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Catania: i sette stupratori erano immigrati "modello"

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Sono egiziani arrivati illegalmente i giovani che hanno violentato una tredicenne sotto gli occhi del fidanzato, malgrado i "buoni riscontri" nella comunità che li ospitava. Il Viminale registra un'escalation delle violenze sessuali da parte di stranieri.

Attualità 06_02_2024 English
Foto: Catania Today

Sono egiziani i sette giovani, tre dei quali minorenni, che il 30 gennaio a Catania, in pieno centro, hanno aggredito una coppia di fidanzatini, lei 13 e lui 17 anni. Due hanno violentato la ragazzina, gli altri hanno immobilizzato il ragazzo e hanno assistito allo stupro costringendo anche lui a guardare.

Tutti sono stati  individuati e arrestati. Erano arrivati in Italia illegalmente negli ultimi tre anni e sono stati inseriti in una comunità alloggio. I responsabili della comunità che li assiste, sconvolti, sostengono che i ragazzi sono «ben inseriti, sereni», in contatto con le famiglie di origine. L’avvocato responsabile della comunità, Angela Pennisi, dice di uno di loro: «Lo definirei una persona dolce, ha partecipato ad attività parrocchiali e di animazione, dando buoni riscontri».

La notizia dello stupro di gruppo è stata ripresa da molti mass media, siti web e blog stranieri. Presumibilmente le famiglie dei ragazzi arrestati sono già state informate dell’accaduto, o lo saranno nelle prossime ore, e dovranno vedersela con parenti e vicini e con l’opinione pubblica del loro Paese. Sarebbe interessante, e utile, conoscere le loro reazioni, sapere come giudicano i loro figli. «In Egitto un simile comportamento non sarebbe mai stato permesso», ha detto la parlamentare europea Annalisa Tardino, intervistata dal sito web USA Breitbart. Ha ragione, ma non del tutto perché in Egitto lo stupro è molto diffuso benché sia punito con pene detentive da 15 a 25 anni e con l’ergastolo se la vittima è stata anche rapita. Per quanto non esistano dati ufficiali sulle violenze sessuali, si stima che ogni anno siano denunciati circa 20mila stupri e che molti di più non lo siano per vergogna e reticenza se le famiglie temono ritorsioni e soprattutto lo stigma sulla vittima, comunque disonorata, e il giudizio negativo sui suoi famigliari, a partire dal capofamiglia di cui si può pensare che non abbia vigilato abbastanza sulla sicurezza e forse anche sul comportamento in pubblico delle proprie donne.   

In questi termini infatti vivono la violenza sessuale subita dalle proprie donne gli egiziani rimasti fedeli, del tutto o in gran parte, alle istituzioni del sistema patriarcale dei loro antenati rafforzato dall’islam, la religione della maggior parte della popolazione, e in effetti – la parlamentare italiana ha ragione – in contesti tradizionali la violenza su una ragazzina, peggio ancora se di gruppo, è impensabile e inaccettabile. Chi ne è responsabile merita e riceve una punizione esemplare, anche la morte. Il sistema patriarcale che per secoli ha governato gli egiziani impone infatti che le donne siano consegnate vergini al marito e alla famiglia di cui faranno parte per il resto della vita. Tanto è importante la loro verginità e il controllo sulla loro sessualità che l’Egitto è uno dei Paesi in cui, benché proibite per legge dal 2008, si continuano a praticare estesamente le mutilazioni genitali femminili, il modo più crudele e deprecabile di controllare la vita sessuale dei giovani e garantire la paternità dei figli. Si ritiene anzi che la forma estrema di mutilazione, l’infibulazione, sia stata istituita proprio in Egitto, all’epoca dei faraoni e per questo è chiamata anche circoncisione faraonica. Secondo le più recenti rilevazioni sette su dieci ragazze egiziane di età compresa tra 15 e 19 anni sono state mutilate e la percentuale sale all’82% nelle donne da 15 a 49 anni, uno dei tassi più alti del mondo. Il fatto che nel 72% dei casi l’intervento risulti essere stato eseguito da professionisti rende meno frequenti complicazioni e il rischio di morte, ma non attenua le conseguenze permanenti delle mutilazioni inflitte.  

Negli ambienti, e sono soprattutto quelli urbani, in cui invece le istituzioni tradizionali perdono seguito, resta il lascito patriarcale delle discriminazioni di cui le donne sono fatte oggetto, l’idea radicata della loro inferiorità sociale e anche morale, della loro sottomissione agli uomini, del diritto maschile, che l’islam approva e protegge, di comandarle e di disporne al punto che non si concepisce, e quindi non è punito, lo stupro coniugale.

L’Egitto, va ricordato, è anche il Paese in cui è nato il taharrush, l’orribile aggressione sessuale di massa contro le donne, in pubblico, premeditata e pianificata, di cui anche l’Europa e l’Italia stessa hanno fatto esperienza negli ultimi anni. Le prime a praticarlo sono state le forze di sicurezza egiziane nel 2005. Se ne sono servite come arma contro le donne che protestavano al Cairo, in piazza Tahir. Poi questo tipo di aggressione si è diffuso ed è stato adottato anche da gruppi di giovani, sempre reso possibile dalla presenza di grandi folle. Il taharrush prevede la formazione di tre cerchi di aggressori. Il primo, più interno, è composto da chi violenta la o le vittime precedentemente isolate che possono subire varie forme di violenza sessuale, palpeggiamenti, percosse, morsi, penetrazioni digitali o di corpi estranei, stupro. Il secondo filma, fotografa e si gode lo spettacolo. Il terzo cerchio distrae la folla circostante con urla e chiasso per non far capire che cosa sta succedendo.
L’obiettivo di questa specifica violenza sessuale è umiliare le donne, punirle per osare mostrarsi, uscire senza uomini apparendo quindi “donne di nessuno”, alla portata di tutti.

In Italia il primo taharrush di cui si è avuta notizia si è verificato a Milano, in piazza del Duomo, la notte di San Silvestro del 2021. Un secondo caso si è avuto a Capodanno del 2022, sempre a Milano. Quanto alle violenze sessuali, individuali e di gruppo, quelle compiute da stranieri sono ormai migliaia ogni anno. Nel 2022, secondo dati forniti dal Dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, si è registrata una propensione al reato di violenza sessuale sei volte superiore rispetto a quella degli italiani tra gli stranieri e di 27 volte superiore tra gli immigrati irregolari. Su 5.231 denunce e arresti, il 62% erano di nazionalità italiana, il 38% era straniero.



SOUAD SBAI

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