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SPUNTI PER LA MEDITAZIONE

San Giuseppe in musica, gli oratori sul patrono dei moribondi

Per essere morto tra le braccia di Gesù e Maria, san Giuseppe è venerato e invocato come patrono dei moribondi. Perciò sono molti gli oratori barocchi italiani che hanno proposto il glorioso capo della Sacra Famiglia e, in particolare, il suo transito come tema di meditazione. Si va dall’oratorio di Maurizio Cazzati a quello di uno tra i maggiori compositori italiani, Giovanni Battista Pergolesi.

Cultura 18_03_2021

Onoriamo «lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo» (Mt 1, 16). Il giorno dell’Immacolata di oltre 150 anni fa, l’8 dicembre 1870, il beato Pio IX, con il decreto Quemadmodum Deus (Nella stessa maniera che Dio) della Sacra Congregazione dei Riti, solennemente dichiarava san Giuseppe Patrono della Chiesa cattolica. Il Concilio Vaticano I dovette essere sospeso dagli avvenimenti politici nell’autunno del 1870 e il Papa, volendo soddisfare le richieste dei padri conciliari, affidò la Chiesa, che stava vivendo tempi difficili, alla speciale protezione del padre putativo di Gesù ed elevò la festa del 19 marzo a celebrazione liturgica dal posto più elevato (rito doppio di prima classe).

LUfficio Filatelico e Numismatico Vaticano celebra questo 150° anniversario con un francobollo? Noi qui vogliamo fare qualche accenno agli oratori barocchi italiani che hanno proposto il Santo Patriarca e, in particolare, il suo transito come tema di meditazione. Infatti, essendo morto nel miglior modo possibile, tra le braccia di Gesù e di Maria, san Giuseppe è considerato il più efficace protettore dei moribondi. In genere, questi oratori erano divisi in due parti da cantarsi prima e dopo il sermone.

Maurizio Cazzati (1616-1678), dal 1657 al 1671 maestro di cappella nella basilica di S. Petronio a Bologna, iniziò a scrivere oratori nel 1659 componendo una raccolta di poesie di Giovan Battista Sanuti Pellicani in lode di san Giuseppe, dal titolo Espressione in versi d’alcuni fatti di s. Giuseppe ridotta in musica, un’opera perduta, citata da padre Martini. Essa servì da spunto ai due autori per scrivere Il transito di San Giuseppe, il primo oratorio di Cazzati, eseguito nel 1665 sotto la sua direzione a Bologna, nel palazzo della marchesa Angiola Paleotti.

Il bolognese Giovanni Paolo Colonna (1637-1695), un altro maestro di cappella a S. Petronio, compose l’oratorio Il transito di S. Giuseppe, su poesia di Giacomo Antonio Bergamori (1653-1717), rappresentato per la prima volta nel 1678 a Bologna nel palazzo del marchese e senatore Paleotti. Tra i suoi momenti belli proponiamo: qui, preceduta dal recitativo Purché del mio Signore, l’aria di san Giuseppe (mezzosoprano) Non temete costanti pensieri; qui, dopo il recitativo Su svegliatevi, l’aria di Lucifero (basso) Al suon di mie trombe, con tromba obbligata, all’inizio della seconda parte.

Il poeta e librettista orvietano Leone Alberici pubblicò nel 1694 il testo de Lagonia del glorioso patriarca san Giuseppe. Dialogo a tre voci per musica (cfr. O. M. Paltrinieri, Elogio del nobile e pontificio Collegio Clementino di Roma, Roma 1795, p. LXXX).

Giacomo Antonio Perti (1661-1756), dal 1696 maestro di cappella anchegli a S. Petronio, nel 1700 pose in musica l’oratorio andato perduto La morte del giusto ovvero Il transito di san Giuseppe, su testo del letterato veneziano Bernardo Sandrinelli, per la chiesa di S. Maria della Consolazione, detta «della fava», a Venezia, sede della Congregazione dell’Oratorio (cfr. L. Allacci, Drammaturgia, accresciuta e continuata fino all'anno MDCCLV, Venezia 1755, p. 540).

Flaminio Langhi (1649-1700), chierico regolare della Compagnia di San Paolo in Milano, nel 1702 scrisse il testo dell’Oratorio del transito del gloriosissimo san Giuseppe da cantarsi nella chiesa di S. Giovanni delle Vigne dei PP. Barnabiti, oggi il principale teatro della città di Lodi (cfr. G. Boffito, Scrittori barnabiti, 1533-1933, Vol. 2, Olschki, Firenze 1933, p. 341).

Nicola Fago «il Tarantino» (1677-1745), musicò Il sogno avventurato overo il trionfo della Provvidenza, «melodramma sacro in onore del Glorioso Patriarca S. Giuseppe», la cui partitura è perduta. Nel 1711 fu eseguito nella basilica napoletana di San Paolo Maggiore, dell'Ordine dei Chierici regolari, comunemente detti Teatini (cfr. C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800. Catalogo analitico con 16 indici, Cuneo, Bertola & Locatelli, 1990-1994, n. 22208).

Francesco Corradini (ca. 1700-1749), maestro di cappella napoletano, compose l’oratorio Il glorioso San Giuseppe sposo della Beata Vergine, cantato il 19 marzo 1721 a Napoli nella casa di un nobile napoletano da Francesco Vitale (san Giuseppe), Giovanni Maria Morosi (Maria Vergine), Carlo Broschi detto Farinelli (Angelo) e da un «Coro di Angeli» (cfr. Sartori, Ibidem, n. 12428a).

Giuseppe Conte compose l’oratorio sacro La morte felice overo Elpino moribondo, su libretto di Antonio Maria Paolucci, da cantarsi il 19 marzo 1723 a Napoli, nell’atrio della Chiesa dei Padri dell’Oratorio, dove era organista e, dal 1716, maestro di cappella (cfr. C. Sartori, ibidem, n. 16097).

Giovanni Fischietti (1692-1743), «Maestro del Real Conservatorio deglOrfanelli, ed Organista della Real Cappella», presenta «lannua solita divozione della famiglia mia» - come egli scrive nella sua dedica - componendo nel 1726 il melodramma con musica I devoti affetti del Glorioso Patriarca San Giuseppe (cfr. C. Sartori, ibidem, n. 7665).

Dulcis in fundo. E il dolce è uno tra i maggiori compositori italiani: Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736). Dopo aver studiato violino e composizione al Conservatorio dei poveri di Gesù Cristo, uno dei quattro istituti d’istruzione musicale di Napoli, compie una breve carriera artistica, di soli sei anni, in cui tocca tutte le forme musicali del suo tempo. Pergolesi per qualcuno vuol soprattutto dire l’irraggiungibile Stabat mater o, in ambito profano, l’opera buffa La serva padrona; ma il suo corpus compositivo comprende Messe, salmi, oratori e l’altra opera buffa Lo frate ‘nnammorato.

Il ventunenne compositore di Jesi esordisce proprio con un lavoro dedicato al «patrono della buona morte». La prima commissione importante giunge a Pergolesi dai Padri dellOratorio: La fenice sul rogo, ovvero La morte di San Giuseppe, «melodramma sacro» sul modesto libretto di Antonino Maria Paolucci, da eseguirsi a Napoli il 19 marzo 1731 nellatrio della loro chiesa, oggi detta dei Girolamini. La partitura, divisa in due parti per circa unora e mezzo di musica, in cui oltre alla morte di san Giuseppe non accade molto, è concepita per quattro personaggi (Maria Santissima, contralto; San Giuseppe, tenore; San Michele arcangelo e Amor divino, soprani), 2 flauti, 2 oboi, 2 corni, arciliuto, viola d’amore, archi e basso continuo. Ecco alcuni brani dalla prima aria di San Michele arcangelo (Sono spirito immortale), di San Giuseppe (Se a un sì bel foco), dell’Amor divino (Morono le Fenici) e di Maria Santissima (Gradite ferite).