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intervista / mons. mocerino

Bartolo Longo, lo spiritista salvato dalla Vergine Maria

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Domani sarà canonizzato da Leone XIV, ma prima di diventare ardente apostolo del Rosario aveva voltato le spalle alla fede. Una straordinaria vicenda ripercorsa dal rettore del santuario di Pompei intervistato su La Bussola Mensile di ottobre, di cui pubblichiamo alcuni estratti.

Ecclesia 18_10_2025

Il 19 ottobre papa Leone XIV proclamerà santo Bartolo Longo, il fondatore della Nuova Pompei. Avvocato, grande convertito e uomo di Dio, ha coniugato fervente spirito di preghiera e carità operosa verso gli ultimi. Per approfondire la figura di questo instancabile apostolo del Rosario e insigne testimone dell’amore di Cristo abbiamo intervistato monsignor Pasquale Mocerino, rettore del Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario di Pompei e vicepostulatore della causa di canonizzazione.

Da Latiano in provincia di Brindisi – dove nasce il 10 febbraio 1841 – Bartolo Longo giunge a Napoli per studiare giurisprudenza. Lì però si avvicina anche allo spiritismo e abbandona la fede cattolica. Quali incontri sono decisivi per la sua conversione?
La conversione di Longo ci fa comprendere come non ci si salvi mai da soli e come non ci sia errore che impedisca il perdono di Dio, la cui misericordia è così infinita da non essere pensabile per la mente umana. Bartolo Longo non nasce santo. Negli anni universitari a Napoli si perde dietro le correnti spiritiste diffuse nell’Ottocento, abbandonando la fede nella quale era stato educato. È sempre così: siamo noi ad allontanarci dalla grazia di Dio, non è mai Lui ad allontanarsi da noi. La sua conversione nasce innanzitutto dal profondo malessere che la lontananza da Dio genera nel cuore. Tale dissidio interiore lo prepara alla conversione, gli fa sentire l’urgenza di cambiare vita. Dio gli pone sulla strada alcune figure che risultano decisive per la sua conversione: il professore Vincenzo Pepe, il domenicano Alberto Radente, la nobildonna e oggi santa Caterina Volpicelli, la contessa Marianna Farnararo, che poi diventerà sua moglie. Saranno loro a riportare Longo sulla via del bene in una conversione totale e definitiva: sin dal primo arrivo a Pompei, Bartolo Longo si sente chiamato alla missione di evangelizzare propagando il Santo Rosario. Da allora si dedica, anima e corpo, al cammino di fede e carità.

A Pompei l’Avvocato trova una valle «sconsolata». Grazie alla sua straordinaria opera sorge la Nuova Pompei, «trionfo di fede e di carità. È la luce che prorompe dal Cuore di Dio, è il caldo amore che infiamma il cuore dell’uomo. Carità senza fede sarebbe la suprema delle menzogne. Fede senza carità sarebbe la suprema delle incongruenze; Valle di Pompei le ha riunite in un magnifico equilibrio; due ali congiunte a un solo e medesimo volo», scrive nel 1925 sulla rivista Il Rosario e la Nuova Pompei da lui stesso fondata e ancora oggi esistente. Qual è il legame del santo con la città?
Longo, insieme alla contessa Marianna Farnararo, è il fondatore della Nuova Pompei. Intorno al Santuario, la cui prima pietra fu posta l’8 maggio 1876, sorge una Città costituita come comune autonomo nel 1928. Potremmo definirlo un “miracolo civile”. Quando nell’ottobre 1872 giunge in questa terra trova una valle abitata da circa duemila contadini vessati da un lato dalla malaria, dall’altro dai briganti. Dal suo arrivo cambia ogni cosa. Nel tempo Longo non solo fa erigere il Santuario, ma anche gli istituti per l’accoglienza degli orfani e dei figli dei detenuti, l’ufficio postale e telegrafico, la via Sacra, le case operaie, la stazione ferroviaria, la fontana pubblica. Ha insomma un indiscutibile ruolo sociale e civile: la santità non è mai disincarnata. Come Gesù, i Santi vivono tra gli uomini e con gli uomini: guardano sì al Cielo, ma anche alla concretezza dell’esistenza e la loro vita genera conseguenze positive per tutta la comunità. Vengono in mente le parole di Gesù: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,29). Bartolo Longo riceve qui sulla terra cento volte in più di quanto abbia dato e dona a tutti noi tutto quello che ha ricevuto».

«Se propaghi il Rosario, sarai salvo!», ode nella desolata Valle di Pompei al suono delle campane nel 1872. Quali azioni concrete Longo mette subito in atto per assecondarla?
Intanto prega e ci insegna a pregare. È senza dubbio decisivo l’arrivo del Quadro della Madonna del Rosario a Pompei. Quella Tela logora giunge nella Valle il 13 novembre 1875, 150 anni fa. Presto celebreremo anche quest’importante anniversario. Bartolo Longo ha avuto quel Quadro a Napoli, al Convento del Rosariello. La Tela era troppo ingombrante per essere trasportata in treno, per cui il giovane avvocato non trova nessun mezzo migliore di un carro. Scoprirà poi che, insieme al Quadro, trasportava letame per concimare le terre della Valle di Pompei. Sin da subito quell’Immagine si rivela prodigiosa e attrae i cuori e le menti di un numero sempre crescente di fedeli. La devozione si diffonde, anche per questo, in maniera profonda e rapida in tutto il mondo. Peraltro Longo utilizza tutta la propria creatività per far arrivare la Buona Novella innanzitutto ai contadini: organizza missioni popolari annuali, durante le quali si predicava e si vivevano anche momenti di festa; istituisce la Confraternita del Rosario; dedica particolare attenzione alla catechesi. È un anticipatore dei tempi anche in queste iniziative di evangelizzazione. 

(...) Nel 1887 Longo inaugura l’Orfanatrofio Femminile. Fonda poi gli Istituti per i Figli e le Figlie dei Carcerati, che alludono alla sua carità lungimirante. Ci racconta qualche aneddoto che ritiene più significativo legato alle sue opere sociali?
La santità di un uomo ha evidenti ricadute anche sulla società e contribuisce al suo benessere. Le storie di redenzione, legate alle Opere di carità, sono tante. Ne ricordo una: il primo ragazzo a essere accolto nell’Istituto per i figli dei carcerati è Domenico Pullano, figlio di Rosario, un assassino condannato al carcere che, tra l’altro, viene convinto proprio da Longo a costituirsi. Quell’adolescente crebbe nell’Istituto pompeiano fino a maturare la vocazione al sacerdozio e a diventare presbitero. Con lui anche il padre, preso dal rimorso per le sue colpe, cambiò, pagando fino all’ultimo la pena per il reato commesso. È una storia di redenzione, anche sociale. Don Domenico Pullano accompagnò sulla via del bene tante persone mentre anche il suo papà Rosario, un assassino che tutti consideravano un reietto, passò il resto della sua vita a fare del bene.

(...) Infine, in quali aspetti peculiari della sua santità ritiene risieda l’attualità del suo carisma e della sua spiritualità?
Bartolo Longo è un laico che ha vissuto la santità nell’ordinario e la sua figura ci è d’insegnamento: tutti possiamo diventare santi. Egli è santo perché ha amato i poveri e s’è preso cura, ogni giorno, dei minori abbandonati, dei figli dei carcerati, delle orfanelle. È santo perché ha diffuso il Santo Rosario, ha testimoniato la fede, sì è reso strumento della carità, ha seminato nel mondo la speranza. Ed è un santo modernissimo perché “tutto” radicato nel Vangelo.


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