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GUERRA IN EUROPA

Ucraina, il pericoloso linguaggio di escalation di Nato e Ue

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Stoltenberg che dichiara in un'intervista la sua approvazione all'uso delle armi contro il territorio russo è solo imprudente o sta veicolando un messaggio di escalation?

Esteri 29_05_2024
Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato (La Presse)

Ci sono diversi segnali che indicano una pericolosa schizofrenia dell’Occidente rispetto al disastroso andamento del conflitto ucraino dove le truppe russe ogni giorno avanzano lentamente, ma metodicamente (logorando le sempre più esigue forze ucraine) ormai su tutti i fronti.

L’elemento più evidente, ma non per questo il più pericoloso, dello stato confusionale della classe dirigente NATO/UE è stata nei giorni scorsi l’ennesima boutade del segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, che ci ha ormai abituato a dichiarazioni roboanti e gaffes madornali. «È giunto il tempo per i Paesi membri della NATO di considerare se debbano revocare alcune delle restrizioni all’uso delle armi che hanno donato all’Ucraina», ha detto in un’intervista al settimanale britannico The Economist. «Negare all’Ucraina la possibilità di usare queste armi contro obiettivi militari legittimi nel territorio russo rende loro difficile difendersi, soprattutto ora che ci sono molti combattimenti in corso nella regione di Kharkiv, vicino al confine», ha spiegato Stoltenberg ammettendo che la situazione è difficile.

«Gli alleati europei hanno promesso un milione di munizioni di artiglieria e non abbiamo ancora visto nulla di simile» ha lamentato ricordando l’impegno assunto nel marzo 2023 dalla UE per la consegna a Kiev di un milione di proiettili d’artiglieria entro marzo di quest’anno e che oggi Bruxelles valuta di poter raggiungere entro fine anno, con 9 mesi di ritardo, se andrà tutto secondo le previsioni.

Ma se la Ue in questo conflitto appare una patetica appendice degli Stati Uniti, pure la NATO sembra sbilanciarsi anche a causa delle dichiarazioni di Stoltenberg che incoraggia gli stati membri a consentire che le armi a raggio più esteso fornite a Kiev, cioè al momento i missili da crociera Storm Shadow/Scalp EG forniti da Gran Bretagna, Francia e Italia e i missili balistici tattici ATACMS forniti più recentemente dagli Stati Uniti, possano colpire il territorio russo.

L’incarico che ricopre ormai da diversi anni dovrebbe imporre a Stoltenberg di astenersi da suggerimenti e valutazioni personali circa le decisioni che dovrebbero assumere i governi e i parlamenti legittimi degli Stati membri. Se vuole farlo, il segretario generale ha molte opportunità per sostenere la causa dell’impiego dei missili occidentali contro la Russia ma nelle sedi appropriate che sono quelle collegiali dell’Alleanza Atlantica.

Utilizzare i grandi media per “fughe in avanti” consente a Stoltenberg di inseguire sul “fronte mediatico” il presidente francese Emmanuel Macron, che però è un capo di Stato legittimamente eletto, ma snatura quello che dovrebbe essere il suo primo obiettivo, cioè mantenere compatta la NATO in un conflitto in cui ufficialmente non è ingaggiata poiché sono i singoli stati membri a decidere che postura assumere e in che misura rispondere alle richieste di aiuti militari formulate dall’Ucraina.

Circa la valutazione della “performance” di Stoltenberg ci sono due opzioni. Quella dell’ennesima gaffe non si può escludere, specie dopo alcune sue dichiarazioni che hanno lasciato sconcertati anche diversi funzionari dell’Alleanza Atlantica. Come quando ha ammesso che la NATO addestra e arma gli ucraini per combattere i russi fin dal 2014 o quando ha affermato che l’Alleanza Atlantica aveva respinto nel dicembre 2021 la proposta russa per evitare la guerra in Ucraina basata su un trattato di sicurezza che stabilisse la neutralità di Kiev e lo stop all’ampliamento a Est della NATO.

Stoltenberg disse il vero in entrambi i casi, sia ben chiaro, ma entrambe queste ammissioni non fanno che dare forza alle motivazioni addotte da Vladimir Putin per spiegare l’avvio dell’Operazione Militare Speciale in Ucraina.

L’altra opzione da valutare è che Stoltenberg abbia utilizzato l’Economist per ribadire la comunicazione strategica imposta in ambito NATO da britannici e statunitensi. Non a caso Washington ha da pochi giorni aperto il dibattito sull’impiego “più esteso” delle armi a lungo raggio consegnate a Kiev e i ministri di Esteri e Difesa britannici (Cameron e Shapps) da qualche settimana non perdono occasione per sostenere pubblicamente che le armi occidentali donate a Kiev dovrebbero poter colpire il territorio russo e che anche la Germania dovrebbe fornire agli ucraini i missili da crociera Taurus, simili a Scalp EG e Storm Shadow.  

Guarda caso anche dalla stessa Ucraina sono giunte recentemente insistenti richieste analoghe, quindi Stoltenberg sembra si stia ancora una volta prestando al gioco degli anglo-americani sostenuti da polacchi e baltici, per spronare tutti i partner a compiere un ulteriore passo verso la guerra contro la Russia.

Sommerso dalle critiche giunte soprattutto dalla Germania (dove il cancelliere Olaf Scholz ha annunciato che non abbiamo più nulla da dare agli ucraini in termini di armi) e Italia (a Roma maggioranza e opposizione si sono ritrovate unite nel criticarlo), Stoltenberg ha parzialmente corretto il tiro.«Non si tratta di decisioni della NATO sulle restrizioni. Alcuni alleati non hanno imposto restrizioni sulle armi che hanno consegnato. Altri lo hanno fatto. Credo che sia giunto il momento di prendere in considerazione tali restrizioni, anche alla luce degli sviluppi della guerra», ha proseguito. «Inoltre, dobbiamo ricordare che questo non rende gli alleati della Nato parte del conflitto. Abbiamo il diritto di fornire supporto all'Ucraina per aiutarli a sostenere il diritto all'autodifesa», ha concluso Stoltenberg ma a dargli man forte nel sostenere l’escalation con Mosca sono scesi in campo altri due “big”.

Il primo è l'Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell, che a margine del Consiglio Affari Difesa ha affermato che «secondo la legge della guerra, non c'è contraddizione, nel combattere contro chi mi combatte. Va considerato il rischio di escalation ma va bilanciato con la necessità degli ucraini di difendersi. Così è una situazione asimmetrica, con gli attacchi a Kiev che arrivano dal territorio russo». Borrell, definito subito dopo un “pericoloso bombarolo” dal vicepremier italiano Matteo Salvini, sostiene quindi l’impiego di missili occidentali sul territorio russo ma, come è già accaduto in molte occasioni in questo conflitto, ai proclami dei vertici politici non sembrano corrispondere capacità concrete.

In Gran Bretagna Sky News, citando un’analisi della società di consulenza Bain & Company, ha reso noto che la capacità produttiva bellica russa supera di gran lunga quella dell’Occidente in termini di quantità ed economicità. Secondo lo studio la produzione di proiettili di artiglieria in Russia nel 2024 dovrebbe raggiungere i 4,5 milioni di unità contro 1,3 milioni prodotti da Usa ed Europa messi insieme. Inoltre se in Occidente il costo medio di un proiettile d’artiglieria ha superato i 4mila euro, in Russia è di soli mille euro.

Anche in base a queste valutazioni è possibile ipotizzare che Storm Shadow e ATACMS potranno venire forniti a Kiev forse ancora in qualche centinaio di esemplari, disarmando però gli europei e riducendo ulteriormente le scorte statunitensi: l’impiego di queste armi contro il territorio russo potrà infliggere per un certo periodo (cioè fino al loro esaurimento) danni e perdite supplementari alle forze di Mosca, ma non rovescerà le sorti del conflitto.

Come è già accaduto, una parte di queste armi verrebbe abbattuta dalla guerra elettronica e dalla difesa aerea russa (che secondo Volodymyr Zelensky avrebbe nei magazzini 10mila missili solo per i sistemi a lungo raggio), un’altra parte verrebbe distrutta nei depositi che i russi anche nei giorni scorsi hanno individuato e bersagliato mentre una parte colpirebbe gli obiettivi in Russia da cui non è escluso possano giungere ritorsioni. Ritorsioni contro le quali potremmo non avere difese efficaci, come Borrell dovrebbe essere in grado di comprendere.

Il secondo “big”, forse il più pericoloso, è il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Sarà ancora una volta un caso che nei giorni scorsi i suoi militari abbiano attaccato per ben due volte con droni due stazioni radar del sistema di scoperta aerea precoce Voronezh DM che assicura la difesa aerea strategica, un apparato utilizzato per localizzare il lancio di missili balistici intercontinentali diretti contro la Russia. Attacchi che confermano come gli ucraini abbiano bisogno oggi più che mai di coinvolgere i membri della NATO nel conflitto e siano pronti a tutto per farlo.

Proprio a tutto, poiché per la dottrina nucleare russa l’attacco contro i sistemi di sorveglianza della rete di allarme precoce compromettono la sicurezza nazionale e costituiscono una delle ragioni che giustificano il ricorso all’arma nucleare. Un attacco dal significato così strategico non è certo stato deciso da un comandante sul campo ma è sato approvato dai massimi vertici dello Stato ucraino.

Per questo dovremmo preoccuparci di come evitare di farci trascinare in un confronto totale con la Russia.