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Risorgimento

Alianello, l’autore che demitizzò Garibaldi

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Carlo Alianello fu autore di varie opere sull’epoca risorgimentale tra cui La conquista del Sud. Opere che danno una versione ben differente da quella dominante su quella fase storica.

Cultura 29_07_2025

Può davvero uno scrittore cambiarti la vita? Lo dicono in tanti e ho sempre pensato a snobberie di intellettuali. Sì, lo so che ci sono ragazzini a cui qualcosa visto su TikTok ha fatto lo stesso effetto, poveretti. Ma un testimone certo e comprovato ce l’ho: io. Ero studente universitario quando i professori mi misero in mano i “sacri testi marxisti”. Poi un amico mi passò La conquista del Sud di Carlo Alianello (1901-1981). Per fortuna, i professori uno non li sceglie, gli amici sì. Quella lettura fu una folgorazione, e il primo sassolino di una valanga che ha prodotto il vecchio apologeta di lungo corso che sono oggi.

In seguito lessi tutta la produzione di quello stranissimo autore, insegnante, sceneggiatore, vincitore – lui, cattolico e reazionario! – di premi Bagutta e Campiello, le cui opere erano diventate i primissimi sceneggiati televisivi a puntate della Rai, il creativo che i migliori registi cinematografici del neorealismo italiano si contendevano. Mi mancavano le opere minori, quelle Novelle borboniche e il romanzo Il mago deluso (prefazione di Franco Cardini) che l’editore Il Cerchio stampò e che non hanno niente da invidiare a un Pirandello o a un Verga. Con la differenza che in Alianello spira un sottile umorismo ottimista perché credente, mentre in quegli altri due c’è solo tragica disperazione.

Ora, qui non c’è spazio per una dettagliata recensione, perciò darò contezza della Novella che mi ha fatto scompisciare di più dalle risate, quella che parla del mio personaggio storico preferito (tanto, che me lo fumo ogni giorno in formato «toscano»), Garibaldi. C’è un luogo in Italia, anche solo una frazione, senza un monumento, una via, una piazza, un corso, un viale, una lapide che non ricordi dove l’Eroe sbarcò, soggiornò, dormì, arringò, pranzò eccetera? Ebbene, l’Alianello, che da piccolo stava all’isola della Maddalena (suo padre era un militare), spesso visitava, sempre da piccolo, la vicina Caprera. E si meravigliava che il monumento funebre al cavallo di Garibaldi fosse più sontuoso di quello di Lui: «Una bella tomba, tutta in marmo, mentre per lui, per l’Eroe, non c’era che un brutto sasso bigio». Modestia? In verità, da buon massone, avrebbe voluto essere cremato. «Garibaldi, a modo suo, era religioso, adorava l’Umanità, la Patria, la Natura e altre cose. Solo Dio gli era ostico. Intendiamoci, non il Dio dei liberi pensatori, l’Architetto dell’Universo dei massoni o il Dio degli ebrei e dei protestanti, era il Dio dei cattolici che non gli si confaceva». Eppure, a Palermo presenziò alla solenne cerimonia in onore di santa Rosalia. A Napoli «baciò devotamente l’ampolla dove si discioglie il sangue di San Gennaro». Mentre passava in carrozza davanti alla chiesa del Carmine scordò di scappellarsi e la folla, fin lì festante, ammutolì ostilmente. Con lui sedeva il capo camorrista che «gli sussurrò: - Don Pè, cavateve a coppola, ca’ sinnò ccà abbuscammo! - E obbedientissimo, Garibaldi si tolse il cappellaccio gaucho avanti la maestà della “Mamma ‘ro Carmene”».

Alianello analizza anche la fortuna bellica dell’Eroe, che qualche spirito alato indubitabilmente proteggeva. E descrive tutte le volte che rimase prodigiosamente indenne mentre attorno a lui gli altri morivano. Una fucilata al collo in Sudamerica. Una carica di dragoni che lo scavalcò, ma dopo il passaggio delle centinaia di cavalli si rialzò senza un graffio. La sua carrozza che, persasi, finì diritta in bocca alla fanteria borbonica: scariche di fucileria, tutti morti, anche i cavalli, e lui no; anzi, riuscì a scappare illeso. E così via. La stessa certezza di invulnerabilità, però, la pretendeva anche dai suoi: «Spesse volte tirò su un garibaldino, che ripiegava durante un assalto, lui stesso».

Alianello, che mai esitò a dir chiaro come la pensava («si vede che io sono nato proprio reazionario»), non manca di ricordare che Garibaldi «favorì i proprietari terrieri perché liberali a detrimento delle plebi, che il Borbone teneva care». Ma spiega la psicologia («adolescenziale») di chi ragiona per slogan, di quelli per cui c’è solo il bianco e il nero, i buoni e i cattivi. E i buoni sono, naturalmente, quelli della sua fazione. Garibaldi aveva sinceramente sempre obbedito all’ideologia che serviva. «Ma anche aveva obbedito ad un disegno di Dio», seppur un disegno permissivo, «e anche di questo non se n’era accorto». Perfido Alianello.