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FEDE E MUSICA

Maria Corredentrice, anche lo Stabat Mater canta di Lei

Pio XI è stato il primo papa a usare direttamente, in discorsi ufficiali, il titolo di Corredentrice. Ma questa verità, insita pure nelle parole di Simeone, già da tempo era chiara al popolo di Dio. Si pensi a Iacopone da Todi e al suo Stabat Mater, musicato da grandissimi compositori fin dal XV secolo.

Cultura 02_02_2023

Maria Corredentrice? La festa della Presentazione del Signore ci dà occasione di pensare a questa verità, per le parole che Simeone, nel preannunciarle la missione del Figlio, rivolse alla Santa Vergine («E anche a te una spada trafiggerà l’anima», Lc 2, 35). Di corredenzione, nel solco dei suoi predecessori, parlò cent’anni or sono, il 2 febbraio 1923, Pio XI nella lettera apostolica Explorata res, in cui insegna: «… e non incorrerà in una morte eterna colui che godrà specialmente all’ultimo momento dell’assistenza della Beata Vergine. Questa opinione dei dottori della Chiesa, consona al sentimento del popolo cristiano e costantemente verificata da una lunga esperienza, si fonda soprattutto sul fatto che la Vergine Addolorata ha preso parte con Gesù Cristo all’opera della Redenzione» (Acta Apostolicæ Sedis, 15, 1923, p. 104. Nostra versione).

In seguito, il 30 novembre 1933, lo stesso Pio XI usò direttamente - primo papa a farlo - il titolo di Corredentrice, parlando a un gruppo di pellegrini di Vicenza: «Il Redentore non poteva, per necessità di cose, non associare la Madre Sua alla Sua opera, e per questo noi la invochiamo col titolo di Corredentrice. Essa ci ha dato il Salvatore, l’ha allevato all’opera di Redenzione fin sotto la Croce dividendo con Lui i dolori dell’agonia e della morte in cui Gesù consumava la Redenzione di tutti gli uomini. E proprio sotto la Croce, negli ultimi momenti della Sua vita il Redentore la proclamava madre nostra e madre universale» (cit. in Insegnamenti Pontifici – 7. Maria SS., 2a edizione aggiornata, Edizioni Paoline, Roma 1964, p. 242; cf. L’Osservatore Romano, 1° dicembre 1933, p. 1). Papa Ratti userà ancora il termine Corredentrice in due occasioni ufficiali, il 23 marzo 1934 e il 28 aprile 1935.

Tuttavia, quella specie di istinto soprannaturale che guida il popolo di Dio noto come sensus fidei già da tempo faceva celebrare nella sacra liturgia e cantare dal francescano Iacopone da Todi († 1306) con il suo Stabat Mater la commossa partecipazione al dolore di Maria, presente sotto la croce di Cristo, e la corredenzione mariana. Facendo nostre le parole della scrittrice spagnola Emilia Pardo Bazán († 1921), riconosciamo in quella poesia «un grido di dolore che attraversa i secoli; ispiratore di grandi pittori e musicisti, ha fatto piangere le generazioni passate e fa piangere quelle di oggi. Mai infatti la Musa di Iacopone si è manifestata più umana quanto nella divina elegia dello Stabat Mater ai piedi della Croce» (E. Pardo Bazán, San Francisco de Asís, Parigi 1890, p. 531. Nostra versione).

La sequenza si può dividere in due parti. Nelle prime otto terzine il poeta mistico scruta il dolore della Madonna nel vedere il Figlio che pende dalla Croce.

Stabat Mater dolorosa / iuxta crucem lacrimosa, / dum pendebat Filius. // Cuius animam gementem, / contristatam et dolentem / pertransivit gladius. // O quam tristis et afflicta / fuit illa benedicta / Mater Unigeniti! // Quæ mœrebat et dolebat, / Pia Mater dum videbat / Nati pœnas incliti. // Quis est homo, qui non fleret, / Matrem Christi si videret / in tanto supplicio? // Quis non posset contristari, / Christi Matrem contemplari / dolentem cum Filio? // Pro peccatis suæ gentis / vidit Iesum in tormentis / et flagellis subditum. // Vidit suum dulcem natum / moriendo desolatum, / dum emisit spiritum.

In piedi, presso la Croce, cui era appeso il Figlio, la Madre dei dolori piangeva. // L’anima sua, che gemeva per la tristezza e la desolazione, era stata trapassata da una spada. Quanto triste, quanto afflitta era quella benedetta Madre dell'Unigenito. // Gemeva e sospirava la tenera Madre, assistendo alle pene del suo augusto Figlio. // Chi non piangerebbe, se vedesse la Madre del Cristo, straziata da pene così acerbe? // Chi non potrebbe essere triste al vedere la Madre di Cristo con lui in preda al dolore? // Vide Gesù in mezzo ai tormenti, sottoposto ai flagelli, per i peccati del suo popolo. // Vide il dolce suo Figlio morire senza conforto, ne colse l'ultimo sospiro.

Le rimanenti dieci terzine sono una supplica accorata e fidente alla Madre dolorosa, affinché ci faccia sentire la sua propria compassione, così da prendere parte al suo dolore, che è quello del Figlio, e di poter piangere insieme a Lei (Fac me tecum pie flere): nel suo Cuore immacolato «si è ripercosso in modo unico ed incomparabile il dolore del Figlio per la salvezza del mondo» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la II Giornata Mondiale del Malato, 8 dicembre 1993, n. 6).

Eia Mater, fons amoris, / me sentire vim doloris / fac, ut tecum lugeam. // Fac, ut ardeat cor meum / in amando Christum Deum, / ut sibi complaceam. / Sancta Mater, istud agas, / crucifixi fige plagas / cordi meo valide. // Tui nati vulnerati, / Tam dignati pro me pati, / pœnas mecum divide. / Fac me tecum pie flere, / Crucifixo condolere, / donec ego vixero. // Iuxta Crucem tecum stare, / et me tibi sociare / in planctu desidero. / Virgo virginum præclara, / mihi iam non sis amara: / fac me tecum plangere. // Fac, ut portem Christi mortem, / passionis fac consortem, / et plagas recolere. // Fac me plagis vulnerari, / fac me Cruce inebriari / et cruore Filii. // Flammis ne urar succensus, / per te, Virgo, sim defensus / in die iudicii.

Orsù, Madre, sorgente di amore, fa' che io senta la violenza della pena e pianga con te. // Fa’ che arda il mio cuore nell’amore di Cristo, Dio, perché io possa piacergli. // Madre santa, imprimi fermamente nel mio cuore le piaghe del Figlio tuo. // Dividi con me le pene del tuo Figlio straziato, che si degnò di soffrire per me. // Fa’ che finché avrò vita, pianga piamente con te e compatisca al Crocifisso. // Desidero stare presso la Croce con te e unirmi a te nel pianto. // Vergine, la più nobile delle vergini, non essere severa con me, fa’ che mi unisca al tuo pianto. // Fa’ che io porti in me la morte di Cristo, che io partecipi alla sua passione, che ne mediti le sofferenze. // Fa’ che le sue ferite siano le mie, che io mi inebrii della croce e del sangue del tuo Figlio. // Le fiamme non mi tormentino: nel giorno del giudizio, sii tu, o Vergine, la mia difesa.

In particolare, nelle due ultime terzine Cristo è invocato, mediante Sua Madre Corredentrice, perché, compiuto il pellegrinaggio terreno, ci faccia raggiungere la vittoria finale e ci assicuri la gloria del Cielo, la gioia eterna.

Christe, cum sit hinc exire, / da per Matrem me venire / ad palmam victoriæ. // Quando corpus morietur, / fac ut animæ donetur / paradisi gloria. Amen.

O Cristo, quando dovrò morire, fa' che la Madre mi conduca alla palma della vittoria. // Quando il corpo morirà, fa’ che l'anima raggiunga la gloria del Paradiso. Così sia.

Grandissimi compositori come Després († 1521), Palestrina († 1594), Lasso († 1594), Astorga († 1757), Vivaldi († 1741), Alessandro († 1725) e Domenico Scarlatti († 1757), Pergolesi († 1736), Boccherini († 1805), Haydn († 1809), Rossini († 1868), Verdi († 1901), Dvořák († 1904), Szymanowski († 1937), Poulenc († 1963), Bartolucci († 2013) e Penderecki († 2020) hanno musicato quella bella sequenza medievale. Siamo grati a Pio XI, il primo papa a usare il termine «Corredentrice» in discorsi ufficiali, ma non per questo dovremmo sottovalutare il patrimonio musicale che la corredenzione mariana ha suscitato.