Urbanistica e inchieste milanesi: la sinistra si scopre garantista
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Scandalo tangenti a Milano, investita la giunta Sala. Mentre il ministro Crosetto non dimentica il garantismo, la piazza di Fratelli d'Italia e Lega chiede le dimissioni e il voto anticipato. I più garantisti, adesso, sono quelli di sinistra, non casualmente.

Lo scandalo urbanistico che sta investendo Milano si trasforma di giorno in giorno in una vera e propria tempesta politica e giudiziaria. Oltre settanta persone risultano indagate nell’inchiesta della Procura milanese che punta a fare luce su presunte irregolarità nella gestione di pratiche edilizie, permessi e varianti urbanistiche per la costruzione di nuovi palazzi. Tra i nomi eccellenti figura quello del sindaco Beppe Sala, che ha scoperto dai giornali di essere coinvolto. Una circostanza che, al di là delle accuse – che dovranno essere dimostrate in sede giudiziaria – rilancia il tema annoso del cortocircuito tra politica e magistratura, e di come la giustizia penale finisca, talvolta, per interferire con il dibattito democratico e le scelte politiche, servendosi di media avvezzi al sensazionalismo.
L’inchiesta riguarda un ampio ventaglio di progetti urbanistici, alcuni di grande rilievo pubblico e strategico: il restyling del cosiddetto “Pirellino”, il Villaggio Olimpico di Scalo Romana, fino a nuovi studentati e social housing rimasti bloccati. La Procura ha chiesto l’arresto di sei persone, tra cui l’assessore Giancarlo Tancredi, oggi al centro di pressioni, anche da parte del Pd, per dimissioni immediate. Nel frattempo, l’opposizione ha inscenato proteste in Consiglio comunale e davanti a Palazzo Marino. Fratelli d’Italia e Lega chiedono il passo indietro del sindaco e un ritorno anticipato alle urne. Cartelli, scatoloni simbolici e cori contro l’amministrazione hanno scandito la protesta. Ma, com’era prevedibile, gli schieramenti si spaccano.
A sinistra, il Partito Democratico rinnova la fiducia a Sala, ma chiede un cambio di passo nella gestione urbanistica, come sottolineato da Pierfrancesco Majorino: «Serve voltare pagina, migliorando alcune scelte compiute e realizzando un nuovo Piano di governo del territorio che metta al centro l’emergenza abitativa e protegga Milano da tentazioni speculative». Alessandro Alfieri, senatore del Pd, parla di «vicinanza a chi ha governato con schiena dritta» e ribadisce piena fiducia nel sindaco. Silvia Roggiani, segretaria regionale, attacca la destra: «Noi siamo vicini a Sala e la giunta, lavoreremo per cambiare la città, non ci faremo intimidire». Ma il Pd appare diviso: da una parte la dirigenza ufficiale difende Sala, dall’altra alcuni esponenti chiedono le dimissioni dell’assessore Tancredi. E gli alleati più critici, come Avs e Movimento 5 Stelle, pur evitando processi sommari, puntano il dito contro un sistema che va riformato.
Il centrodestra, a sua volta, si muove su binari doppi. Da una parte, ministri come Guido Crosetto e deputati come Enrico Costa adottano una linea garantista. Il ministro della Difesa è netto: «A Milano una parte della magistratura inquirente ha deciso di sostituirsi al legislatore nel campo dell’urbanistica, del fisco, del lavoro, attraverso interpretazioni normative molto pericolose. Si vuole eliminare l’avversario politico usando la giustizia come clava. Ma io resto garantista, anche con i miei avversari». Costa gli fa eco: «Il centrodestra non deve cavalcare l’inchiesta, sarebbe una vittoria amara e pericolosa, serve maturità». Ma la piazza racconta un’altra storia. Fratelli d’Italia e Lega, come detto, spingono per le dimissioni immediate del sindaco e della giunta. Matteo Salvini, pur dichiarandosi garantista, attacca frontalmente l’amministrazione: «A Milano ci sono 74 indagati, la città è bloccata. Bisogna restituire la parola ai cittadini, non per l’inchiesta ma perché questa giunta non governa più».
Sul fronte del garantismo istituzionale, arrivano anche le voci di Matteo Renzi e Carlo Calenda, che difendono il principio costituzionale della presunzione d’innocenza. «Conosco Beppe Sala dai tempi di Expo – scrive Renzi – e so che è una persona onesta. Non si possono chiedere le dimissioni per un avviso di garanzia. Milano deve andare avanti, è la locomotiva del Paese. Se ci sono responsabilità, le accerti un tribunale, non i social né le conferenze stampa dei pm». Calenda è ancora più diretto: «Sala deve restare al suo posto. Non c’è nulla che lo coinvolga direttamente. Le accuse sembrano costruite sul tono di messaggi di un architetto. Siamo alla fantascienza giudiziaria». Un fronte riformista che si stringe attorno al sindaco, sottolineando come anche il tempismo dell’inchiesta, a ridosso di snodi urbanistici cruciali come la vendita di San Siro, appaia quanto meno “opportuno”.
Nel frattempo, l’inchiesta provoca danni collaterali. Il Codacons annuncia un esposto in Procura per omissioni da parte del Comune, con riferimento ai cittadini che hanno acquistato case oggi bloccate nei cantieri sequestrati. Redo Sgr ha già rinunciato a tre progetti di studentato finanziati dal Pnrr, per un totale di oltre 1.500 posti letto, mentre il sottosegretario Alessandro Morelli chiede verifiche urgenti su Pala Santa Giulia e Villaggio Olimpico e aggiunge: «Milano deve rispettare i tempi per le Olimpiadi del 2026, non possiamo permettere ritardi». Anche il mondo dell’urbanistica milanese trema: tra gli indagati compare il nome dell’architetto Stefano Boeri, ex assessore e volto noto della progettazione urbana.
La magistratura è accusata da più parti di superare i propri confini, trasformandosi da organo inquirente in soggetto regolatore della vita pubblica. Ma è doveroso ribadire che le indagini, per quanto clamorose, non sono condanne. Il principio della presunzione di innocenza deve restare il faro del sistema democratico. Le istituzioni devono rispettare il lavoro della magistratura senza cedere al giustizialismo, così come la magistratura deve agire nel solco della legge, senza sostituirsi al legislatore e senza influenzare indirettamente le scelte politiche.
L’inchiesta milanese sarà lunga e complessa. Il suo impatto sul tessuto politico e amministrativo della città si sta già facendo sentire. Ma un avviso di garanzia non è una sentenza e l’Italia non può tornare ai tempi bui in cui bastava un’indagine per abbattere un’amministrazione o una carriera. Lo dice con chiarezza anche Piero Fassino: «Che Sala abbia saputo dell’indagine dai giornali è un segnale grave del rapporto malato tra magistratura e media. Non si può seppellire il principio di innocenza sotto una coltre di presunzioni». Una riflessione che oggi, al netto delle polemiche, dovrebbero condividere tutti: destra, sinistra, centro. Perché la politica deve rimanere il luogo della responsabilità, e non della vendetta.