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JIHAD

Bruxelles e non solo: due attentati alla settimana

Dall'inizio del 2016, i gruppi armati jihadisti hanno compiuto, in media 2 attentati alla settimana. I riflettori dei media si accendono soltanto quando sono coinvolti cittadini occidentali, come nel caso degli attentati in Costa d'Avorio e Burkina Faso. Ma sarebbe un errore trascurare il fenomeno, perché il terrorismo in Africa è strettamente collegato a quello in Europa.

Esteri 24_03_2016
Vittime dell'attentato a Grand Bassam, Costa d'Avorio

Dall’inizio del 2016 il jihad ha messo a segno in media due attentati alla settimana. Quelli di Bruxelles il 22 marzo sono gli ultimi di una lunga serie.

Solo poche ore prima, la sera del 21 marzo, a Bamako, la capitale del Mali, un commando ha attaccato il Nord-Sud Azalai Hotel che ospita il quartier generale dalla Eutm, la Missione di addestramento militare dell’Unione Europea. La pronta reazione degli agenti di sicurezza ha messo in fuga i jihadisti impedendo loro di entrare. Uno di essi è stato ucciso durante uno scontro a fuoco durato diversi minuti. Sembra che a rivendicare l’azione sia stato Al Qaida nel Maghreb islamico, Aqmi, responsabile di numerosi attentati in Africa Occidentale tra cui, quest’anno, quello del 15 gennaio all’Hotel Splendid e al Cappuccino Café di Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, conclusosi con 30 morti tra i clienti e il personale presi in ostaggio, e quello del 13 marzo alla località balneare Grand Bassam, in Costa d’Avorio, costato la vita a 15 turisti e a tre agenti di polizia. 

Le azioni terroristiche in Burkina Faso e in Costa d’Avorio hanno avuto risonanza internazionale perchè hanno fatto vittime di diverse nazioni. Le altre sono passate quasi inosservate. Ma quattro giorni prima degli attentati di Bruxelles, in Niger il jihad ha colpito ben tre volte in un solo giorno. Il 18 marzo dei miliziani di Aqmi hanno fatto irruzione nel mercato del villaggio di Dolbel al confine con il Burkina Faso. L’intervento della polizia ha impedito una strage, ma tre agenti sono stati uccisi. Nelle stesse ore nei pressi del confine con la Nigeria un soldato è morto e due sono stati feriti nell’attacco a un convoglio militare. Infine quattro donne si sono fatte esplodere a Diffa, vicino al lago Chad, mentre una quinta, una ragazzina, è stata fermata prima di innescare l’esplosivo che indossava. Manca il bilancio delle vittime, ma sia questo attentato sia quello al convoglio militare portano la firma di Boko Haram, il gruppo jihadista fondato nel 2002 in Nigeria e che da circa due anni ha allargato il proprio raggio d’azione agli stati vicini: oltre al Niger, il Camerun e il Ciad. 

L’ultimo attentato realizzato da Boko Haram in Nigeria risale al 16 marzo. Due donne suicide hanno raggiunto una moschea della città di Maiduguri all’alba mentre i fedeli iniziavano le preghiere del mattino. Una si è fatta esplodere per prima dentro l’edificio, l’altra all’esterno, all’uscita dei superstiti in fuga. Le esplosioni hanno ucciso 21 persone e ne hanno ferite almeno 18. Dall’inizio dell’anno l’attentato più grave di Boko Haram in Nigeria è stato quello suicida dell’11 febbraio che ha provocato 56 vittime nel campo profughi di Dikwa dove sono ospitati circa 50.000 sfollati; in Camerun è stato quello del 19 febbraio, nell’estremo nord del paese, compiuto da due donne suicide in un mercato: almeno 19 le vittime.  

Boko Haram, Aqmi e altri gruppi jihadisti combattono in Africa occidentale. In Africa orientale il gruppo jihadista più temibile è al Shabaab, in Somalia, legato ad al Qaida dal 2012. Quest’anno il suo attentato più clamoroso avrebbe potuto provocare l’esplosione in cielo di un aereo passeggeri della compagnia area somala Daallo. Ma la carica di esplosivo che un attentatore suicida aveva portato a bordo ha solo prodotto uno squarcio nella carlinga subito dopo il decollo e fortunatamente il pilota è riuscito a riportare a terra l’aereo. Nei primi due mesi del 2016 al Shabaab è riuscito ad attaccare un ristorante sulla spiaggia e un albergo fortificato e dotato di imponenti misure di sicurezza nella capitale Mogadiscio. Le perdite civili maggiori, 30 morti, le ha causate a Baidoa dove il 28 febbraio una macchina è esplosa all’esterno di un ristorante affollato di persone che guardavano a una partita di calcio e subito dopo un attentatore suicida è saltato in aria in un importante snodo stradale. Ma l’azione più devastante di al Shabaab è stata quella del 15 gennaio a el-Ade, la base del contingente kenyano, parte della missione militare dell’Unione Africa in Somalia. In poche ore i jihadisti hanno ucciso 180 soldati. È il più grave attacco mai realizzato dal gruppo da quando è nato nel 2006.   

Solo considerando quelli più gravi per numero di vittime, dall’inizio del 2016 in Nigeria sono stati compiuti cinque attentati, in Camerun sei, in Niger tre e in Somalia cinque.

È un errore pensare che il jihad combattuto in Africa non abbia a che vedere con gli attacchi e le minacce dell’Isis all’Occidente e alla religione cristiana. Aqmi e i gruppi ad essa alleati mirano a bersagli internazionali, attentano a interessi economici e strategici occidentali. Boko Haram ha giurato fedeltà all’Isis nel marzo del 2015. Non si è trattato di un gesto simbolico. Dalla scorsa estate ha mandato in Libia centinaia di combattenti ben equipaggiati per aiutare l’Isis a consolidare le proprie basi nel paese, punto strategico da cui colpire l’Europa, l’Italia e il Vaticano in particolare. Quanto agli al Shabaab, quando attaccano oltre i confini della Somalia lo fanno per uccidere dei cristiani, individuandoli e separandoli dagli islamici.