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CASO IRLANDA DEL NORD

L'Ue fa la sovranista sui vaccini e fallisce

La Commissione Ue, esasperata dalle riduzioni delle forniture dei vaccini ha deciso, a mo’ di rappresaglia, di ostacolare l’esportazione di quelli prodotti negli impianti in territorio Ue. E al confine fra Irlanda e Irlanda del Nord fa scoppiare la crisi diplomatica. L'Ue fa un passo indietro, ma la frittata è fatta. Chi è il sovranista, adesso?

Editoriali 31_01_2021
Manifesto irredentista al confine irlandese

La Commissione Ue, esasperata dalle riduzioni delle forniture dei vaccini, prima quelli di Pfizer e poi ancor di più quelli di AstraZeneca, ha deciso, a mo’ di rappresaglia, di ostacolare l’esportazione di quelli prodotti negli impianti in territorio Ue. Con l’eccezione dei Paesi in via di sviluppo, della Svizzera, della Norvegia, di Israele e dei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, le esportazioni di vaccini prodotti negli impianti europei verso tutti gli altri Stati del mondo dovranno attendere un’autorizzazione delle autorità Ue. Incluso il Regno Unito.

Problema: l’Irlanda del Nord fa parte del Regno Unito, ma la sua frontiera con la Repubblica di Irlanda (Stato membro dell’Ue) è aperta e priva di controlli, grazie al Protocollo sul confine irlandese firmato a latere del più ampio accordo sulla Brexit. Però, in questo caso, l’Ue, venerdì ha istituito unilateralmente (e senza neppure consultarsi con i governi direttamente interessati di Londra e Dublino) controlli al confine per impedire la libera esportazione di vaccini verso l’Irlanda del Nord. La Commissione ha insomma attivato l’articolo 16 dell’accordo con Londra, che dovrebbe essere riservato a gravi motivi o pericoli. Immediate le proteste del governo Johnson, a cui si sono unite, in un coro unanime, quelle di tutti e cinque i partiti nordirlandesi (dagli Unionisti ai Socialdemocratici, passando per il Sinn Fein) e del governo Martin della Repubblica di Irlanda. Boris Johnson ha incassato il supporto inatteso anche dei partiti dell’opposizione britannica, dunque i Laburisti e anche i più europeisti Liberaldemocratici, sconcertati per la decisione della Commissione. In meno di 24 ore, dopo una conversazione telefonica fra il premier britannico e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, l’Ue ha dovuto fare marcia indietro.

La mossa improvvisa (e fallimentare) ha suscitato scandalo anche fra i diplomatici che, per quattro anni, avevano negoziato il difficilissimo accordo irlandese, per non compromettere la pace del Venerdì Santo 1998, che aveva posto fine alla lunghissima guerra civile. Una frontiera “rigida”, con controlli doganali e posti di blocco, avrebbe contribuito a farla scoppiare di nuovo e già nel 2019 erano aumentati gli episodi di terrorismo. Una prima chiave di lettura di quanto è avvenuto è proprio questa: l’Ue ha sempre accusato Londra di voler restaurare una frontiera rigida fra le due parti dell’Irlanda. Anche nell’autunno e inverno del 2020, i negoziati per la Brexit rischiavano di saltare perché il governo britannico avrebbe voluto far passare una clausola sul libero commercio fra Gran Bretagna e Irlanda del Nord che avrebbe, di conseguenza, potuto portare alla chiusura del confine di terra, se il negoziato con Bruxelles fosse saltato. Ma, alla fine, è stata concretamente l’Ue la prima ad aver deciso di chiudere il confine, per di più per un bene di primissima necessità quale è il vaccino anti-Covid. L’Ue ha dunque dimostrato una grande “flessibilità” (eufemismo per: ipocrisia) nell’applicazione dei suoi principi.

La seconda chiave di lettura, più in generale, è nell’adozione di una politica assolutamente sovranista da parte dell’Ue. Con buona pace degli anti-sovranisti che vedono nell’Europa unita l’incarnazione del sogno globalista. Perché questo è successo: l’Ue ha deciso di imporre i controlli sulle esportazioni sul prodotto di aziende private che non hanno sede nell’Ue, ma che producono anche nel territorio dell’Unione, come risposta alla loro mancata consegna delle dosi previste nei tempi previsti. E per far fronte ad una carenza di dosi vaccinali che inizia a farsi sentire e suscita la protesta delle popolazioni europee. Il problema è stato risolto, appunto, in modo molto sciovinista, perché manca una seria autocritica sugli errori dell’Ue. Prima di tutto l’errore di aver centralizzato troppo l’acquisto e la distribuzione dei vaccini su scala continentale. Poi la lentezza con cui l’Ema, l’agenzia europea del farmaco, sta concedendo le sue autorizzazioni. Il vaccino AstraZeneca, già in uso nel Regno Unito, viene rinviato di settimana in settimana ed è probabilmente questo uno dei motivi principali per cui AstraZeneca, che ha contratti anche con nazioni molto popolose quali l’India e il Messico, ha deciso di decurtare la produzione destinata all’Ue. Infine, ma non da ultimo, il rischio che si è accollato la Commissione acquistando i vaccini solo da poche case farmaceutiche, senza diversificare troppo il rischio. Insomma, l’Ue sta perdendo la faccia e reagisce con politiche protezioniste muscolari. Che però le si ritorcono contro: un giorno dopo il fiasco in Irlanda, ieri è stata la volta dell’Oms che ha criticato la politica europea, accusando la Commissione di rallentare la diffusione del vaccino e dunque, potenzialmente, di allungare il corso dell’epidemia.

Una terza chiave di lettura, più preoccupante in prospettiva, è che ormai quella del vaccino è politica. Non solo mercato, dunque, ma politica, con tanto di prove di forza per mostrare la propria supremazia sui rivali. E' ormai difficile distinguere l'aspetto puramente medico. Il presidente francese Macron che, nel bel mezzo del braccio di ferro con Londra, dichiara che AstraZeneca è un vaccino inefficace (mentre gli esperti britannici affermano il contrario), parla per interesse politico o per specifiche conoscenze mediche? L'Ema tarda ad autorizzare AstraZeneca perché ci sono effettivamente molti aspetti da chiarire nel farmaco "made in Uk" o a causa della Brexit? Il punto è proprio che la politica sta rendendo la campagna vaccinale molto più incerta. Con buona pace del bene comune.