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TUTELA DEI MINORI

Report Cei sugli abusi: il problema è l'efebofilia

Pubblicato il primo report dei vescovi italiani sulle segnalazioni di abusi nel biennio 2020-2021: le vittime di sacerdoti – e laici! – sono in prevalenza in età post-puberale rispetto ai casi (minori ma sempre gravissimi) di pedofilia. Nessun vescovo accusato di copertura, ed è la netta differenza rispetto allo choc della Chiesa francese.

Ecclesia 18_11_2022

Il 18 novembre è la data scelta quasi due anni fa dal consiglio permanente Cei per celebrare la Giornata di preghiera per le vittime degli abusi così come aveva chiesto Papa Francesco su input della Pontificia Commissione per la tutela dei minori.

Non è casuale, dunque, la pubblicazione proprio ieri del primo Report della Conferenza episcopale italiana sulla rete territoriale di servizi per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, in merito alle segnalazioni di presunti abusi ricevute nel biennio 2020-2021. Una rete composta da centri d'ascolto, servizi regionali e diocesani o interdiocesani in cui si muovono referenti diocesani per la tutela dei minori, operatori pastorali ed esperti nel campo della protezione dei minori e degli adulti vulnerabili.

Dal report emerge che nel biennio interessato sono stati segnalati 89 casi anche per fatti riferiti al passato. I presunti autori di abusi sarebbero 68 di cui 30 chierici, 15 religiosi ma anche 23 laici. In quest'ultima categoria vengono considerati gli insegnanti di religione, i sagrestani, gli animatori di oratori, i catechisti e i responsabile di associazioni. 

In prevalenza, gli abusi denunciati consistono in comportamenti e linguaggi inappropriati (24) e molestie sessuali (13). Nove su ottantanove le segnalazioni relative a rapporti sessuali veri e propri. Se si guardano i dati relativi alle presunte vittime, ciò che salta all'occhio è la preponderanza di casi concentrati nella fascia d'età tra i 10 ed i 18 anni (61 su 89 totali) mentre 16 vedono protagonisti maggiorenni vulnerabili ed 12 i minori di 10 anni.

Anche i dati sulla situazione italiana, dunque, sembrano confermare quanto rilevato in altre occasioni: la piaga degli abusi su minori da parte di religiosi ha a che fare solo in minima parte con la pedofilia, mentre costituisce prevalentemente un problema legato alla cosiddetta efebofilia. Tornano alla mente i contenuti del John Jay Report, il più completo documento d'analisi sui casi avvenuti negli Stati Uniti e afferente agli anni che vanno dal 1950 al 2002. Lo studio, commissionato dalla Conferenza Episcopale Usa, certificava come il 78% degli abusi compiuti da prelati riguardasse minori di età compresa tra gli 11 e i 17 anni. Anche nel report Cei si evince come le vittime dei religiosi (e laici) predatori nell'ultimo biennio siano state prevalentemente ragazzi in età post-puberale.

Un trend non solo generale, peraltro, come confermò monsignor Charles J. Scicluna nel 2010. L'allora promotore di giustizia presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, infatti, in un'intervista ad Avvenire spiegò che nei casi studiati dall'ex Sant'Uffizio tra il 2001 ed il 2010 e riguardanti crimini commessi a partire dagli anni Sessanta, solo il 10% costituivano «atti di vera e propria pedofilia», poi «in un altro 30%» si configuravano come «rapporti eterosessuali» mentre «grosso modo nel 60% di questi casi si tratta più che altro di atti di efebofilia, cioè dovuti ad attrazione sessuale per adolescenti». Come fece notare il presule maltese in quell'intervista riferendosi al periodo temporale preso in considerazione, «i casi di preti accusati di pedofilia vera e propria sono quindi circa trecento in nove anni. Si tratta sempre di troppi casi – per carità! – ma bisogna riconoscere che il fenomeno non è così esteso come si vorrebbe far credere».

Un'osservazione a cui poco tempo fa ha fatto riferimento lo stesso Francesco nel corso della consueta conferenza stampa aerea di ritorno dal Bahrain e nella quale aveva detto che un solo caso «è tragico» ma aveva anche citato le statistiche in base a cui la maggioranza dei casi di abusi su minori avviene «nelle famiglie, quale nei quartieri, nelle scuole, nell’attività dello sport». La netta maggioranza di preti efebofili rispetto a quelli pedofili nella casistica non deve indurre a ridimensionare la gravità del fenomeno: resta un «peccato orrendo agli occhi di Dio» – come ebbe a dire Giovanni Paolo II parlando di abusi – perché, da un lato, si tradisce in maniera criminale la fiducia delle giovani vittime e delle loro famiglie, dall’altro si calpesta l’obbligo di celibato e il voto di castità.

Nella presentazione del report ieri alla stampa, il presidente del Servizio nazionale della Cei anti-abusi monsignor Lorenzo Ghizzoni ha sostenuto che non gli risultano vescovi italiani sanzionati per aver coperto abusi. Una sottolineatura che marca la differenza con la Chiesa in Francia reduce dalla rivelazione choc di 11 vescovi finiti sotto accusa per abusi su minori. Sempre alla stampa, il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Baturi ha spiegato che negli ultimi venti anni sono stati 613 i fascicoli su denunce di abusi sessuali nella Chiesa inviati alla Congregazione della Dottrina della Fede dalle diocesi italiane.

La Cei collaborerà con l’ex Sant’Uffizio per un esame sui contenuti di questi fascicoli da cui potrebbe emergere un quadro più completo sulla situazione italiana. Intanto, a fine ottobre, il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi ha firmato un accordo con il presidente della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, il cardinale americano Sean O'Malley, per finanziare lo sviluppo di analoghi programmi di salvaguardia dei minori nei Paesi in via di sviluppo.