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Ora di dottrina / 184 – Il supplemento

L’orientamento delle chiese antiche

Le chiese dell’antichità erano costruite su un asse con orientamento est-ovest, di modo che l’abside, nella cui prossimità era posto l’altare, fosse ordinariamente collocata ad oriente, simbolo del Sole che sorge: Gesù Cristo.

Catechismo 16_11_2025
Basilica di San Vitale, Ravenna (licenza CC, da Wikimedia Commons)

La preghiera rivolta ad oriente, l’altare orientato, il sacerdote che sta al cospetto della Maestà divina posizionandosi di fronte all’altare e guardando ad est. Martin Wallraff, protestante, professore di Storia della Chiesa antica all’Università Ludwig-Maximilians di Monaco, nella sua monografia Christus verus sol. Sonnenverehrung und Christentum in der Spätantike (Cristo, Sole vero. Culto del Sole e Cristianesimo nella tarda antichità, 2001) ha potuto così riassumere l’importanza dell’orientamento della preghiera nei primi secoli del cristianesimo: «I cristiani pregano rivolti ad est. Questo principio era un dato scontato per tutta la Chiesa antica. Le testimonianze di ciò sono ampiamente disseminate nel tempo e nello spazio. Da nessuna parte si trova traccia di una cristianità senza questa tradizione o con la consuetudine di pregare in una direzione diversa». Questa caratteristica così evidente, che struttura la preghiera sia personale che collettiva, e così universalmente diffusa, non poteva non determinare il criterio di orientamento nella costruzione delle chiese, che questa postura dovevano favorire e quasi incarnare.

E infatti le chiese dell’antichità, qualunque fosse la loro forma, erano costruite su un asse con orientamento est-ovest, di modo che l’abside, nella cui prossimità era posto l’altare, fosse ordinariamente collocata ad oriente. Talvolta, l’abside poteva essere posta ad occidente, ma anche in questo caso il sacerdote celebrava comunque orientato ad est, volgendo quindi lo sguardo davanti a sé, verso la facciata della chiesa. Problemi di applicazione di questo orientamento fondamentale potevano presentarsi soprattutto quando le chiese venivano edificate nei contesti urbani ove le strade già presenti “forzavano” l’orientamento dell’edificio, oppure quando edifici profani venivano convertiti a luoghi di culto cristiani. In queste situazioni, è piuttosto ovvio e comprensibile che l’orientamento sull’asse est-ovest non fosse rigoroso. Si tratta però di eccezioni alla regola, dovute a cause contingenti e insuperabili.

Anche i battisteri seguivano l’asse est-ovest, con l’abside (quando presente) prevalentemente volta ad oriente. In questo caso, l’orientamento serviva non tanto per la preghiera, quanto per la confessione della fede. Il catecumeno, infatti, prima di ricevere il lavacro sacramentale, doveva confessare la propria fede rivolto a Cristo (est), lasciandosi alle spalle il mondo decadente (occidente) del peccato e del paganesimo.

Monsignor Stefan Heid (cf. Altar and Church. Principles of Liturgy from Early Christianity, 2023, pp. 255-353) presenta un’ampia carrellata di chiese presenti nelle diverse aree geografiche della cristianità antica, insistendo proprio sul loro orientamento. Allorché si pone attenzione al mondo bizantino, e più in generale a quello orientale, incluse dunque le chiese di Siria, di Palestina e della Transgiordania, le prove che la chiesa e la preghiera guardassero ad oriente sono schiaccianti. In generale, gli edifici erano strutturati in modo tale che i fedeli fossero già orientati ad est, mentre la cattedra del vescovo e i seggi dei presbiteri erano adiacenti all’abside, guardando perciò ad ovest. Questa collocazione ha tratto in inganno molti, lasciando pensare che la celebrazione avvenisse verso il popolo. Ma si tratta di un equivoco piuttosto grossolano.

In realtà la cattedra e i seggi erano orientati verso l’ambone o il bema, che di norma si trovava in prossimità del presbiterio, al centro; l’edificio era dunque così strutturato: progredendo da ovest (ingresso) verso est, troviamo la navata, l’ambone (che non era un semplice leggio ma una struttura dotata di gradini), il presbiterio con l’altare, l’abside con la cattedra episcopale e i seggi dei presbiteri. Dunque, vescovo e presbiteri, durante il canto delle pericopi tratte dalle Sacre Scritture, erano orientati verso l’ambone (e dunque guardavano anche verso la navata); ma nel momento in cui iniziava la parte sacrificale della Divina Liturgia, essi scendevano presso l’altare, collocandosi davanti ad esso, sul suo fronte occidentale, e guardano in direzione dell’abside, verso est. È interessante notare che è testimoniato l’uso che, in questo momento, il diacono esortava i fedeli ad alzarsi e guardare ad est. Da qui deriverebbe il dialogo introduttivo del Prefazio, nel quale si viene spronati ad alzare i cuori (e dunque ad assumere la postura eretta) e volgerli ad Dóminum, al Signore, che nel contesto liturgico significa senza ombra di dubbio verso oriente. L’esortazione ad alzarsi era rivolta a tutti, mentre quella a volgersi ad oriente riguardava principalmente quanti, durante il canto della Parola di Dio, sedevano lungo le mura perimetrali, guardando dunque verso l’interno della navata. A partire da quel momento, ogni fedele, insieme ai ministri sacri e al vescovo, doveva guardare verso Cristo, ossia verso oriente.

A conferma di ciò, numerose chiese mostrano uno spazio piuttosto ristretto tra l’altare e l’abside, mentre più ampio è quello tra l’altare e l’iconostasi; sono altresì da segnalare la presenza di una croce nella calotta absidale, ad indicare il punto di orientamento dello sguardo del celebrante, o la presenza di una lastra sul pavimento, lato ovest dell’altare, ad indicare il sito del celebrante mentre stava all’altare, o un tappeto musivo che doveva essere visto da ovest verso est. Nessuna indicazione archeologica depone invece per la celebrazione verso il popolo.

Più rare sono le conferme archeologiche nelle chiese d’occidente, per il fatto che rimangono poche testimonianze di altari risalenti ai primi secoli della vita della Chiesa. Laddove però queste testimonianze esistono, come nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Grado, o in quella di San Vitale a Ravenna, esse attestano l’abside collocata ad est e l’altare posto molto vicino alla parete absidale, segno che il celebrante era collocato sul versante opposto dell’altare, più spazioso, rivolto verso l’abside. Non meno significativo di un’attestazione archeologica è il commento di sant’Ambrogio al Salmo 118; egli paragona il cristiano ad un edificio sacro e afferma: «Se, dunque, tu possiedi dentro di te l’edificio di Dio e se le tue finestre stanno sempre aperte ad oriente, ecco che viene la Parola. Ecco che si ferma ritta ritta dietro quella parete […], ecco che guarda dentro, attraverso le tue finestre» (Commento al Salmo 118, Vau, 19). Ambrogio sta qui suggerendo un’interpretazione spirituale sul fondamento di un dato assodato e di comune esperienza: nella chiesa, le finestre sono aperte ad oriente, perché gli occhi del Sole che sorge, Cristo Signore, possano guardare attraverso di esse e incrociare gli occhi dei suoi fedeli, orientati verso di Lui.



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