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RAPPORTO 2015

Rifugiati da record: 65 milioni in fuga da guerre e persecuzioni

Il rapporto annuale dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati lascia senza parole. I numeri del dramma dell'immigrazione per motivi politici sono impressionanti: nel 2015 gli sfollati sono stati 65,3 milioni, il più alto mai registrato. A fine 2014, il totale era di 59,5 milioni. È la prima volta che la soglia di 60 milioni viene superata. Circa la metà dei rifugiati di tutto il mondo sono bambini e la guerra in Siria resta la principale causa di fuga.

Cronaca 21_06_2016
Rifugiati in campo profughi al confine con l'Ungheria

Nel 2015 il numero globale dei profughi è salito a 65,3 milioni, 5,6 milioni in più che nel 2014: sottratti i 5,2 milioni di rifugiati palestinesi sotto mandato dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite creata per assisterli, in tutto 60,1 milioni di persone. Il dato, contenuto nell’annuale rapporto dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Acnur, pubblicato il 20 giugno in occasione della Giornata mondiale dei rifugiati, conferma l’aggravarsi di una emergenza di proporzioni mai registrate prima d’ora. 

Gli sfollati, vale a dire i profughi all’interno dei rispettivi confini nazionali, sono passati da 38,2 a 40,8 milioni, i profughi all’estero sotto mandato dell’Acnur – rifugiati o in condizione simile a quella di rifugiato – sono diventati 16,1 milioni, rispetto ai 14,4 milioni del 2014; i richiedenti asilo in attesa di risposta da 1,8 milioni sono saliti a 3,2 milioni.  Come nel 2014, il 51% dei profughi ha meno di 18 anni e oltre la metà dei profughi espatriati – il 53% nel 2014, poco più del 54% nel 2015 – provengono da tre Stati: Siria (4,9 milioni), Afghanistan (2,7 milioni) e Somalia (1,1 milioni). Seguono quattro Paesi africani: Sud Sudan, Sudan, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana. Anche gli stati che ospitano più profughi sono gli stessi del 2014: Turchia, Pakistan, Libano, Iran, Etiopia e Giordania, per un totale di quasi 7,6 milioni di persone.

L’aumento dei profughi espatriati si deve in gran parte alla crisi del Medio Oriente, con ripercussioni particolarmente serie per l’Europa, raggiunta nel 2015 da oltre un milione di persone, molte delle quali in fuga da Siria e Iraq. L’Europa è il Continente che nel 2015 ha ricevuto il maggior numero di nuove richieste di asilo, con la Germania al primo posto a livello mondiale, seguita da Stati Uniti e Svezia. Germania e Svezia inoltre hanno registrato il più elevato numero di richieste di asilo da parte di minori non accompagnati: rispettivamente 14.400 e 35.800 su un totale per il 2015 di circa 98.400 (nel 2014 erano state 34.300).  

L’attenzione internazionale, i commenti al rapporto dell’Acnur si concentrano in queste ore sui richiedenti asilo, sulle persone che tentano di ottenere lo status di rifugiato in Europa, negli Stati Uniti e in altri Paesi ad alto livello di sviluppo, sul modo di individuare, respingere oppure accettare i tanti che non posseggono i requisiti necessari a ottenere asilo, sui rifugiati già accolti e sul modo di ospitarli ed eventualmente integrarli se le crisi che li hanno costretti a lasciare i loro paesi dovessero protrarsi. 

Non si pensa abbastanza invece agli sfollati: oltre 40 milioni di persone spesso in condizioni ancora più difficili dei connazionali assistiti nei campi profughi oltre confine o in viaggio alla volta di Paesi lontani. Il rapporto dell’Acnur ci ricorda che il Paese con il più elevato numero di sfollati è la Colombia che ne conta quasi sette milioni su una popolazione di 49 milioni. Seguono la Siria, con 6,5 milioni, l’Iraq, con 4,4, il Sudan, con 3,2. Lo Yemen, con 2,5 milioni, è il Paese che ha registrato il maggior numero di nuovi sfollati nel 2015. Un tempo era la meta dei profughi dal Corno d’Africa, disposti a rischiare la vita nella pericolosa traversata del golfo di Aden. Ma il conflitto civile iniziato nel 2011, sull’onda della Primavera araba, si è esteso e intensificato fino a coinvolgere nel 2015 quasi tutto il territorio nazionale. Ad aggravare la situazione, due cicloni hanno colpito le coste meridionali lo scorso novembre mettendo in fuga altre decine di migliaia di persone. La maggior parte delle famiglie hanno perso tutto, sono prive di mezzi di sussistenza, vivono ospiti di parenti e amici, oppure rifugiate in edifici abbandonati, ripari precari e peggio ancora. 

All’uscita del rapporto, il capo dell’Acnur Filippo Grandi ha avuto parole di elogio per l’Iran, lo ha portato a esempio per l’ospitalità offerta ai profughi afghani. Non gli è venuto in mente, invece, di rivolgere una volta tanto un ringraziamento all’Europa e agli Stati Uniti che, oltre ad accogliere tante richieste di asilo, proprio all’Acnur consentono, essendone i principali finanziatori, di assistere decine di milioni di profughi e sfollati negli altri continenti. Piuttosto l’Alto commissario ha criticato il comportamento dell’Europa. I leader europei – ha detto – dovrebbero coordinare le loro politiche, contrastare il «crescente clima di xenofobia», far capire alla gente che i rifugiati non sono un pericolo e anzi «contribuiscono allo sviluppo delle società». 

Se anche fosse, quest’ultima osservazione, per quanto dettata dalla preoccupazione per la sorte dei profughi, suona inopportuna pensando agli immensi costi umani degli esodi forzati e all’enormità delle perdite economiche, sociali e culturali patite dai Paesi di origine dei profughi. Assisterli è un dovere, certo un rimedio necessario.Ma i vescovi di Siria e Iraq continuano a dircelo: non basta, quel che serve è far cessare gli esodi, far sì che chi è fuggito possa tornare a casa.