Bosnia: lo scontro evitato, dopo le provocazioni musulmane
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Un video diffuso sui social, la reazione di musulmani estremisti che minacciano di andare a pregare pubblicamente a Široki Brijeg, il pronto intervento delle autorità che evitano un potenziale e pericoloso scontro con i croati. Storia di una scintilla da non sottovalutare.

Quando scoppiano conflitti in Bosnia-Erzegovina è buona cosa stare all’erta, poiché ogni scintilla può rapidamente svilupparsi in un devastante incendio, a livello locale e perfino mondiale. Ce lo dice perfino il Cielo, che il 24-25 giugno 1981, esattamente dieci anni prima dello scoppio della guerra nella ex Jugoslavia, non casualmente ha scelto Medjugorje, appunto in Erzegovina, quale luogo di apparizioni di Maria Santissima Regina della Pace.
Nei giorni scorsi, una di queste frequenti scintille ha rischiato di provocare uno scontro tra croati e bosgnacchi musulmani che avrebbe potuto avere conseguenze inimmaginabili, se non fosse stato che, per una volta, le debolissime istituzioni dello Stato hanno agito di comune accordo e per il bene comune, sventando il pericolo.
Il tutto è iniziato con un video, forse girato proprio a scopo di provocazione, che mostrava una donna musulmana vestita di hijab che in un giardino, apparentemente nella cittadina di Široki Brijeg, in Erzegovina, a una trentina di chilometri da Medjugorje, veniva interrotta nella sua preghiera rituale da un uomo in bermuda e maglietta che la invitava ad alzarsi e andarsene.
Nulla di particolarmente grave: l'uomo non ha usato violenza fisica sulla donna, anzi è rimasto a circa un metro da lei; tuttavia questa scena, diffusa sui social network, ha provocato la durissima reazione di alcuni ambienti musulmani estremisti di Sarajevo, tra i quali per violenza di toni si è distinto Sanin Musa, professore di teologia islamica e leader del minuscolo Partito Popolare di Bosnia, il quale ha annunciato per il pomeriggio del 14 agosto la discesa a Široki Brijeg di mille musulmani allo scopo di pregare pubblicamente sul suolo pubblico, quale risposta alla (presunta) mancanza di libertà religiosa per i musulmani in questa cittadina della Regione dell’Erzegovina occidentale, a stragrande maggioranza croata e cattolica, etnia e religione che rappresentano da sempre circa il 99% della popolazione.
Sanin Musa è un estremista islamico e un personaggio estremamente pericoloso in una città, Sarajevo, che dopo la guerra ha perso la sua caratteristica di città aperta e tollerante tipica del periodo jugoslavo, e ha acquisito quasi le caratteristiche di una città del Medio Oriente. Radicalizzatosi dopo la contemporanea uccisione di entrambi i genitori a causa di una granata serba lanciata su Sarajevo il 20 luglio 1993, quando egli aveva diciannove anni, Musa ha frequentato l'Università islamica di Novi Pazar in Serbia (provincia del Sangiaccato, abitata prevalentemente da bosgnacchi musulmani), dove si è laureato e ha insegnato per tre anni. Rappresenta posizioni islamiche radicali; ad esempio, in un post pubblicato sui social network ha affermato che «il fatto che si ascoltino atei, neocomunisti e nostalgici della Jugoslavia ha fatto sorgere la necessità che ora i musulmani prendano questo Stato nelle proprie mani ... e impongano regole delle quali Allah sia soddisfatto».
A rendere ancora più esplosiva la situazione ci ha pensato il tiktoker bosgnacco Amuer Hasanagić, un altro strano personaggio che sul web rappresenta posizioni filorusse e violentemente anticroate, il quale, in un post su Tiktok, invitava i partecipanti alla marcia su Široki Brijeg a portare con sé armi per difendere gli uomini che avrebbero pregato in quello che egli definiva “covo ustascia”.
La reazione delle autorità di polizia, sia croate di Široki Brijeg, sia centrali di Sarajevo, non si è fatta attendere. La polizia della Regione dell'Erzegovina occidentale dichiarava che il fatto registrato nel video non era stato denunciato, e quindi poteva perfino non riferirsi alla cittadina, e riconoscendo la natura politica e provocatoria dell'annunciata “Marcia su Široki Brijeg“ di Musa, vietava la manifestazione, che sarebbe dovuta avvenire contemporaneamente alla tradizionale processione della vigilia della solennità dell'Assunzione.
Musa non si dava per vinto, e annunciava che la “preghiera collettiva“ musulmana si sarebbe tenuta lo stesso nonostante il divieto. Base di partenza sarebbe stata la moschea di Jablanica, cittadina dell'Erzegovina tra Sarajevo e Mostar, dove Musa avrebbe tenuto una conferenza stampa prima di partire con i suoi seguaci per Široki Brijeg. A questo punto interveniva la Polizia di Sarajevo, che già nei giorni precedenti aveva invitato Musa a desistere dal suo proposito; e, trattenendo Musa a Sarajevo per un interrogatorio poco prima della sua partenza per l'Erzegovina, gli impediva di attuare i suoi piani. Tra l'altro, i seguaci che, in attesa dell'arrivo di Musa, si erano riuniti dinanzi alla moschea di Jablanica, erano solamente sette (quindi certo non “mille“) e venivano allontanati dalla moschea dall'imam locale, Jasmin Hujdur, il quale dichiarava la sua netta opposizione ai propositi di Musa.
Sebbene l’iniziativa di Musa sia stata condannata anche dalle massime autorità islamiche della Bosnia-Erzegovina e abbia rappresentato un fallimento sotto tutti i punti di vista, si è davvero rischiato un pericolosissimo scontro, giacché molti croati erano già sulle strade di accesso a Široki Brijeg pronti ad accogliere i seguaci di Musa e “fare loro la festa”, con il rischio che in seguito vi fossero vendette senza fine tra le parti in conflitto. Tra l’altro, pur essendo una cittadina e una regione abitata quasi totalmente da croati e cattolici, Široki Brijeg è una delle aree più sviluppate economicamente nell’intero Paese, e ogni giorno vi si recano imprenditori, commercianti e uomini d’affari di ogni etnia e religione, e se si escludono gli incidenti provocati dagli Škripari, gli ultras della locale squadra di calcio, non vi è mai stato il benché minimo incidente interetnico o interreligioso.
Tra i croati rimane il forte timore che la provocazione di Musa possa fare scuola, magari organizzata meglio o sotto la guida di un estremista religioso islamico con un maggiore seguito; e considerata la natura della preghiera islamica, che fa diventare “terra islamica” ogni luogo dove prega un musulmano, si teme che questo possa diventare un metodo di occupazione di terre a maggioranza croata e cattolica in Bosnia e in Erzegovina, e che presto si possano trovare musulmani in preghiera pubblica a Grude, Čitluk e, in particolare, Medjugorje. Questo timore viene alimentato dalla provocazione del profilo Facebook bosgnacco-musulmano “Bošnjaci“ che nei giorni scorsi ha pubblicato un post, poi cancellato, con una fotografia taroccata della statua della Madonna di Medjugorje dinanzi alla chiesa parrocchiale in postura di “adorazione islamica”, accompagnata dal testo «anche la gospa (minuscolo come nell’originale, nda) si è messa in adorazione per dire grazie ad Allah».