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Non solo vaccini

Quale libertà è in gioco

Aumentando le restrizioni, aumentano le persone semplici che capiscono che la posta in gioco non è la libertà di andare al bar o al ristorante e neppure la libertà vaccinale: è la libertà di esistere come uomini degni di questo nome, di non piegare il ginocchio davanti al Leviatano. Si tratta di decidere chi vogliamo adorare, se Dio o il drago. E l’Apocalisse ci viene in aiuto.

Editoriali 09_08_2021 English Español

L’Italia che non t’aspetti. Siamo troppo abituati a tirarci fango addosso da non vedere più quanto bene resiste, quanta forza di lottare non solo permane, ma si alimenta sempre di più. Ad ogni restrizione imposta, aumenta il numero di quelli che non vogliono abdicare alla propria responsabilità davanti ai propri figli, alla società, alla storia. E a Dio.

Sono sempre di più le persone semplici che capiscono o anche solo intuiscono che la posta in gioco in questa aggressione sistematica non è la libertà di andare al bar o al ristorante; non è neppure la libertà vaccinale: è la libertà di esistere come uomini degni di questo nome.

Non ci troviamo di fronte al già pur problematico Decreto Lorenzin, ma a normative sempre più pesanti per contenuto e rango normativo, che di fatto stabiliscono che chi non cede al Leviatano il diritto sul proprio corpo sarà di fatto escluso dalla semplice vita sociale e persino dalla possibilità di guadagnarsi il pane con il proprio lavoro. Diritto sul corpo che si estende ad un controllo capillare della persona, perché le persone “libere” di mangiare al ristorante, di frequentare l’università o insegnare, di viaggiare; insomma le persone in possesso del magico codice QR invieranno dati strettamente personali al Ministero della Salute, che li gestirà tramite la Società per Azioni Sogei. Una nuova onniscienza è alle porte.

Questa porzione eletta di Italia ha dunque compreso che in gioco non c’è una certa libertà di fare o rifiutare qualcosa, più o meno importante, ma appunto la libertà di continuare ad esistere come uomini liberi che hanno deciso di non piegare il ginocchio davanti al Leviatano. Una libertà che è fondamento e condizione di ogni azione susseguente, inclusa quella necessaria per portare il pane sulla tavola.

Le tante e sempre crescenti critiche e opposizioni a questa follia collettiva non riescono però ad oltrepassare il piano giuridico, scientifico, sanitario, economico e filosofico; il dramma all’interno di questo dramma è il silenzio della teologia e ancor più dei pastori della Chiesa, che non riescono a comprendere che il Leviatano ha un primo fondamentale e irrinunciabile comandamento: non avrai altro dio all’infuori di me. Esso non ammette altri all’infuori di sé come fonte del diritto, della libertà, della conoscenza e nessun altro da sé come fine dell’ammirazione, adorazione e incondizionata obbedienza degli uomini.

Il mondo è precipitato nelle tenebre principalmente perché quanti sono chiamati ad essere la luce del mondo hanno deciso che, per essere solidali con il mondo, non è conveniente disturbarne l’oscurità. Eppure la Chiesa ha il diritto e dovere di illuminare gli uomini, soprattutto coloro che stanno cercando strenuamente e lodevolmente di resistere.

Il libro dell’Apocalisse è spesso considerato un libro tabù, “inaffidabile” a motivo del linguaggio simbolico. In effetti, non sono stati pochi gli svarioni di interpretazioni arbitrarie; ma questo non è un buon motivo per accantonarlo, o scuotere il capo non appena lo si tira in ballo.

San Giovanni si trova in esilio sull’isola di Patmos, dove rimane fino alla morte di Domiziano. Lì, nel giorno del Signore, riceve quella magnifica rivelazione che ci è stata consegnata. Il contenuto sostanziale, in particolare a partire dal 12° capitolo, è lo svelamento di un conflitto, di una radicale contrapposizione tra la Trinità divina e la “trinità” diabolica (drago - bestia che sale dal mare - bestia che sale dalla terra), tra la Donna e il drago, tra la Chiesa e Babilonia, tra il sigillo degli eletti e il marchio della bestia. I versetti 16-18 del 13° capitolo, quelli che riguardano il marchio della bestia, sono particolarmente importanti e hanno fatto versare chilometri di inchiostro di commento. Un approccio, a mio avviso sbagliato, è quello di cercare di decodificare tale marchio a priori, per poterlo così riconoscere ed evitare; in verità, a ben vedere, Giovanni ha un approccio differente: egli fornisce un’indicazione chiarissima per riconoscere che quel marchio, che di per sé appare di altra natura («è un nome d’uomo»!), è invece il marchio della bestia.

Quando vedrete - sembra dirci l’Apostolo - che nessuno potrà «comprare o vendere senza avere tale marchio» (13, 17), sappiate che quello è il marchio della bestia. Detto in altro modo: il potere seduttore della seconda bestia (o falso profeta) è tale che voi non sarete in grado di riconoscerne il marchio come suo; lo riterrete qualcosa di semplicemente umano, lo scambierete come qualcosa di particolarmente utile, attraente, persino indispensabile. Ecco allora che dall’Alto ci viene dato un segno inequivocabile, che permetterà di riconoscere quel marchio come il segno della volontà della bestia di essere adorata (teniamo presente che il termine “adorazione” ricorre ben cinque volte in questo capitolo).

E qual è questo segno chiaro, che deve subito risvegliare l’attenzione e preparare la resistenza dei seguaci dell’Agnello? È il fatto che senza quel segno sulla fronte e sulla destra non si può fare più nulla. Ogni volta che un potere terreno si arroga il diritto di disporre del corpo e della mente delle persone, di ammetterle o escluderle dalla società degli uomini, qualunque sia la giustificazione di questo atto, sappiate che davanti a voi ci sono non un potere e un sapere umano, ma quello delle due bestie, che sono in ultimo tutt’uno col drago e portano all’adorazione del drago.

Non è un caso che i commentatori più antichi del famoso «numero della bestia» propendano per la decifrazione di quel numero con “Nerone Cesare”, al punto da aver dato origine alla leggenda del Nero redivivus. Questo significa che nei primi secoli era piuttosto viva la consapevolezza che la grande prova che avrebbe percorso la storia dell’umanità, raggiugendo il suo culmine negli ultimi tempi, avrebbe avuto il volto di un potere talmente totalitario da voler controllare in ogni modo gli uomini, da invadere il loro corpo e pervadere la loro mente, da escludere a proprio arbitrio dalla vita civile quanti non intendono accettare il “marchio”. È un nome d’uomo, di un uomo però che pretende l’adorazione dovuta solo a Dio.

L’Apocalisse svela che dietro alle strategie finanziarie e sanitarie, dietro alle battaglie giuridiche e mediatiche, la vera posta in gioco è un’altra: si tratta di decidere chi vogliamo adorare; di fronte a chi ci vogliamo prostrare; a chi riconosciamo la potestà sul nostro corpo e sulla nostra mente. Non è un problema di vaccino, ma di idolatria.