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STORIA E MORALE

L'eutanasia è cattiva solo quando è nazista?

Hitler eliminava i malati di mente. Nessuno sente il peso che quel passato ha sul nostro presente?

Cultura 08_01_2011
parata nazista

 

L’équipe dello storico dell’Università di Innsbruck Oliver Seifert, che lavora in loco da circa cinque anni, ha appena annunciato il rinvenimento di corpi sepolti da un sessantennio nel cimitero, ora abbandonato, dell’ospedale psichiatrico di Hall, 9 chilometri a nordest della città austriaca, il più importante del Tirolo Settentrionale, fondato nel 1830. Si tratta di 220 salme. Molte di loro appartengono a persone le cui vite Adolf Hitler aveva giudicato «non degne di essere vissute» e che pertanto venivano regolarmente internate in strutture come il manicomio di Hall per essere soppresse. Dopo i primi lanci di stampa, Dino Messina ha offerto sul Corriere della Sera del 6 gennaio il quadro globale della vicenda.

La politica nazionalsocialista contro i disabili portò a quei «trattamenti autorizzati», scrive Messina, che furono l’«assassinio legalizzato» di oltre «70mila persone», eliminate «attraverso iniezioni di potenti veleni o docce di ossido di carbonio», uno sterminio fermato ufficialmente solo, nell’agosto del 1941, allorché intervennero «i vescovi cattolici e i pastori protestanti», ma continuato «in strutture più decentrate». Come appunto l’ospedale di Hall, dove i 220 corpi ora riscoperti appartenevano a degenti deceduti - lo documenta un libretto ritrovato da Seifert negli archivi dell’ospedale - fra il 1942 e il 1945, 30 solo nel mese di marzo dell’ultimo anno. Forse non tutti sono stati vittime dell’«eutanasia selvaggia», osserva Messina, voluta dal Terzo Reich, ma ad Hall «furono uccise almeno 360 persone nell’ambito del progetto di eutanasia ufficiale», senza dimenticare «il caso dei quattrocento malati “optanti” provenienti dall’ospedale di Pergine» (persone cioè che avevano scelto, in base all’accordo italo-germanico di allora, per la nazionalità tedesca). Costoro, ricorda oggi il dottor Lorenzo Toresini, allievo dello psichiatra Franco Basaglia e primario dei servizi mentali di Merano (lo riporta Messina), «una mattina furono messi su pullman con i vetri oscurati, accompagnati sino al Brennero da un gruppo di suore e poi scomparvero nel nulla». Forse alcuni di loro erano fra i 220 malati di mente eliminati ad Hall, luogo che il Reich «pensava di trasformare Hall in uno dei centri di sterminio».

Qualche giorno prima, il Corriere della Sera ha ricordato che, «secondo uno studio di storici dell’Università di Innsbruck sulla “Sterilizzazione forzata e l’eutanasia nazista in Tirolo, Sudtirolo e Vorarlberg”, circa 3.000 persone, fra le tre regioni, furono denunciate fino al 1945 per presunte “malattie ereditarie” fra le quali i nazisti includevano anche quelle mentali. Fra il 1940 e il 1945 oltre 700 adulti e bambini con handicap furono deportati. Nello stesso periodo almeno 400 persone furono sterilizzate con la forza. È possibile quindi che fra i resti scoperti vi siano anche quelli di sudtirolesi. Fino a pochi anni fa, infatti, in Alto Adige, in assenza di una clinica psichiatrica vera e propria, i malati venivano ricoverati o in una casa di cura di Pergine in Trentino, o proprio a Hall in Tirolo. Il periodo delle denunce va dal '38 al '45. Il personale sanitario era obbligato a denunciare i casi riscontrati. Se ne occupavano poi i Tribunali per le malattie ereditarie (uno era a Innsbruck) che potevano disporre il ricovero coatto. Il regime aveva previsto anche ad Hall un centro per eliminare queste persone e anche un programma di eutanasia con iniezioni letali. Nessuno dei due piani fu realizzato, ma gli storici sospettano da anni che durante il nazismo centinaia di persone siano state fatte morire di fame ad Hall. Tocca ora ai patologi accertare le cause della morte delle persone i cui resti sono stati scoperti ad Hall».

Vicende, queste, che nel loro macabro disegno generale non sono un mistero per alcuno, inquadrate nella cosiddetta Aktion T4, ovvero il programma eugenetico nazionalsocialista che soprattutto dal 1939 mirò alla soppressione o alla sterilizzazione di tutte le persone affette da malattie ereditarie, tare genetiche, morbi inguaribili o allo stadio terminale e malformazioni fisiche di ogni tipo. La sigla “T4” stava per “Tiergartenstraße 4”, cioè l'indirizzo del quartiere Tiergarten di Berlino dove sorgeva la sede dalla Gemeinnützige Stiftung für Heil und Anstaltspflege, l’ente pubblico per la salute e l’assistenza sociale del regime. Era qui che il Reich pianifica la purga di ogni elemento razzialmente indegno in base a un concetto di umanità costruito sopra una idea aberrante di perfezione fisica per giustificare la quale Hitler amava citare a modello l’antica Sparta.

Del resto, la prova generale era andata già in onda durante la Rivoluzione Francese, almeno attraverso i massacri eugenetici perpetrati fra il 2 e il 6 settembre 1792, documentati dallo storico Frédéric Bluche (Septembre 1792. Logiques d'un massacre, Laffont, Parigi 1986), e il genocidio delle popolazioni cattoliche dell’Ovest francese. Con la scusa di colpire presunti “partigiani del re”, nel settembre 1792 il potere giacobino fece eliminare anche numerosi cittadini considerati di “serie b” quali sacerdoti, clochard, prostitute, malati di mente e gente non “filosoficamente pura” (il 17 ottobre 1926 Papa Pio XI beatificò 191 delle vittime dei “massacri di settembre”, quasi tutti preti) e fra 1793 e 1794, al culmine del Terrore, in Vandea si cercò di sopprimere l’intera popolazione anche in base a considerazioni proprio di tipo eugenetico.

Ora, la scoperta dello storico Seifert riporta drammaticamente di attualità quel passato orrendo e aggiunge nuove prove documentali dei crimini commessi del nazismo. Scrive giustamente Messina che, al di là di ogni espressione roboante magari sparata solo a titolo sensazionalistico, il nocciolo autentico della questione è che il ritrovamento di Hall «potrà dare un contributo notevole alla storia dell’eutanasia durante il nazismo», affinché si possa «avviare finalmente un nuovo filone di studi su un capitolo poco conosciuto del nazismo, quello dell’ “eutanasia selvaggia”».

Sacrosanto. Il primo passo che spetterà quindi certamente agli storici sarà quello d’inquadrare il problema inserendolo coerentemente nel mosaico ideologico del nazismo, ma il secondo sarà evidenziare il legame strutturale che esiste fra visioni del mondo ideocratiche e diniego del diritto alla vita degli “anelli più deboli” della catena sociale. Fu così per il nazismo. È stato così per il giacobinismo (e forse proprio il non aver fatto per tempo luce su quei crimini settecenteschi ha permesso il ripetersene nel Novecento”) ed è stato così anche nell’Unione Sovietica degli ospedali-lager riservati a quei “malati di mente” che erano gli oppositori del regime.

Gli storici dovranno spiegare la voglia di dare la “buona morte” ai soggetti giudicati “indegni” di cui sono intrisi tutti i programmi politici liberticidi e concentrazionari, e quindi il legame costante che esiste fra “buona morte” e “genetica buona”.

Grazie al lavoro scrupoloso degli storici sarà allora possibile comprendere come mai oggi l’Occidente democratico, nato proprio in opposizione agli orrori della Seconda guerra mondiale, sorto dalle resistenze ai totalitarismi, solerte nel pronunciare quel “mai più” che a suo tempo ha giustamente comportato pure il processo pubblico dei gerarchi nazisti imputati di crimini contro l’umanità, diversi dei quali sono poi stati giustiziati, possa ritrovarsi, piuttosto disinvoltamente, a discutere di quegli stessi «trattamenti legalizzati» che sono stati l’onta dei totalitarismi per poi decidere a colpi di maggioranze e di voti parlamentari chi sia da consegnare a essi.

A nessuno piace, e assai giustamente, sentirsi dare del carnefice hitleriano. Ma perché nessuno sente allora il peso che quel passato ha sul nostro presente? Perché l’eutanasia è cattiva se è nazista, ma diventa una conquista di civiltà se è democratica?