Suicidio assistito, la strategia perdente del "palettismo"
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Un convegno a Milano domani sera, organizzato da Bussola Quotidiana e ProVita&Famiglia, chiarirà gli inganni delle proposte di legge sul suicidio assistito e la vera posta in gioco in questa battaglia.

Nei giorni scorsi abbiamo già commentato la notizia che riguarda la presentazione in Parlamento di un testo di legge da parte della maggioranza di centro-destra, che ammette il suicidio assistito secondo i criteri stabiliti dalla Corte Costituzionale. La versione definitiva del testo, che inizierà il suo iter il 17 luglio, non è ancora stata pubblicata ma sono stati chiariti i punti fondamentali attorno a cui si muove: può accedere al suicidio assistito chi è in grado di intendere e volere, che sia affetto da una patologia irreversibile e fonte di sofferenze insopportabili, che sia mantenuto in vita da trattamenti salvavita, che abbia espresso un consenso libero e informato. A queste condizioni che ricalcano la sentenza della Corte Costituzionale il centrodestra intende aggiungere altri limiti, ovvero che il paziente abbia già intrapreso un percorso di cure palliative, che a dire l’ultima parola sia un Comitato etico nazionale e che la “prestazione” non sia pagata dal Servizio Sanitario Nazionale.
Oltre alle obiezioni a questa iniziativa già descritte, a cui andrebbe aggiunta una nota del Centro Studi Livatino, si devono rilevare due punti che riguardano sia i contenuti sia la strategia. Nel presentare l’iniziativa dopo un vertice di maggioranza, i leader del centrodestra hanno voluto sottolineare che, pur dovendo seguire i dettami della Corte Costituzionale, il testo concordato rispetta la sacralità della vita e non legittimerà il suicidio assistito. Vedi al proposito la dichiarazione del leader di Forza Italia Antonio Tajani: «Una legge va fatta rispettando i dettami della Corte e ricordando bene che non esiste il suicidio assistito, noi siamo per le cure palliative».
Dobbiamo perciò aspettarci che il titolo della legge sarà a difesa della dignità umana nel fine vita quando invece costituirà la legittimazione del suicidio assistito.
È un gioco di parole ormai noto con cui si vuole far digerire il diritto alla morte spacciandolo per diritto alla vita. Basterebbe ricordare il precedente della Legge 194 del 1978, che ha introdotto in Italia l’aborto (ufficialmente interruzione volontaria della gravidanza per rendere ancora più nascosta la realtà): da allora sono più di sei milioni i bambini uccisi, ma quella legge formalmente si chiama “Norme per la tutela sociale della maternità”. Parole incoraggianti e buone intenzioni spazzate via dalla realtà.
C’è un’altra questione che vale la pena sottolineare; ovvero l’ideologia del “palettismo” da cui è affetta gran parte del centrodestra e ampi settori del mondo cattolico, Conferenza Episcopale in testa. Non a caso è proprio dalla Cei che è venuto un incoraggiamento all’iniziativa del centro-destra perché punta sulle cure palliative ed esclude il diritto al suicidio. In realtà si propone la solita strategia che si è sempre rivelata necessariamente perdente: anzitutto si punta a giocare d’anticipo sulla sinistra. Si sa che su tutto ciò che riguarda la famiglia e la vita la sinistra vuole una totale libertà di autodeterminazione. E quindi anche in questo caso la sinistra spinge per un diritto assoluto al suicidio assistito; per fermare questa deriva, quindi, si propone una legge molto più restrittiva, fissando appunto dei “paletti” oltre i quali non si possa andare. In questo caso, appunto, le cure palliative, Il Comitato etico nazionale e la non mutuabilità della prestazione. In questo modo si pensa di trovare la quadratura del cerchio salvando capra e cavoli, i princìpi con le concessioni.
Pura illusione: la storia ha già dimostrato che tale strategia serve al massimo a rallentare un certo processo, non certo ad evitarlo. Perché i paletti vengono spazzati via l’uno dopo l’altro da successivi ricorsi e conseguenti sentenze della Corte Costituzionale. Come è avvenuto clamorosamente per la Legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita. Il motivo è semplice e lo abbiamo spiegato molte volte: una volta che un principio di morte viene stabilito, in questo caso la disponibilità della vita a certe condizioni, i limiti di questa disponibilità sono destinati a cadere uno dopo l’altro perché dato un principio è giocoforza accettarne tutte le conseguenze.
Eppure si ha ancora il coraggio di riproporre questa strategia del “palettismo” facendola passare per un successo. Oltre ad essere una strategia politicamente perdente, crea confusione nell’opinione pubblica impedendo di riconoscere gli attacchi alla vita e alla dignità umana.
Per questo in vista di questa nuova battaglia parlamentare è importante proporre gesti che chiariscano la vera posta in gioco. È quello che, ad esempio, propone la Bussola insieme all’associazione ProVita&Famiglia con il convegno (Libertà o abbandono - Il grande inganno del suicidio assistito) che si terrà domani, martedì 24 giugno, a Milano, Teatro Rosetum, alle 21. Interverranno oltre al sottoscritto, direttore della Bussola Quotidiana, Antonio Brandi e Maria Rachele Ruiu di ProVita, Emanuel Cosmin Stoica, attivista e creatore di contenuti, e Francesco Borgonovo, vicedirettore de La Verità. Un incontro a cui tutti sono invitati.