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lettera

Paesi Bassi: il vescovo "autodichiara" la sede impedita

Grande confusione sul diritto canonico nella lettera del vescovo di Roermond. Ma anche una bella testimonianza sull'adorazione nella malattia.

Borgo Pio 11_07_2023

Gravemente malato, il vescovo di Roermond (Paesi Bassi), mons. Hendrikus Smeets, ha inviato una lettera alla diocesi in cui comunica che, a causa del venir meno delle forze, dichiara la sede vescovile "impedita", passandone il governo al vicario generale, mons. René Maessen, con effetto dal 6 luglio scorso.

Cosa fa un vescovo che sente venir meno le forze? Di solito presenta – alla Sede Apostolica – la rinuncia «per infermità o altra grave causa» (can. 401§2) e si dimette anzitempo oppure, gli viene assegnato un coadiutore. Mons. Smeets si appella al diritto canonico ma in maniera piuttosto "creativa" e dichiara la sede impedita affermando: «non significa che mi dimetto, ma che faccio un grande passo indietro».

L'anomalia segnalata da Silere non Possum sta in questa sorta di "autodichiarazione". Ed ecco la contraddizione: se è lui stesso a dichiarare la sede impedita, allora stando al diritto canonico – cui pure il presule fa riferimento – l'impedimento non c'è, poiché questo si verifica «se il Vescovo diocesano è totalmente impedito di esercitare l'ufficio pastorale nella diocesi a motivo di prigionia, confino, esilio o inabilità, non essendo in grado di comunicare nemmeno per lettera con i suoi diocesani» (can. 412), cosa che invece mons. Smeets evidentemente sta facendo. In altre parole, la sede è impedita quando nemmeno una parola del vescovo (imprigionato, esiliato o privo di facoltà mentali) può arrivare ai fedeli.

Al di là dei canoni, mons. Smeets offre una testimonianza edificante nella sua lettera sulla preghiera silenziosa davanti al Santissimo: «un ottimo inizio di giornata. La pace e la devozione che emanano in quel momento mi offrono l'opportunità di affidare tutte le mie domande e preoccupazioni a Nostro Signore», che «ci dà la forza» per sostenere «tutti i momenti difficili della vita».