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IL LIBRO

Per una scuola libera dalle secche dello statalismo

Quali prospettive si aprono per la scuola di fronte al tumultuoso cambiamento del mondo circostante? Il dibattito sulla nuova scuola è il leitmotiv di un saggio scritto a più mani e curato da Giorgio Vittadini. Teoria e pratica per sconfiggere la burocratizzazione spersonalizzante.

Educazione 09_12_2016
La copertina

Quali prospettive si aprono per la scuola di fronte al tumultuoso cambiamento del mondo circostante? Il sistema scolastico riesce ad adeguarsi a quel cambiamento e a percorrere sentieri virtuosi di crescita al servizio della persona senza diventare schiavo delle procedure e dei formalismi? La sensazione è che, per non rimanere intrappolata nello sterile tecnicismo e nell’avviluppante burocrazia, la scuola debba vivere una salutare scossa, una radicale proiezione in avanti, oltre il riduttivo apprendimento tecnico e verso la creatività educativa, orientandosi verso una rigenerante scoperta della realtà e del senso delle cose.

E’ questo il leitmotiv di un saggio scritto a più mani, curato da Giorgio Vittadini e appena dato alle stampe. Il titolo orienta già la riflessione del lettore: Far crescere la persona. La scuola di fronte al mondo che cambia (ed. Fondazione per la Sussidiarietà). Il volume si situa nell’orizzonte riflessivo tracciato dalla necessità di sperimentare nuove prassi pedagogiche e di avvicinare i parametri di esercizio della funzione educativa alle priorità emergenti nel mondo del lavoro e della produzione.

L’approccio seguito dagli autori dei saggi che compongono il testo non è puramente teorico. Se nella prima parte ci si sofferma sui nuovi snodi dell’educazione scolastica e ci si addentra in un excursus ricostruttivo delle diverse visioni di capitale umano alla luce della cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”, dominata dal diffondersi dell’intelligenza artificiale, nella seconda parte si illustrano interessanti esperienze di “scuola buona”, rese possibili da insegnanti, gestori scolastici e persone con responsabilità in ambito educativo-pedagogico particolarmente sensibili alla rilevanza educativa dei saperi.

Non tutto ciò che viene pubblicato nel volume appare dal nostro punto di vista condivisibile. Se l’antistatalismo che impregna molte pagine è certamente uno degli antidoti più efficaci per sconfiggere la burocratizzazione spersonalizzante del sistema scolastico e per restituire competitività al mondo dell’istruzione, la rappresentazione di alcuni modelli descritti come vincenti lascia un tantino perplessi. Inoltre, non tutto ciò che scrive nel volume l’ex ministro Luigi Berlinguer muove nella direzione di quegli obiettivi virtuosi. Le leggi da lui promosse 15-20 anni fa prefiguravano un sistema autonomo e paritario di gestione della scuola. Oggi, a detta del diretto interessato, sarebbe fuorviante rimanere ancorati al binomio pubblico-privato mentre occorre mettere al centro dell’attenzione la scuola tutta, il sostegno al protagonismo studentesco. Invece il tema, a nostro avviso, è proprio quello di riconoscere ed esaltare il valore della scuola paritaria che fa risparmiare soldi allo Stato e realizza quell’ideale di libertà educativa fondamentale per assicurare un futuro alle nuove generazioni, in termini di formazione, oltre che di sbocchi lavorativi. 

In Europa sta nascendo un gran numero di scuole non statali, mentre in Italia persiste un retaggio culturale tendente a identificare la paritaria con il Vaticano o con la bassa qualità. "L’iperstatalismo – scrive Berlinguer - sta mostrando i suoi limiti; bisogna suffragare la richiesta della costruzione del sistema educativo unico e dell’affermazione del pluralismo educativo anche sul piano sociale. (…). Non è più automatico il presupposto logico che spetti allo Stato destinare risorse perché si svolga l’insegnamento e quindi che lo stesso Stato ne sia il gestore. Occorre informare gli italiani sugli orientamenti europei e sulla realtà odierna della scuola paritaria". 

Come scrive Marco Masi, nel suo contributo sul tema, "la presenza delle scuole paritarie può contribuire a riconoscere, finalmente, maggiore autonomia agli istituti scolastici statali. La presenza di una pluralità di soggetti gestori di scuole, infatti, dovrebbe imporre allo Stato la necessità di tenere distinto il ruolo di governo del sistema di istruzione (regolatore/controllore/valutatore) da quello di erogatore del servizio". La situazione italiana è assolutamente anomala nel panorama internazionale "anche alla luce dei risultati raggiunti nei Paesi in cui la libertà di educazione è maggiormente sostenuta".