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IL CASO

Bahareh, l’ex Miss Iran perseguitata dal regime khomeinista

L’Iran sta intensificando la caccia ai numerosi connazionali dissidenti sparsi per il mondo, tra cui Bahareh Zare Bahari. Su di lei, bloccata da due settimane all’aeroporto di Manila, pende un inspiegabile mandato di cattura dell’Interpol, emesso su richiesta di Teheran. Da perseguitata, Bahareh potrebbe essere accolta in Italia come rifugiata. Il governo giallorosso si muoverà?

Attualità 31_10_2019

Il regime khomeinista iraniano sta intensificando la caccia ai numerosi dissidenti sparsi ovunque nel mondo. La cronaca più recente ci racconta del quarantaseienne Ruhollah Zam, catturato qualche settimana fa in un luogo (ancora sconosciuto) fuori dalla Francia, dove sembra sia stato attirato con l’inganno da una Mata Hari inviata dall’intelligence di Teheran. A Parigi si era rifugiato 12 anni fa e lì si sarebbe macchiato di attività “contro-rivoluzionarie”, come lo stesso Zam è stato costretto ad ammettere di fronte a una telecamera in una video-confessione estortagli dagli aguzzini delle Guardie della rivoluzione islamista (e non è difficile immaginare con quali mezzi).

Un’altra dissidente che il regime khomeinista potrebbe essere sul punto di acciuffare è l’ex Miss Iran, Bahareh Zare Bahari, da due settimane bloccata all’aeroporto di Manila, nelle Filippine, di ritorno da Dubai, a causa di un mandato di cattura emanato dall’Interpol, su richiesta delle autorità iraniane, per aver commesso “crimini contro lo Stato”. Tradotto, Bahareh è una sostenitrice della battaglia delle donne iraniane contro l’obbligo del velo, una vera ossessione per la guida suprema Ali Khamenei. Inoltre, Bahareh ha compiuto un gesto imperdonabile per i custodi dello spirito della rivoluzione islamista: sfilare nel concorso di Miss Universo con la bandiera iraniana risalente ai tempi dello scià, in segno di sfida al regime khomeinista, definito apertamente come tirannico e corrotto.

Così, se le Filippine concederanno l’estradizione, Bahareh, che a Manila vive da sei anni, subirà la stessa sorte di Nasrin Sotoudeh e delle tante oppositrici che combattono per i diritti delle donne iraniane nonostante la repressione sempre più feroce voluta da Khamenei: il carcere duro, con privazioni e maltrattamenti fino alla tortura.

Mentre spera nel senso di responsabilità del governo filippino per la risoluzione del caso, Bahareh non si perde d'animo e continua la sua campagna dall’aeroporto attraverso i social media, Twitter in particolare (@Bahar_Bahari), con il sostegno di numerosi attivisti, che hanno lanciato l’hashtag #SaveBaharBahari.

A lasciare di stucco è il fatto che l’Interpol abbia avallato la richiesta avanzata da Teheran di emettere il mandato di cattura nei confronti di Bahareh, trattata come fosse una criminale internazionale e non come una donna che necessita di protezione perché perseguitata politicamente. Perseguitata dal regime khomeinista Bahareh lo è davvero e pertanto ha tutti requisiti per poter essere accolta in Italia come rifugiata. Perché allora il governo giallorosso del premier Conte, che si picca del suo elevato tasso di umanità, non s’interessa delle sorti di Bahareh, concedendole asilo politico in Italia?

Il gesto darebbe prova dell’autenticità delle motivazioni eque e solidali che animano la maggioranza dell’attuale esecutivo, dimostrando al contempo che l’arma più efficace per contrastare il regime khomeinista è la difesa dei diritti umani, che in Iran vengono violati sistematicamente soprattutto a danno delle donne. Salviamo Bahareh e diamo un forte segnale alla comunità internazionale, affinché la protezione e la salvaguardia dei veri diritti umani diventino un principio non negoziabile.