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L'EDITORIALE

Una strada per l'Europa

Nel discorso rivolto al parlamento federale tedesco Papa Benedetto XVI ha individuato nell'esclusività della ragione positivista, che ancora pretende
di emarginare l'idea stessa di Dio, la causa
del processo di autodissolvimento dell'Europa.

Editoriali 23_09_2011
bundestag

Il discorso pronunciato ieri pomeriggio da Benedetto XVI davanti al Bundestag, il Parlamento federale della Germania, è stato interamente scritto di proprio pugno dal Papa. Contiene un messaggio drammaticamente attuale che il vescovo di Roma rivolge alle nostre società, chiedendoci di non rinchiuderci in «edifici di cemento armato senza finestre», nei quali ci «diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio».


È un’immagine evocativa, quella che il Papa usa per descrivere l’idea di ragione oggi vigente. Il concetto «positivista di natura e ragione, la visione positivista del mondo» è importante e «non dobbiamo assolutamente» rinunciarvi perché «è nel suo insieme una parte grandiosa della conoscenza umana e della capacità umana».

Ma dobbiamo riconoscere che essa non corrisponde e non è sufficiente «all’essere uomini in tutta la sua ampiezza». Là dove la ragione positivista si ritiene come l’unica e relega tutte le altre realtà culturali «allo stato di sottoculture, essa riduce l’uomo, anzi, minaccia la sua umanità».


Il Papa parla al Bundestag avendo presente a questo proposito la situazione dell’Europa, dove «vasti ambienti cercano di riconoscere solo il positivismo come cultura comune e come fondamento comune per la formazione del diritto, mentre tutte le altre convinzioni e gli altri valori della nostra cultura vengono ridotti allo stato di una sottocultura. Con ciò si pone l’Europa, di fronte alle altre culture del mondo, in una condizione di mancanza di cultura e vengono suscitate, al contempo, correnti estremiste e radicali».


La ragione positivista, che non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, «assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio». Bisogna dunque «tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto».


L’uomo, spiega il Papa, «possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli ascolta la natura, la rispetta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana». Ecco che cosa bisogna riconoscere, ricordando anche la portata del patrimonio culturale del nostro Continente.


È «sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore» che in Europa sono state sviluppate «l’idea dei diritti umani, l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire. Queste conoscenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale». E sono la memoria di una società e di una cultura che non considerava Dio un estraneo.

Ignorare o relegare tutto questo sarebbe, ha detto il Papa, «un’amputazione della nostra cultura nel suo insieme e la priverebbe della sua interezza».


«La cultura dell’Europa», ha concluso Benedetto XVI «è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa. Nella consapevolezza della responsabilità dell’uomo davanti a Dio e nel riconoscimento della dignità inviolabile dell’uomo, di ogni uomo, questo incontro ha fissato dei criteri del diritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico».


Se vogliamo tornare a costruire e fermare quello che sembra essere un autodissolvimento dell’Europa, bisogna tornare a dare cittadinanza a Dio.