dei maggiori novellisti francesi del XX Secolo che tra gli oltre duecento titoli annovera anche Le Curé d’Ars et sa passion edito, alla vigilia del centenario della morte del santo curato, nel 1958. L'autore si è affidato alle importantissime opere storiche del vescovo Francis Trochu e di Padre Alfred Monnin, riconosciuti come biografi ufficiali nella vita del santo sacerdote.

Anche lo scrittore Michel de Saint Pierre viene affascinato dal curato di Ars: Vie prodigieuse du Curé d’Ars, uscita nel 1961 dall’editore Gallimard rappresenta una pietra miliare della letteratura sul santo francese. Michel de Grosourdy de Saint-Pierre (Blois, 12 febbraio 1916 – Saint-Pierre-du-Val, 18 giugno 1987) fu tra i più noti collaboratori del Courrier français (1948-1950). Durante gli anni Cinquanta, collaborò a La Nation française di Pierre Boutang e Michel Vivier. In seno all'edizioni France-Empire, creò e diresse la collana Catholique.

Di un certo valore anche le pagine di Pauvre et Saint Curé d’Ars (edito in Francia nel 1959, tradotto poi in Italia per l’editore Morcelliana nel 1960) di Daniel Pézeril, già cappellano del Centro cattolico degli intellettuali, fondatore della comunità sacerdotale di Saint-Séverin, nominato vescovo ausiliare di Parigi nel 1968.  Questo libro risulta una delle biografie più complete del santo: una biografia spirituale, interiore, che non dimentica però le fonti storiche delle più solide opere precedenti.