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IL LIBRO

Se fossi in te, uno sguardo dentro l’adolescenza

Due gemelle di 16 anni si sopportano a malapena, fino a quando la madre architetta una singolare punizione: scambiarsi le vite per una settimana… Il primo romanzo di Susanna Bo, Se fossi in te, descrive in modo realistico il microcosmo adolescenziale, alternando dramma e commedia.

Cultura 21_12_2021

Si contano davvero sulle dita di una mano le opere narrative che, negli ultimi anni, hanno provato ad affrontare le problematiche adolescenziali in una prospettiva valoriale e non relativista. Degno di nota è sicuramente l’ultimo libro di Susanna Bo. Reduce dal grande successo dell’autobiografico La buona battaglia, la scrittrice genovese ha pubblicato Se fossi in te (San Paolo, 2021), il suo primo romanzo.

Le gemelle sedicenni Adele e Arianna Guidi si somigliano solo esteriormente, mentre, sul piano caratteriale, sono agli antipodi. Esuberante, un po’ superficiale, ribelle e attenta alle mode la prima; timidissima, sognatrice, educata e assai studiosa la seconda. Arianna ha il vezzo di fare colazione con tè e biscotti Plasmon e tiene a distanza i coetanei, preferendo la compagnia di un’anziana contessa, ormai quasi cieca, alla quale va a leggerle i romanzi preferiti. Adele, al contrario, ha una folta comitiva di amici (e 3-4 fidanzati contemporaneamente), tutti dalla frenetica attività messaggistica e con un vezzo speciale: chiamarsi vicendevolmente con nomi di città come Tokyo, Rio, Nairobi o Helsinki

Le due sorelle si sopportano a malapena, apostrofandosi con i simpatici epiteti di “disadattata” e “bifolca”. Il loro background familiare non è dei più esaltanti. Genitori mai sposati e separati da sette anni. Il padre Andrea ha lasciato la Liguria per tornare nella nativa Roma nell’ambizione di sfondare come regista; così facendo ha inferto una ferita insanabile nel cuore delle figlie, Adele in particolare. La madre Chiara, titolare di una pasticceria, con cui fa casa e bottega, è caduta in depressione, spesso è in preda a crisi isteriche e periodicamente affoga i suoi dispiaceri nell’alcool.

Un giorno, uno spiacevole doppio incidente segnerà uno spartiacque epocale nelle vite di Adele e Arianna. In oratorio, le due gemelle iniziano ad azzuffarsi e l’anziano parroco, correndo loro incontro per dividerle, scivola e si rompe il femore. A seguito dell’accaduto, nei confronti delle figlie, Chiara architetta una stravagante punizione: per una settimana, Adele e Arianna si scambieranno abiti, cellulari, scuola, abitudini e frequentazioni. Incredibilmente, senza fiatare le due ragazze accettano la prova, il cui esito andrà oltre ogni immaginazione. E così, a sedici anni, al termine della loro bizzarra esperienza, inizieranno finalmente a conoscersi e a volersi bene.

Al di là della trovata surreale al centro della storia, Se fossi in te è un romanzo altamente realistico, che descrive il microcosmo adolescenziale odierno, con sguardo leale e senza mai scadere nei luoghi comuni. L’autrice usa con abilità tanto il registro della commedia quanto quello del dramma, accompagnando tutto con un linguaggio non edulcorato e senza tabù. Un irresistibile humour ligure permea un po’ tutto il libro, anche nei frangenti più malinconici. Susanna Bo osserva il mondo giovanile con lo sguardo di una madre mai giudicante, mettendo allo scoperto gli errori e i sogni infranti di tre generazioni.

Le famiglie divise, l’incomunicabilità tra genitori e figli, la ricerca spasmodica di relazioni umane autentiche sono tutti temi al centro di questo romanzo, la cui tensione narrativa sale in modo lento e inesorabile mettendo a nudo il vissuto di tutti i personaggi, posti spalle al muro di fronte ai loro lati oscuri più inconfessabili. “Non potrò mai smettere di avere paura, non potrò mai essere diversa da ciò che sono. Ma oggi so che qualunque cosa accadrà nella mia vita, io saprò affrontarla. Qualunque novità mi si presenterà, io la accoglierò. […]. Perché ora so che posso amare ed essere amata, e anche se ho una paura folle, nello stesso tempo non vedo l’ora di farlo”, dice Arianna a conclusione della sua vicenda.

Solo guardando in faccia l’altro, solo immergendosi con rispetto nella sua realtà, un giovane può diventare adulto. Se è vero che lo scopo più alto della vita è l’amore, è altrettanto vero che è impossibile amare senza mettersi in gioco, senza essere pronti al dolore, finanche a svelare il peggio di sé stessi. Perché il bene che si riceve in cambio è infinitamente più grande dei limiti personali che siamo disposti ad accettare e sfidare.