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IMMIGRAZIONE

Siria e tragedie in mare, il governo gioca sulle vite dei disperati

Nell’ultimo naufragio al largo delle coste della Libia, sono stati almeno 300 gli immigrati affogati. Ma è solo l’ultimo episodio. Le cronache dei quotidiani sono piene di testimonianze drammatiche e racconti eroici. Il governo, però, sembra non vedere. Poi c’è la tragedia della guerra in Siria, con le sanzioni che affamano il popolo.

IL KENYA INNALZA MURI E CACCIA I RIFUGIATI di Anna Bono

Cronaca 31_05_2016
Barcone di immigrati provenienti dalla Libia

Una sagra dell’ipocrisia giocata sulla pelle dei diretti interessati strumentalizzando la buona volontà e i buoni sentimenti di tanta gente: questo è in sintesi il giudizio che al punto cui si è arrivati si può dare della gestione dell’emergenza migranti.  Da un lato i Paesi dell’Unione europea, Italia compresa, non contrastano, ma anzi spesso esasperano le situazioni e le crisi all’origine degli attuali esodi, e dall’altro con la politica del trasbordo prestabilito in mare aperto nel Mediterraneo dei migranti dai barconi alle navi “soccorritrici”, mascherato da soccorso ai naufraghi, danno stabile sostegno a un sistema criminale di contrabbando di esseri umani che per natura sua provoca stragi di innocenti.  

Ferma restando tutta la competenza e tutta la dedizione degli equipaggi delle navi mandate in “soccorso” è il trasbordo in mare aperto da imbarcazioni sbandate e sovraccariche di persone sfinite e disperate che tende in quanto tale a finire in tragedia. Non di rado poi è lo stesso avvicinarsi della nave “soccorritrice” che provoca la catastrofe: alla sua vista, infatti, quasi sempre nessuno può impedire che i migranti assiepati sul barcone o sul gommone accorrano e si accalchino sul lato verso cui tale nave si avvicina fino a provocare il ribaltamento o almeno il semi-affondamento del natante su cui essi si trovano. 

A questo punto c’è chi si salva e chi perisce, ma un certo numero di vittime è comunque inevitabile. Poi si accendono le telecamere e magari si suscita la commozione per la piccola orfana lattante che beve dal biberon tra le braccia di una donna in uniforme. Una commozione naturale e doverosa, che però non dovrebbe impedirci di chiedere le ragioni di un sistema a causa del quale la morte in mare della mamma della bambina non è un incidente imprevedibile bensì la conseguenza inevitabile di scelte sbagliate. Senza dunque nulla togliere ai meriti di chi si adopera in questi salvataggi, resta intatta la responsabilità dei governi che con tale politica non solo non contrastano il contrabbando di esseri umani, ma anzi ne assicurano il costante sviluppo. Come pure resta intatta la responsabilità dei direttori dei telegiornali che fanno spettacolo dei naufragi senza mai aiutare il loro pubblico a capire che cosa si potrebbe fare per evitarli.

C’è poi la responsabilità specifica riguardo al caso della Siria. «(…) la retorica sui profughi che scappano dalla guerra siriana appare ipocrita se nello stesso tempo si continua ad affamare, impedire le cure, negare l’acqua potabile, il lavoro, la sicurezza, la dignità a chi rimane in Siria», giustamente scrivevano i vescovi siriani di Aleppo e il Custode emerito di Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, nell’appello, anche da noi condiviso e sostenuto, (clicca qui) ma purtroppo disatteso,  contro il rinnovo delle sanzioni dell’Unione Europea contro la Siria. Di tali sanzioni non il governo di Assad né i suoi oppositori in armi fanno le spese bensì soltanto la popolazione civile. Il “no” di un solo Stato membro sarebbe bastato a evitarne il rinnovo per un altro anno, fino al 1° giugno 2017. Invece zitto zitto il Consiglio europeo l’ha votato l’altro giorno all’unanimità mentre l’attenzione dei media era tutta rivolta al G7 in Giappone e al discorso di Obama a Hiroshima. 

Senza che ciò basti a giustificare le duplicità e le censure che caratterizzano la sua politica in materia, resta però il fatto che con il “Migration Compact”, inviato lo scorso 15 aprile a Bruxelles e poi divenuto pubblico dal successivo 21 aprile, il governo Renzi ha comunque preso sul problema dei migranti un’iniziativa che merita attenzione. Seppur solo con riguardo all’Africa sub-sahariana, nel documento si considera finalmente il fenomeno nel suo insieme, senza ridursi alla questione del pronto soccorso e dell’accoglienza di chi comunque riesca a raggiungere il territorio dell’Unione Europea. 

Continuando a dare prova di un’anglomania in sostanza molto provinciale, il governo ha scritto il documento in inglese, e non lo si ritrova in italiano nemmeno nel suo sito ufficiale. Se però ci si adatta a leggerlo nell’inglese peraltro un po’ coloniale in cui è scritto ci si accorge che dice qualcosa di nuovo, anche se con riguardo, dicevamo, alla sola Africa sub-sahariana. D’altra parte è da questa parte del mondo che già oggi, e ancor più nell’immediato futuro, verrà il grosso dei migranti.(vedi il libro di Anna Bono, Migrazioni, emergenza del XX secolo, pubblicato dalla Bussola) 

Le proposte contenute nel documento vanno peraltro prese con le molle, in primo luogo perché assegnano un ruolo-chiave ai governi dei Paesi di origine dei migranti, come si sa ben poco affidabili, ma in ogni caso sono una novità positiva.  Alla guerra come causa dell’esodo dalla Siria nel “Migration Compact” si fa solo un accenno, quasi fosse un evento meteorologico, né si affronta in modo adeguato il caso dei migranti dal Corno d’Africa che fuggono da Paesi dove il governo o non c’è o è totalmente inaffidabile. I limiti dell’iniziativa sono dunque evidenti, ma sia pure entro tali limiti siamo di fronte ad una svolta.  

Tutto ciò peraltro rende ancora più assurda la scelta di Renzi di accodarsi a chi ha voluto il rinnovo delle sanzioni contro la Siria, in questo caso dando così nuovo impulso all’esodo disastroso che invece nel caso dell’Africa sub-sahariana proclama di voler frenare. Il “Migration Compact” può ad ogni modo essere un punto di partenza per una discussione seria in sede europea che a questo punto il governo farebbe bene a esigere con maggior tenacia. Lo vorrà fare veramente? Speriamo di sì.