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IL CASO

Arrivano i catto-gay: li guida Avvenire

Interviste a vescovi che chiedono di riconoscere le unioni omosessuali e di cambiare il Catechismo; sostegno aperto allo scrittore che chiede un cambiamento della pastorale che accetti l'omosessualità, spazio ai teologi pro-gender e alla filosofa Michela Marzano, sostenitrice dei matrimoni gay e della legge sull'omofobia. Il quotidiano della CEI diventa sempre più esplicito nella sua agenda, che pure viene da molto lontano.

Famiglia 16_03_2016
Avvenire

«E la Chiesa si rinnova per la nuova società…», cantava Giorgio Gaber già all’inizio degli anni ’70, ironizzando sui tentativi di adeguamento alla modernità. Ma oggi la smania di adeguarsi alla cultura dominante è diventata un fiume in piena e anche da pulpiti insospettabili si reclama ormai a gran voce il cambiamento della dottrina. Il caso più recente è l’atteggiamento davanti all’omosessualità e alle unioni fra persone dello stesso sesso, ed è il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), Avvenire, a promuoverla in modo sempre più esplicito. 

Ne è un esempio eclatante l’intervista apparsa con grande rilievo il 9 marzo al vescovo di Orano (Algeria), Jean Paul Vesco, il quale con la modestia tipica degli ecclesiastici al passo con i tempi, propone tra l’altro anche il cambiamento del Catechismo. Nell’intervista monsignor Vesco sostiene nell’ordine: la Chiesa deve accogliere senza pretendere di dire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato (dire che un comportamento è male significa escludere); quello omosessuale è un amore autentico per cui sbaglia il Catechismo a parlare di “disordine oggettivo”; sì alle adozioni per coppie gay, ma non all’utero in affitto; anche l’unione tra omosessuali è indissolubile (ma per Vesco una persona può vivere più unioni indissolubili); l’astinenza sessuale non può essere un modello.

Come catalogare questa intervista? Una svista? Un incidente di percorso? Niente affatto. È solo l’ultima tappa – la più sconvolgente – di un lungo percorso iniziato molto tempo fa ma che dal doppio Sinodo sulla Famiglia in poi è diventato sempre più esplicito ed ha subito anche una forte accelerazione. La stessa pagina del 9 marzo ne è una prova. L’intervista a Vesco è infatti a corredo di un servizio su un convegno promosso dall’Istituto Giovanni Paolo II sulla Famiglia che aveva a tema la cura pastorale per le persone con tendenze omosessuali. Il convegno aveva un indirizzo assolutamente fedele al Magistero della Chiesa, ma dal servizio di Avvenire si ricava invece l’impressione della ricerca di una pastorale in linea non tanto con l’accoglienza per le persone quanto per l’omosessualità tout court. Tanto è vero che ci si rammarica dell’occasione persa al Sinodo sulla Famiglia (e chissa perché bisognava affrontare il tema omosessualità nel Sinodo dedicato alla famiglia?). L’intervista a Vesco, che con il convegno non c’entrava nulla, completa l’opera.

Ma anche il nome di Vesco non è casuale: già durante il Sinodo era stato ampiamente lodato da Avvenire per aver pubblicato il libro “Ogni amore vero è indissolubile” (Queriniana), ossia il tentativo di giustificare teologicamente l’accesso alla comunione per i divorziati risposati.

Come si diceva, però, quella del 9 marzo è solo l’ultima tappa. Aveva ad esempio destato una certa sorpresa un’intera pagina di Cultura dedicata lo scorso 15 settembre al libro di un magistrato omosessuale e credente, Eduardo Savarese, dal titolo inequivocabile: Lettera di un omosessuale alla Chiesa di Roma. Il contenuto è ovviamente esposto in modo problematico, ma l’obiettivo è evidente: «Perché un omosessuale cattolico deve essere costretto a scegliere tra l’amore e la religione?», ci chiede partecipe Avvenire. Ed ecco puntuale l’esame di coscienza: «Occorre ammetterlo – dice il quotidiano della CEI -, nella Chiesa troppo spesso si è preferito non vedere, non discutere, non affrontare il problema». 

Affermazione davvero sorprendente quest’ultima: perché da San Paolo in poi molte volte la Chiesa si è interessata ed ha preso posizione sul tema. E non solo per condannare i comportamenti omosessuali: bisognerà almeno ricordare in tempi recenti il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede “Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali”, del 1° ottobre 1986. Avvenire in realtà intende un’altra cosa: della questione omosessuale nella Chiesa non se ne è mai parlato in termini di accettazione del comportamento, che è esattamente ciò che si vuole perseguire ora. E infatti chi interpella per un parere sul libro di Savarese? Il teologo morale don Aristide Fumagalli, insegnante presso il Seminario diocesano ambrosiano di Venegono, autore di numerosi volumi sul tema della sessualità ma soprattutto noto per le sue posizioni pro-gender. Il titolo al suo intervento è chiaro: “È ora di parlarne”, ovviamente nel senso di considerare naturale l’omosessualità.

Non meno sorprendente il forum su amore e gender pubblicato il 6 febbraio: a confrontarsi Chiara Atzori, impegnata da anni in un cammino di aiuto a persone con tendenze omosessuali, autrice di “Gendercrazia, nuova utopia” (SugarCo); e Michela Marzano, docente di filosofia e deputato PD, grande sostenitrice del diritto all’aborto nonché del matrimonio gay e della legge sull’omofobia. Atzori e Marzano per Avvenire pari sono, una opinione vale l’altra. Poco importa se Chiara Atzori difenda la realtà dell’uomo e i princìpi dell’antropologia cristiana mentre la Marzano rappresenta ai massimi livelli l’attacco al progetto creatore di Dio e quindi all’uomo, che papa Benedetto XVI aveva definito come la principale sfida che la Chiesa ha oggi davanti (discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2012). Quel che conta per Avvenire è far circolare idee “nuove”, per cambiare passo dopo passo la mentalità dei cattolici sul tema. 

A far comprendere che si tratta di un’operazione “culturale” non casuale sta anche la firma di tutti questi articoli e interviste, ovvero Luciano Moia, firma di punta del quotidiano della CEI, esperto di famiglia e responsabile fin dalle origini del mensile allegato ad Avvenire “Noi Genitori e Figli”, ora diventato “Noi Famiglia & Vita”. Proprio in occasione del lancio in gennaio del nuovo mensile, avevamo notato un cambiamento culturale significativo laddove nell’articolo di presentazione si afferma: «La vita può nascere – in senso biologico, personale e spirituale – solo in una famiglia formata da una donna e da un uomo, meglio se uniti in matrimonio, meglio ancora se quell’unione matrimoniale rientra in un progetto di fede fondato sui valori del Vangelo». Vale a dire che per Avvenire il concetto di famiglia è già stato esteso alla convivenza, ora attendiamo con pazienza il giorno in cui per il quotidiano della CEI saranno famiglia anche le unioni gay.