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la protesta

L'Ue usa il bastone e la carota con gli agricoltori

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Mentre la protesta dei trattori arriva alle porte dell'Europarlamento, l'Ue annuncia il ritiro della legge sulla riduzione dell'uso di pesticidi, ma resta ancora ambigua sull'applicazione dell'intero Green deal. Si prosegue nella colpevolizzazione del settore agricolo addossandogli il 10% delle emissioni di gas serra. 

Attualità 07_02_2024

Ursula von der Leyen ha annunciato ieri il ritiro di una controversa legge che mirava a ridurre l’uso di pesticidi in tutta l’Unione europea, una prima apparente frenata sul Green Deal, subito rilanciato con la promessa della Commissione di fissare la riduzione delle emissioni nette di gas serra del 90%, rispetto ai livelli del 1990, entro il 2040, in linea con i piani europei di arrivare a zero emissioni nette entro il 2050.

Tutto in linea con il Green Deal? Peggio, visto che nel 2022 le emissioni sono state ridotte del 33% rispetto ai livelli del 1990, quindi nei prossimi 16 anni dovremo ridurre le emissioni del 67%. Ieri davanti al Parlamento europeo la Presidente della Commissione ha usato il bastone e la carota con gli agricoltori che proseguono, nonostante le accuse di fascismo ed estremismo di destra,  anche in questi giorni e le loro civili e serie manifestazioni in tutta Europa.

La carota è stata per l’appunto il ritiro del Regolamento sull’Uso Sostenibile (SUR) che era stato presentato per la prima volta nel giugno 2022 con l’ambizioso obiettivo di dimezzare l’uso dei pesticidi entro il 2030. Il SUR si era rivelato controverso sin dal suo inizio ed è diventato oggetto di feroci pressioni da parte del settore agricolo. ​«La Commissione ha proposto il SUR, con il degno obiettivo di ridurre i rischi dei prodotti chimici fitosanitari», ha detto ieri la Von der Leyen, parlando davanti al Parlamento europeo a Strasburgo, «ma la proposta SUR è diventata un simbolo di polarizzazione. È stata respinta dal Parlamento europeo. Non ci sono più progressi nemmeno nel Consiglio. Ecco perché proporrò al Collegio di ritirare questa proposta».

La Von der Leyen se dimostra concretamente, con il ritiro del SUR, la volontà di ascoltare le ragioni delle proteste degli agricoltori, dall’altro, nel suo stesso intervento all’europarlamento ha dimostrato di volerli ulteriormente bastonare: ha ricordato infatti che il settore agricolo rappresenta oltre il 10% delle emissioni di gas serra dell’intera Unione europea e siccome è fortemente sovvenzionato dal bilancio comunitario, deve passare a un «modello di produzione più sostenibile…Solo se raggiungeremo insieme i nostri obiettivi climatici e ambientali, gli agricoltori potranno continuare a guadagnarsi da vivere», ha affermato il presidente della Commissione.

Tuttavia, a causa del calendario serrato imposto dalle imminenti elezioni del Parlamento europeo, ogni nuovo progetto legislativo e regolamentare che riguardi l’agricoltura e persino i nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni del carbonio, dovranno essere eventualmente decisi e proposti dalla nuova Commissione europea, tra la fine del 2024 e i primi mesi del 2025.

Certamente il ritiro del SUR chiude definitivamente ogni discussione sulla strategia della CommissioneFarm 2 Fork”, parte del Green Deal, presentata a fine maggio 2020. Era una strategia decennale che mirava trasformare il sistema alimentare europeo, guidandolo da Bruxelles, verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente nel quale si riducessero del 50% dell’uso di pesticidi chimici entro il 2030 e, tra l’altro, si trasformassero il 25% dei terreni agricoli in aree destinate all’agricoltura biologica entro il 2030. 

Anche altri atti legislativi legati all’agricoltura non sono stati realizzati dal team di Von der Leyen, come le nuove regole sul benessere degli animali d’allevamento e un’etichettatura nutrizionale degli alimenti a livello europeo, entrambi divisivi delle forze politiche del parlamento e che erano stati criticati dalle organizzazioni agricole europee.

Tuttavia, ad ulteriore dimostrazione della ambiguità ed anzi della impossibile capacità di questa Commissione di prendere le distanze dalla follia ideologia del Gren Deal di cui è stata succube e promotrice sin dal suo nascere 4 anni orsono, la proposta di riduzione delle emissioni di CO2 entro 2040 e la conferma di azzeramento entro il 2050, rappresenta l’ennesimo gesto di sfida agli agricoltori ed alla gran parte dei cittadini europei.

Anche contro questa iniziativa si è mobilitato un crescente movimento di agricoltori che protestano contro l’impatto sociale ed economico del Green Deal europeo. Se è vero che la a fine gennaio undici Stati hanno inviato a Bruxelles una lettera congiunta sollecitando la Commissione a fissare un «ambizioso obiettivo climatico dell’UE» per il 2040 (Francia, Germania e Spagna, Austria, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Olanda e Portogallo) è anche vero che tutti gli Stati all’unisono e compresi i firmatari chiedono ora una transizione giusta e giusta, che non dovrebbe lasciare indietro nessuno, soprattutto i cittadini più vulnerabili.

Il nuovo Commissario al Green Deal, il democristiano olandese Wopke Hoekstra, nominato dopo la fuga da Bruxelles di Frans Timmermans lo scorso inverno, ha avvertito l’UE che deve restare «su due gambe». Una gamba rappresenta le ambizioni climatiche, rafforzate con la proposta del taglio folle di emissioni al 2040, mentre l’altra deve «assicurarsi che le nostre imprese rimangano competitive e che ci sia una transizione giusta».

Belle parole a cui seguono macigni, tuttavia i contadini dalle scarpe grosse e cervelli fini non si accontenteranno delle piccole progressive vittorie, quella di ieri sui pesticidi e quella del 31 gennaio sulla deroga di un anno dall’obbligo di mantenere non coltivate aree di terreni, combatteranno sino alla fine la guerra contro la ideologia tirannica del Green Deal.