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LIBERTA' RELIGIOSA

Mauro: spetta ai governi agire contro gli integralisti

«La Ue deve muoversi per proteggere gli immigrati, ma sono i governi a stringere accordi economici».
- Forte appello di Bagnasco all'Europa

Attualità 05_01_2011
chiesa egitto
«L’Europa può fare molto di più per proteggere in Europa i copti così come i musulmani moderati, ma sul piano internazionale il compito principale spetta ai singoli governi». Ad affermarlo è Mario Mauro, eurodeputato, capogruppo PdL al Parlamento Europeo, e rappresentante personale della Presidenza dell’OSCE (Organizzazione per la Suicurezza e la Cooperazione in Europa) per la discriminazione dei cristiani. Nell’Europarlamento, di cui è stato anche vice-presidente, Mauro è stato l’artefice della svolta che ha portato dal 2007 un’assemblea tradizionalmente indifferente ad approvare risoluzioni e impegnare i governi a difesa delle minoranze cristiane nel mondo.

Onorevole Mauro, si chiede all’Europa di intervenire contro le persecuzioni dei cristiani nel mondo, il governo italiano è in prima linea nel chiedere lo stop agli aiuti internazionali se non si rispetta la libertà religiosa, ma la Commissione Europea non sembra al momento molto scossa dagli eventi.
La posizione espressa dal ministro degli Esteri Frattini, che peraltro deve ancora formalizzare la sua proposta, ricalca la risoluzione che abbiamo fatto approvare al Parlamento Europeo in cui si chiede appunto che i rapporti economici siano vincolati al rispetto della libertà religiosa. Detto questo, però, bisogna aver chiaro che il peso di questa decisione va assunto dai singoli Paesi.

Cosa facciamo, lo scaricabarile?
No, dico solo che tutti sono molto severi con l’Unione Europea ma il grosso degli accordi economici viene stipulato dai singoli governi. E’ un dato di fatto. L’Unione Europea, così come l’Onu, non ha una reale forza impositiva, quel che può fare è esortare. Al contrario, i singoli governi – avendo a disposizione la leva economica - hanno mezzi molto più convincenti a loro disposizione. Ora, io credo che il ministro Frattini porterà la questione al Consiglio dei ministri europei del 31 gennaio avendo questa consapevolezza. Da una parte l’Europa è bene che parli con una voce sola, ma dall’altra sarebbe sterile se i singoli governi non si impegnassero poi a rivedere gli accordi bilaterali. Ripeto, come tale la Ue non ha molti accordi economici da impugnare, la gran parte riguarda i governi nazionali. Devono essere perciò Francia, Germania, Gran Bretagna a essere pronte a mettere in discussione i propri accordi. L’Italia, ad esempio, alla luce di quanto proposto da Frattini, dovrebbe rivedere l’accordo con La Libia o con la Cina. Così la cosa diventerebbe concreta.

Se pensiamo a quanto è costato arrivare a un accordo con la Libia, viene da pensare che alla fine, dopo tante chiacchiere, non se ne farà niente.
Questo non è vero. Tutto dipende dalla volontà politica, da quanto si ritenga davvero importante la materia.

Ma lei ce lo vede Berlusconi tornare a bussare alla porta di Gheddafi per chiedere il rispetto della libertà religiosa, con il rischio di mandare a monte l’accordo che frena l’arrivo degli immigrati?
Ripeto, è un problema di volontà politica. Ma in questo caso specifico non credo sia neanche troppo difficile. L’accordo stipulato con la Libia non ha nulla che impedisca l’intervento in materia di libertà religiosa. Per cui basterebbe aggiungere solo alcuni capitoli.

Comincia oggi timidamente a muoversi qualcosa per le minoranze cristiane nel mondo, e soprattutto nei paesi islamici, ma intanto sta crescendo l’emergenza nei nostri Paesi occidentali: abbiamo dato notizia della lista di oltre 200 cristiani copti della diaspora “da uccidere”, ma ci sono molte testimonianze di violenze e intimidazioni contro gli stessi musulmani moderati immigrati in Europa. E qui le istituzioni europee sembrano proprio assenti.
Ecco, in questo caso la Ue ha gli strumenti per essere molto più concreta, anzitutto attraverso un coordinamento dei vari ministri degli Interni che reprima questo genere di violenze. Dall’altro è fondamentale un sostegno delle istituzioni per strappare le comunità immigrate al ricatto di tipo mafioso dei gruppi fondamentalisti. Purtroppo su questo fronte non c’è una messa a fuoco del problema, che pure è grande.

I musulmani moderati lamentano l’abbandono da parte delle istituzioni, mentre i gruppi fondamentalisti hanno a disposizione grandi mezzi economici per diffondere la loro propaganda.
Non è certo una novità che ci siano i finanziamenti di alcuni governi, quelli saudita e iraniano tanto per cominciare, che sostengono la proliferazione in Europa di fondazioni e centri culturali legati all’ala radicale dell’islam. Così come è successo già nei Balcani. In questo caso è fondamentale promuovere l’integrazione e il sostegno della gran parte di immigrati che non si riconoscono in questa corrente ma che pure sono costretti a subire le intimidazioni dei fondamentalisti. E’ ciò che in realtà fanno tante organizzazioni della società civile, perlopiù legate alle Chiese, impegnate non da oggi in questo lavoro: accoglienza, corsi di lingua, aiuti all’impresa. Dal punto di vista istituzionale, invece non si muove nulla. Può sembrare banale ma anche aiutare, ad esempio, una famiglia copta ad aprire una pizzeria può essere un’opera importante di contrasto del fondamentalismo. Dobbiamo aver presente che tanti immigrati si trovano qui isolati e diventano facile preda dei gruppi radicali.

Quali azioni immediate suggerirebbe quindi al nostro governo?
Una prima proposta che faccio è quella di estendere l’uso dei beni sequestrati alla mafia per opere che favoriscano l’integrazione. Se i copti vogliono costituire un’associazione, se i musulmani moderati vogliono creare un loro centro culturale, se un’associazione italiana ha bisogno di sostegno per attività educative volte all’integrazione degli immigrati, perché non usare anche di questi beni?