Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Pentecoste a cura di Ermes Dovico

GUERRA AL TERRORISMO

Afghanistan, il mese della svolta

Si ritirano le truppe Usa, che hanno un nuovo comandante, e i poteri passano alle forze afghane in sette province:
è un luglio decisivo.

Attualità 19_07_2011
afghanistan ritiro usa

La metà di luglio di quest'anno verrà probabilmente ricordata come la data della svolta nel conflitto afghano, anche se è presto per dire se sarà una svolta positiva o meno. Nel giro di pochi giorni ha preso il via il ritiro delle truppe statunitensi, la transizione delle prime sette aree del territorio afghano sotto la responsabilità diretta delle truppe afghane e il generale David Petraeus ha ceduto dopo un anno il comando delle forze alleate a Kabul per assumere la direzione della CIA. I tre eventi sono di grande rilievo ma non privi di incognite.


I militari statunitensi che lasceranno l'Afghanistan in luglio sono 800, che saliranno a 10 mila entro la fine dell'anno e a 33 mila entro il luglio 2012. Dopo tale data gli statunitensi schiereranno comunque 69 mila soldati nel Paese asiatico mentre gli altri contingenti scenderanno dagli attuali 42 mila effettiva a circa 35 mila. In totale tra un anno i militari alleati scenderanno da 150 mila a 110 mila circa, una riduzione il cui impatto dipenderà molto dalle tenuta delle truppe di Kabul oggi meglio addestrate ed equipaggiate che in passato e che hanno già dimostrato di saper condurre in autonomia operazioni limitate.


Forze che verranno presto messe alla prova con l'assunzione della piena responsabilità in tre province e quattro distretti afghani alcuni dei quali includono importanti città. Ieri è stata la volta di Bamyan, prima provincia afghana ad essere controllata ufficialmente dalle forze locali. Si tratta di un'area tranquilla, resa celebre dalla distruzione effettuata dai talebani di due statue di Buddha, nella quale anche il presidio alleato è limitato a 250 militari neozelandesi e 30 malesi con compiti di ricostruzione civile. Queste forze resteranno comunque presenti, almeno per ora. Nelle prossime settimane la transizione coinvolgerà la provincia di Kabul dove è schierata l'élite delle truppe afghane e la provincia settentrionale del Panjshir che né i sovietici né i talebani riuscirono mai a strappare al Comandante Massud.


Anche la città di Herat, nell'Ovest affidato alle truppe italiane passerà presto sotto il controllo afghano insieme a capoluoghi quali Laskar Gah (nella "calda" provincia di Hetlmand), Mazar-i-Sharif (provincia settentrionale di Balkh) e Mehtarlam, nella provincia orientale di Laghman.
Aree dalle quali le truppe italiane, tedesche, britanniche e statunitensi non  si ritireranno immediatamente ma che in futuro metteranno alla priva le capacità delle forze locali contro gli insorti che per il momento si concentrano su spettacolari azioni dinamitarde suicide e sull'esecuzione di uomini vicini al presidente Karzai. Come il fratello Wali (ucciso la settimana scorsa in circostanze non ancora chiarite da una sua guardia del corpo o come l'ex governatore della provincia di Uruzgan, Jan Mohammad Khan, ucciso ieri a colpi di arma da fuoco da due miliziani che si erano introdotti nella sua abitazione a Kabul. "Gli abbiamo fatto scontare le sue malefatte'', ha dichiarato all'Afp il portavoce dei terroristi, Zabihullah Mujahed.


L'inizio del progressivo disimpegno alleato da Kabul non poteva non coincidere anche con la fine dell'era Petraeus. Il generale che aveva portato gli Stati Uniti alla vittoria in Iraq e ha elaborato una strategia contro insurrezionale idonea alla guerra afghana, aveva dovuto assumere il comando a Kabul un anno or sono su pressante richiesta della Casa Bianca, per sostituire il generale Stanley McChrystal rimosso dall'incarico dopo le pesanti critiche all'amministrazione Obana rese pubbliche.


Petraeus, fautore del "surge" afghano, cioè dell'invio dei 33 mila rinforzi che hanno permesso di imprimere una svolta all'offensiva contro i talebani, non ha mai nascosto la propria freddezza nei confronti del programma di ritiro voluto da Obana, sottolineando di non essere certo stato lui a suggerirlo. Il presidente si è del resto liberato di tutti coloro che hanno criticato la sua traballante strategia afghana. Il capo di stato maggiore delle forze armate, l'ammiraglio Mike Mullen, andrà in pensione a settembre come il segretario alla Difesa, Robert Gates rimpiazzato pochi giorni or sono dall'obamiano di ferro Leon Panetta mentre David Petraeus, eroe di guerra troppo ingombrante da rimuovere, è stato cooptato dall'amministrazione come direttore della CIA. Al suo posto, dopo una sobria cerimonia al comando di Kabul, è da questa mattina in carica il generale John Allen che aveva già detto di approvare il ritiro delle truppe pianificato dal presidente.