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RETTIFICA

Agim Sulaj non partecipa al concorso iraniano contro Israele. Stavolta...

Sul vostro quotidiano è stato pubblicato a firma Luigi Santambrogio l’articolo dal titolo: “Vignettisti italiani anti shoah per far ridere gli imam”, dove il mio cliente, l'artista Agim Sulaj, viene nominato tra i concorrenti.

Agim Sulaj

Sul vostro quotidiano è stato pubblicato a firma Luigi Santambrogio l’articolo dal titolo: “Vignettisti italiani anti shoah per far ridere gli imam”, dove il mio cliente viene nominato tra i concorrenti. L’articolista, utilizzando toni sarcastici, non risparmia agli asseriti partecipanti italiani al concorso, tra i quali il mio cliente, commenti sprezzanti e fortemente accusatori arrivando a definirli "grafo nazi" e "naziskin della matita e filo islamici". La partecipazione del signor Agim Sulaj a simile concorso non corrisponde a verità (…) Il signor Sulaj scrisse al vostro giornale per negare di aver mai spedito opere proprie in Iran né fatto alcuna vignetta o disegno contro Israele. La risposta è attesa ancora oggi e nessuna rettifica è stata pubblicata.

avvocato Alida Manfedi

Fossano, maggio 2015

 

Volentieri prendo atto che il signor Agim Sulaj non partecipa al Festival delle vignette anti Israele a Teheran come da noi pubblicato. Tralascio il resto delle considerazioni dell'avvocato altrettanto “accusatorie” nei miei confronti, facendo notare che la citazione del signor Sulaj nell’intero articolo occupa lo spazio di una sola riga. L'equivoco può essere nato dal fatto che il signor Sulaj ha preso parte a diverse iniziative promosse da Teheran, tanto per citarne alcune: membro della giuria del Festival Visual Arts (2014) membro della giuria del "World Peace" (2012), membro della giuria del cartoon contest Anti Terrorism (2011), secondo premio alla Biennale internazionale di cartoon "Resistere" di Tabriz (Iran) altri ancora svoltosi in Iran.Tutte queste partecipazioni sono in bella evidenza sul sito dell'artista (www.agimsulaj.com/CV.shtml). Per dare un'idea di che si parlava in queste pacifiche manifestazioni (ad esempio, il contest sull'antiterrorismo nel mondo), mi basta citare qualche frase di presentazione del direttore della manifestazione: "...governi come quello degli Stati Uniti sono sempre stati il pioniere del terrore e hanno portato paura e orrore nel mondo, simbolo esatto del terrorismo, come dimostrano gli attacchi all’Iraq e all’Afghanistan che hanno ucciso e ferito un sacco di persone innocenti. Oppure come il regime sionista che sta uccidendo e opprimendo i palestinesi, controlla la stampa e cercano di mostrare i musulmani come terroristi e ingannando l’opinione pubblica del mondo”.  Inutile precisare che le vignette presentate in questo concorso sono tutte a senso unico, rappresentano cioè terroristi e kamikaze sulla cui divisa spuntano le bandiere di Stati Uniti e di Israele. Essendo a Teheran, immagino, saranno state ritenute inammissibili quelle con qualche riferimento al terrorismo islamico. Sarebbe comunque interessante sapere quale vignetta il giurato Sulaj ha ritenuta degna di premio. Insomma, è piuttosto chiaro da dove vengono i riconoscimenti al nostro artista: non certo da gente amica di Usa e Israele. Del resto, che lui la pensi in un certo modo, lo si desume anche dal fatto che il sito in questione è direttamente raggiungibile da quello di Sulaj (www.agimsulaj.com/PDF/ketab01.pdf). Ciascuno è libero di avere le sue opinioni, ma non di fare l'offeso quando qualcuno gliele ricorda. Inoltre, chiarisco che il commento ritenuto offensivo non era certo diretto solo alla sua persona, ma, come specificavo nell’articolo, ai partecipanti i cui nomi venivano riportati qualche giorno prima dal quotidiano il Foglio e dal Corriere della Sera. Citavo, dunque, la fonte del mio commento, e non mi pare che i due quotidiani possano essere considerati a priori poco attendibili. E poi, ripeto, con quei precedenti la cosa non sembrava affatto strana. Comunque non ho alcun problema a far mia la precisazione del signor Agim Sulaj che nega ogni partecipazione, questa volta, al concorso di Teheran. Ma solo questa volta. 

Luigi Santambrogio