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OFFENSIVA NEL DONBASS

Ucraina: comunque vada, gli anglo-americani puntano alla guerra lunga

Che le truppe ucraine riescano o meno a resistere all’offensiva scatenata lunedì sera dalle truppe russe su 500 chilometri di fronte del Donbass avrà un’influenza limitata sui piani degli anglo-americani. Riarmando gli ucraini, stanno investendo in un conflitto prolungato. I russi potrebbero conseguire i loro obiettivi territoriali: Donbass e un corridoio di terra che lo colleghi con la Crimea. Ma non il loro obiettivo politico: un'Ucraina neutrale e lontana dalla Nato. In un contesto generale in cui anche Svezia e Finlandia entrano nell'Alleanza, dobbiamo attenderci un lungo attrito. 
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Attualità 20_04_2022
Mariupol

Che le truppe ucraine riescano o meno a resistere all’offensiva scatenata lunedì sera dalle truppe russe su 500 chilometri di fronte del Donbass avrà un’influenza limitata sui piani degli anglo-americani che, trainandosi dietro un’Europa che appare inebetita e inconsapevole, stanno già trasformando l’Ucraina in una “nazione satellite” da impiegare e sacrificare come spina nel fianco della Russia.

Mentre Kiev rinuncia a ogni negoziato con Mosca, a Washington un summit al Pentagono con le 8 più importanti aziende del settore difesa americane ha permesso di fare il punto su un programma di forniture militari ad ampio spettro destinate all’Ucraina. Ciò significa che soprattutto americani e britannici, che già guidano i più importanti programmi di addestramento di truppe ucraine, riequipaggeranno l’esercito di Kiev che uscirà comunque con le ossa rotte dalla battaglia del Donbass. I 90mila militari di Kiev circondati a Mariupol o quasi circondati nelle province di Donetsk e Lugansk sono ormai a corto di armi, mezzi e munizioni, per lo più di produzione nazionale ed ex sovietica costruiti negli stabilimenti di Stato ornai in gran parte distrutti dai missili russi.

La recente richiesta ucraina alla Nato, urgente e disperata, di fornire non solo armi antiaeree come i missili Stinger e anticarro come Javelin e NLAW, ma anche veicoli, artiglieria e munizioni induce a ritenere che in 50 giorni di guerra gli arsenali ucraini siano andati completamente (o quasi) distrutti o danneggiati, o bloccato sul fronte del Donbass. Washington, che sembra aver indotto l’ucraina alla guerra prolungata, sta progettando di riequipaggiare nel medio termine le forze armate ucraine con veicoli e prodotti militari “made in Usa”, come è stato fatto anche in Iraq e in Afghanistan. Una strada percorsa anche da Londra (che sta fornendo mezzi corazzati e missili antiaerei) che punta inizialmente a cedere agli ucraini mezzi vecchi o pronti ad essere dismessi per poi fornirne di più recenti condizionando così le capacità militari ucraine alla dipendenza militare dagli anglo-americani in termini logistici e addestrativi.

Già oggi gran parte dell’addestramento delle reclute ucraine viene effettuato con il supporto di istruttori di paesi Nato e in Paesi Nato per lo più dell’Europa Orientale. Il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha ammesso militari statunitensi hanno insegnato alle truppe ucraine come impiegare i droni-kamikaze Switchblade e il generale Mark Milley, alla testa delle forze armate americane, ha ribadito che militari ucraini vengono addestrati negli Usa.

Da anni consiglieri militari anglo-americani, canadesi, baltici e polacchi addestrano in Ucraina le forze armate locali mentre oggi tra volontari stranieri giunti a Kiev per combattere contro i russi (20 mila secondo gli ucraini, circa 7mila secondo i russi) vi sarebbero molti militari e contractors di paesi Nato. Il Times ha rivelato il ritorno a Kiev di forze speciali britanniche che non è detto abbiano solo compiti addestrativi, al pari dei colleghi americani della Delta Force.

Insomma, nella guerra in Ucraina diverse nazioni aderenti alla Nato sono già coinvolte direttamente senza contare il supporto informativo e di intelligence, che Usa e Gran Bretagna forniscono all’Ucraina attraverso immagini satellitari e dei droni strategici che sorvolano Mar Nero e Ucraina e che sembra abbiano avuto un ruolo rilevante nel permettere alle forze missilistiche di Kiev di colpire alcuni importanti obiettivi russi incluso forse anche l’incrociatore Moskva affondato nei giorni scorsi in circostanze non ben chiarite. Un ruolo quello degli anglo-americani, che non si esaurirà neppure in caso di sconfitta dell’esercito ucraino nel Donbass.

Il trionfo russo permetterebbe infatti a Putin di conseguire i 3 obiettivi militari che si era prefissato e confermati ieri dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov: la “liberazione” del territorio amministrativo delle due province del Donbass che Mosca riconosce come repubbliche, la conquista dell’intera costa del Mare d’Azov e il conseguimento della continuità territoriale tra Donbass e Crimea. Obiettivi importanti che Mosca sperava forse di conseguire con un accordo negoziato con Kiev favorito dalle puntate offensive contro Kiev e che dopo il primo mese di guerra potesse risparmiare molte vite. Successi che non garantirebbero ai russi di poter raggiungere anche gli obiettivi politici che erano stati indicati da Vladimir Putin all’inizio della “operazione speciale” in Ucraina e quindi la smilitarizzazione di Kiev e la sua neutralità rispetto alla Nato.

Anzi, in un contesto in cui anche Svezia e Finlandia sembrano voler aderire all’Alleanza Atlantica una vittoria militare russa nel Donbass porterebbe probabilmente a una guerra prolungata d’attrito, come quella degli ultimi 8 anni tra le truppe ucraine e le milizie filorusse ma ad un livello di intensità molto più elevato e con il coinvolgimento diretto o quasi di Usa e Nato. Del resto non c’è bisogno che Kiev entri nella Nato per subire la pesante influenza degli anglo-americani, che già oggi a Kiev esprimono la piena leadership dal punto di vista politico, militare ed economico.

La prospettiva resta quella imposta da Londra e Washington di una guerra ad oltranza “fino all’ultimo ucraino” che risulterebbe disastrosa per l’Ucraina, logorante per la Russia e tragica per l’Europa già esposta al rischio bellico e al disastro economico.